di Marco Schiaffino, Attac Milano
L’intervento di Mario Draghi sul Financial Times, in cui ha affrontato il tema della crisi economica provocata dalla pandemia Covid-19, è stato accolto in Italia con una salva di acclamazioni. Non deve stupirci. L’opinione pubblica italiana, infatti, soffre da sempre di una fascinazione per le figure “autorevoli”. Trovarne una in questo momento, è un balsamo per chi assiste attonito al disastro che si sta consumando.
Anche a rischio di prendere qualche abbaglio.
In questo caso, però, l’abbaglio è enorme. Le parole di Draghi, che molti hanno letto come una svolta in direzione anti-austerity, nascondono in realtà dalla volontà di bloccare sul nascere qualsiasi tentativo di mettere in discussione proprio la logica dell’austerity.
A spiegarlo perfettamente è proprio un passaggio dell’intervento di Mario Draghi: “Il giusto ruolo dello stato sta nel mettere in campo il suo bilancio per proteggere i cittadini e l’economia contro scossoni di cui il settore privato non ha alcuna colpa, e che non è in grado di assorbire”.
Ecco, se Mario Draghi sostiene che “il settore privato non ha alcuna colpa”, gli uomini e le donne che stanno attraversando questa catastrofe dovrebbero invece ricordarsi che il settore privato (o meglio, quel “mercato” che ci hanno imposto come unico orizzonte nella progettualità della nostra società) di colpe ne ha. Eccome.
È il mercato, infatti, che ha da sempre sostenuto l’austerity, con il semplice obiettivo di togliere strumenti al pubblico e lasciare spazio all’iniziativa privata. Con il malcelato proposito di consentire di fare profitto mettendo a valore quelli che una volta chiamavamo “diritti”.
È il mercato che ha portato avanti una battaglia senza esclusioni di colpi per smantellare il sistema sanitario nazionale e favorire, ad esempio, la creazione del tanto celebrato “modello lombardo”, quello cioè che è crollato miseramente davanti a un’epidemia prevedibile e prevista.
È il mercato che ha foraggiato amministratori mediocri, corrotti e incapaci. Politici che hanno svenduto servizi pubblici e sistemi di tutela che oggi non possono più proteggerci da una “semplice” malattia.
È stato sempre il mercato a trasformare il mondo del lavoro in Italia, imponendo la precarietà a lavoratori a termine, partite IVA, Co.Co.Co. Quella precarietà che oggi lascia milioni di uomini e donne senza un minimo sostegno economico nel momento in cui il giocattolo del mercato globale si è inceppato di fronte al virus.
È in nome del mercato che milioni di lavoratori e lavoratrici impiegati in servizi non essenziali sono obbligati ad andare sul posto di lavoro, senza protezione, a rischiare la vita.
Ed è stato ancora quel mercato a creare le condizioni per cui, nel mondo, ci sono oggi miliardi di persone che non possono accedere alle cure che gli servono perché non hanno un reddito sufficiente a pagarle.
Il “giusto ruolo dello Stato” dopo questa tragedia, caro Mario Draghi, dovrà essere solo e solamente quello di ricostruire dalle fondamenta la nostra società. E chi si ostina a pensare che in quel “dopo” accetteremo ancora di sacrificare le nostre vite in nome del mercato, si sbaglia di grosso.