Il diritto all’aborto, ottenuto nel 1978 con la legge 194, è un diritto che nel 2023 ha ancora bisogno di essere tutelato e ribadito. Infatti, l’11 marzo centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione per il diritto all’aborto davanti al Comune di Padova. Ma come mai, dopo la manifestazione dell’8 marzo si è avuta la necessità di riaffermare questo bisogno? Come da molti anni a questa parte, si è ripetuto lo stesso scenario che vede il Comitato NO 194, chiedere l’abrogazione della legge potendo esprimere il proprio pensiero violento, antiabortista, cattolico e fascista tramite un presidio davanti al Santo, accompagnato da manifesti in giro per la città che annunciavano la realizzazione di questo spiacevole incontro. Tutto questo per tentare di cancellare anni di lotte per la libertà di scelta.
La risposta a questo pensiero reazionario ha visto la volontà di una piazza che in realtà vuole essere transfemminista e autodeterminata. Infatti, sono stati molti gli interventi che rivendicavano il diritto di poter scegliere sui propri corpi, su quando diventare genitori e su quali principi poter costruire le proprie famiglie.
Si è anche ribadito il fatto che la legge 194 sia un compromesso in quanto ha all’interno un articolo che consente l’obiezione di coscienza. Difatti, al giorno d’oggi in Veneto è presente il 78% tra medic3, ginecolog3, infermier3 e personale sanitario che non vuole praticare l’aborto, per motivi molto spesso economici e di tornaconto personali. Inoltre, anche i servizi sanitari non sono abbastanza per la quantità di persone presenti in tutta la provincia di Padova.
Si è ribadito di come si senta il bisogno di una scuola transfemminista, che non miri ad ostacolare la carriera Alias e che introduca un’educazione sessuale e affettiva priva di tabù, che insegni cosa sia il consenso, come prevenire le malattie sessualmente trasmissibili, ma che comunque non stigmatizzi chi le ha contratte e che vada oltre l’insegnamento della sessualità eteronormata e binaria.
Non è rimasta fuori dagli interventi l’università di Padova: si è ricordata l’incoerenza di una delle più grandi aziende del Veneto nel professarsi contro la guerra, ma poi essere una finanziatrice di Leonardo (grande colosso nella vendita di armi in Italia); di come voglia essere più sostenibile, sostenendo però i tornaconti economici dell’Eni; e infine, di quanto si manifesti inclusiva, non insegnando una medicina transfemminista, ma restando sempre su un binario etero cis normato. Ed è anche per questo che il collettivo Spina ha ricordato l’iniziativa sul questionario sulle molestie in università, per documentare le situazioni di discriminazioni che si possono creare in un luogo che non è esente da dinamiche patriarcali e di potere.
Il corteo si è poi diretto verso la prefettura, dove ci sono altri interventi che hanno ricordato la strage di Cutro, e di come sia incoerente professarsi pro-vita quando si parla di grumi di cellule non ancora nate, ma si rimane fermi e immobili davanti alla morte in mare di 72 persone.
Dunque, la piazza ha continuato a ribadire che c’è bisogno di “molto più della legge 194” e di come si debba garantire un aborto libero, sicuro e gratuito per tutt3. «Non abbiamo bisogno di obiettori di coscienza all’interno dei consultori, delle farmacie e degli ospedali che mettano le mani nelle nostre mutande decidendo per noi quale sia la scelta giusta da effettuare con il nostro utero, e di giudicare il nostro ideale di famiglia che può discostarsi benissimo da quella tradizionale che da sempre cercano di inculcarci». C’è bisogno di un’educazione sessuale transfemminista nelle scuole, di anticoncezionali gratuiti e accessibili a tutt3, di un’educazione alla maternità e alla genitorialità come libera scelta che vadano aldilà dei ruoli di genere imposti dalla società. Si ha necessità di facilitare l’accesso all’aborto farmacologico e di una formazione per il personale medico per poter contrastare la violenza ostetrica e ginecologica.
Il comitato No 194 rimane e rimarrà una realtà marginale, ma è importante continuare a scendere in piazza per ricordare che la 194 non ci basta più, che vogliamo molto più e che i nostri diritti e i nostri uteri non si toccano.