Caro professor Draghi,

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Lettera aperta a Mario Draghi

di Marco Bersani

Buongiorno Professore,

devo confessarle che leggo sempre con molta attenzione ogni suo intervento, sia perché, a differenza di altri esponenti dell’élite che strabordano sui media, lei è generalmente più pudico, sia perché ho imparato che ogni volta che lei prende parola non è mai per caso, bensì per suggerire uno scenario. Per dirla tutta e meglio, diciamo che ogni volta che lei interviene, non so perché, ma mi viene da guardarmi le spalle.

Ed è successo anche questa volta, dopo il suo autorevole intervento sul “Financial Times”, in cui ha espresso alcuni concetti fondamentali, che provo qui a sintetizzare: a) siamo in guerra; b) come in ogni guerra servono misure straordinarie; c) queste misure devono essere a carico dello Stato, che deve spendere, moltissimo e subito, non solo per sostenere il reddito delle famiglie, ma per evitare il crollo della capacità produttiva del Paese; e) per fare questo, lo Stato non si deve assolutamente preoccupare dell’innalzamento del debito pubblico e deve mobilitare il sistema bancario e finanziario, facendosi garante dei finanziamenti da questo erogati a tutti a tasso zero e senza condizioni.

Sono sicuro che tra i burocrati di Bruxelles più d’uno sia cascato dalla sedia, sentendo queste parole. “Ma come? Uno dei massimi sostenitori della trappola del debito con la quale abbiamo per decenni ingabbiato i popoli facendogli digerire tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, sgretolamento dei diritti sociali e del lavoro, improvvisamente sostiene che gli Stati possono e devono spendere, subito e senza vincoli?”. O forse hanno capito il trucco.
Sono altrettanto sicuro del plauso che le verrà immediatamente tributato dalle forze politiche di tutti gli schieramenti, sia per ordinario servilismo verso i potenti, sia per poter prendere parola “al rimorchio”, essendo rimasti attoniti di fronte alla emergenza sanitaria e sociale che ha travolto le persone che avrebbero dovuto proteggere. E questi non hanno sicuramente capito niente.

Vorrei allora dalla modestia della mia scrivania di casa, dove sono confinato come quasi un miliardo di altre persone sul pianeta, provare a interloquire con lei.

Partiamo dall’assunto iniziale, che immediatamente non mi trova d’accordo.
Non siamo in guerra e il nemico è tutt’altro che invisibile. Su questo, Bertolt Brecht scrisse questi versi memorabili: “Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico.”
Parliamoci chiaro: perché di fronte a un serissimo problema sanitario e sociale, diventato tragedia per l’incapacità di gestirlo come tale, tutti, lei compreso, avete iniziato a militarizzare il linguaggio? State forse cercando di dirci che sarà la guerra – ora sanitaria, domani economica – lo scenario in cui pensate di rinchiuderci sine die? O state cercando di cementare un’unità nazionale, dentro la quale sarete ancora voi a comandare?

Servono misure straordinarie e gli Stati devono spendere? Noi che abbiamo sempre combattuto la trappola del patto di stabilità, del fiscal compact, dei vincoli di bilancio -le vere cause della trasformazione di un serio problema sanitario in una tragedia di massa- non possiamo che essere d’accordo.
Ma perché non dire allora che vanno abolite e che va stracciato il Trattato di Maastricht che le ha prodotte? State forse cercando di dirci che oggi si può spendere perché il mondo delle imprese è in affanno, per poi domani richiudere la gabbia e riproporci altri decenni di austerità?

Sembra proprio di sì, stando alle sue parole. Perché, se è vero che gli Stati devono spendere senza guardare all’aumento del debito pubblico – e siamo d’accordo – quali provvedimenti prevede lo scenario da lei proposto perché, nel secondo tempo di questa drammatica partita, gli Stati e le popolazioni non siano di nuovo messi con le spalle al muro?
Perché non dice l’unica cosa che andrebbe detta, ovvero che la Banca Centrale Europea dev’essere immediatamente trasformata in banca centrale che garantisca illimitatamente il debito pubblico degli stati e ne compri, attraverso le banche nazionali, tutti i titoli da questi emessi?

Crollerebbe l’impianto liberista?
Mi creda prof. Draghi, quell’impianto è miseramente crollato nel grido di rabbia di migliaia di medici e infermieri, che chiamate eroi solo perché sapete di aver mandato all’inferno; è crollato dentro gli scioperi operai in lotta per la loro vita e contro l’altrui profitto; è crollato nella colpevolizzazione dei cittadini, costruita ad arte per non farli riflettere sullo scempio che avete fatto in venti anni di austerità.

Serve la responsabilità e la collaborazione di tutt*? Siamo d’accordo, ma a un patto: che anche le decisioni vengano prese con la partecipazione di tutt* e, soprattutto, con un passo indietro da parte di tutti quelli che in questi anni ci hanno chiesto di competere fino allo sfinimento per poi non garantire protezione ad alcuno.

Perché, professore, il futuro è troppo importante per lasciarlo agli indici di Borsa.

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