Le mobilitazioni dell’8 marzo per la giornata internazionale della donna, seguite dalla giornata di sciopero delle donne in molti paesi (Cile, Argentina, Spagna, Messico, ecc…) sono state tra le ultime grandi mobilitazioni di massa “offline” prima che il mondo venisse inequivocabilmente travolto dalla pandemia Covid-19. In quest’occasione, la pioniera della teoria femminista della riproduzione Leopoldina Fortunati ha scritto per la rubrica teorica “Il pensiero alla radice” le sue riflessioni sulla politica della riproduzione oggi. Fortunati ha cominciato la sua militanza nel contesto delle lotte operaie degli anni ’60 e ’70 nel Nord Est ed è poi diventata un’importante attivista della Campagna internazionale per il salario al lavoro domestico. In seguito, ha pubblicato il classico testo teorico L’arcano della riproduzione: Casalinghe, prostitute, operai e capitale (1981) e – con Silvia Federici – Il Grande Calibano: Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale (1984).
Nel corso degli ultimi decenni, le donne e i giovani hanno innovato profondamente la politica: dal modo di pensare al discorso, dagli stati d’animo della militanza agli atteggiamenti verso l’organizzazione, dalle aspettative ai comportamenti legati alla politica. In particolare, alla fine degli anni ’70, le donne sono passate dal concentrarsi su tutto ciò che non funzionava nella loro situazione e nelle loro condizioni di vita, sentendosi vittime, al riconoscere le loro responsabilità nei confronti di ciò che accadeva loro e nel prendere coscienza dell’enorme potere che avevano tra le mani. Ciò è avvenuto per merito delle donne delle giovani generazioni. Se si continua solo a concentrarci su quanto è cattivo il capitalismo e a dare la colpa di tutto al capitale, non si riesce a capire né le nostre potenzialità né quanto capitale sia stato interiorizzato da tutte e tutti noi. Le donne si sono rese conto che bisognava passare da un atteggiamento depotenziante, reattivo e negativo, tipico di qualsiasi militante politico dei partiti e movimenti tradizionali e che produce tristezza e scoraggiamento, a uno potenziante, proattivo e positivo.
È interesse anche degli uomini affiancare e sostenere le donne nelle loro mobilitazioni. Guardiamo assieme alla situazione attuale della sfera riproduttiva. L’ondata femminista degli anni ‘60 e ‘70 ha aiutato le donne della mia generazione e le seguenti a ottenere un maggiore potere nella famiglia e nella società, il che ha significato più diritti civili non solo per le donne ma anche per gli uomini, un più forte senso di cittadinanza, più capacità di muoversi nello spazio anche da sole, soprattutto nei vecchi paesi industrializzati. È importante, tuttavia, che tutti, donne e uomini, si rendano conto che, se non si scioglie il nodo della sfera della riproduzione e della condizione delle donne, in termini di riconoscimento del valore che qui si produce sul piano economico, normativo e culturale, tale sfera continuerà a funzionare come una spina sul fianco di tutti i lavoratori, in un gioco perverso al ribasso.
Fino agli anni ’80, la forza trainante delle iniziative politiche, organizzative e tecnologiche nella società era la sfera della produzione di merci, intesa non solo come beni ma anche sempre più come servizi. Da qui, processi e comportamenti passavano poi nella sfera della riproduzione sociale, che aveva il compito di funzionare e produrre in modo dipendente e di supporto. Il meccanismo era quello del gocciolamento di iniziative, pratiche e beni, che passavano dalla produzione alla sfera della riproduzione. Questo meccanismo è stato completamente ribaltato, almeno nei paesi altamente industrializzati, poiché ora la sfera della riproduzione è diventata il modello che viene esportato nell’intero sistema. Le caratteristiche fondamentali del lavoro domestico e di cura, come la gratuità, la precarietà, la cattiva regolamentazione e l’assenza di negoziazione collettiva da parte di sindacati e partiti, sono state esportate anche nella sfera della produzione, dove sono diventate meno anormali rispetto al passato. Qui quelle che erano considerate come forme secondarie o periferiche di regolazione dei rapporti sociali, tollerate fino ad allora solo nella sfera della riproduzione, sono entrate in competizione con forme più sindacalizzate di contratto sociale. Sono state le giovani generazioni a pagare il prezzo più alto in termini di lavoro precario o lavoro nero, di espatrio più o meno forzato, di mancanza di autonomia economica dai genitori, dell’impossibilità, in queste condizioni, di vivere con il/la proprio/a compagno/a, di fare eventualmente dei figli, di guardare al futuro con ottimismo.
Tuttavia, non solo la debolezza è stata esportata dalla riproduzione alla produzione, ma anche i processi di negoziazione del potere che si sono sviluppati all’interno delle famiglie tra uomini e donne e tra le varie generazioni. Ad esempio, le prese di posizione da parte dei/delle bambini/e e ragazzi/e contro l’autoritarismo dei genitori che si sono sviluppate all’interno delle famiglie hanno inevitabilmente rimodellato il modo in cui nei luoghi di lavoro le nuove generazioni di lavoratori, tecnici o impiegati hanno preteso di essere trattati. Tanto più il comportamento autoritario dei genitori si è ridimensionato in famiglia, quanto più i nuovi lavoratori hanno cercato di essere trattati sul posto di lavoro in modo diverso. Oggi molto spesso i responsabili, per chiedere a un lavoratore o a una lavoratrice di eseguire un’attività, devono usare frasi come: “Potrebbe, per favore, fare questo?”.
La riproduzione personale e sociale ha completamente cambiato la sua identità: dall’essere considerata dalle organizzazioni politiche tradizionali come un luogo di arretratezza politica, è diventata il cuore pulsante a livello sociale e politico dell’intero sistema capitalista. La riproduzione personale e sociale emerge come un immenso laboratorio di sperimentazioni sociali e politiche, pericoli, sogni, iniziative e visioni. La sfera riproduttiva è il luogo in cui i movimenti politici e sociali più rilevanti come le rivolte arabe, il movimento degli Indignados in Spagna o Occupy Wall Street negli Stati Uniti e le azioni collettive più importanti, come le iniziative di Urban Knitting, il movimento Se non ora quando, il movimento MeToo, il recente sciopero delle donne in Svizzera, i movimenti dei ragazzi e dei giovani per la difesa della natura, della terra e del clima, si sono sviluppati negli ultimi decenni. La riproduzione sociale e individuale è ora la sfera in cui il futuro è tessuto, discusso, elaborato a lungo termine e in modo reale, sostenibile. Nei vecchi paesi industrializzati, donne, uomini, bambini, giovani, adulti e anziani stanno sperimentando molte forme diverse del genere, al fine di affrontare i propri percorsi di autonomia e autodeterminazione. La vecchia divisione del lavoro di genere e le conseguenti differenze tra uomini e donne, basate sulla corrispondenza tra donne e tratti prevalenti femminili, così come tra uomini e tratti prevalenti maschili, sono state investite da molti cambiamenti sociali e politici.
Vorrei concentrarmi su quello che chiamo “Movimento del Concreto” per spiegare le potenzialità di quel laboratorio di sperimentazioni che oggi è la sfera della riproduzione. Il Movimento del Concreto ha un’ampia composizione sociale ed è costituito da tutte/i coloro che vogliono costruire un nuovo mondo, immediatamente, senza aspettare la caduta del sistema capitalista o senza concentrarsi solo sul modo di distruggerlo. Questo grande movimento aspira a introdurre la giocosità e ad esercitare una contro-produzione, un contro-consumo e una contro-riproduzione, proprio da ora, non dopo. Il suo programma politico è quello di liberare se stessi e gli altri, a partire dalla liberazione del lavoro dalla sua vendita obbligatoria nel mercato del lavoro e dalla sua disciplina, controllo e sfruttamento globali da parte del regime capitalista. Il primo, cruciale luogo dell’affrancamento dal processo capitalistico è cambiato: ora sono la casa e la terra, abitate da donne e uomini, giovani, bambini, anziani, malati e disabili, tutti considerati soggetti politici.
Il Movimento del Concreto ha inglobato emozioni, passioni e affetti nel suo sviluppo e nella sua cultura politica. È dalla figura politicamente “residua” del/la dilettante, del/la volontario/a e del/la casalinga/o che gli attivisti e le attiviste del Movimento del Concreto hanno recuperato il ruolo delle emozioni, l’espressione di sé e la creatività nel loro lavoro e in ciò che producono. Non a caso, i bricoleurs erano chiamati in passato “dilettanti”, per indicare come queste persone fossero e siano mosse da una passione, e quindi piacere e giocosità erano e sono le dimensioni motivanti del loro lavoro. Il luogo in cui i dilettanti lavoravano tradizionalmente era la casa o il garage, trasformato in un piccolo laboratorio personale. Un’altra figura sociale mossa dall’emozione è quella del volontario e della volontaria. In questo caso, il motore è la compassione e la volontà di offrire aiuto agli altri, ma chi fa il volontario prova piacere nel prendersi cura di chi sta male o ha bisogno di essere aiutato. Naturalmente, le figure del dilettante e del volontario hanno una stretta relazione con la figura della moglie-madre-casalinga, il cui lavoro è stato costruito come un lavoro d’amore e affetto. Il lavoro domestico è sempre stato motivato da sentimenti ed emozioni e ha sempre rappresentato la gestione emotiva e psicologica degli affetti, il prendersi cura, il proteggere, il nutrire e offrire conforto e sostegno a tutti i membri della famiglia. L’alienazione in questo tipo di lavoro è stata provocata dalla mercificazione delle emozioni e degli affetti, dalla mancanza di riconoscimento del suo valore e, di conseguenza, dalla mancanza del rispetto sociale che lo ha sempre riguardato.
Nella prospettiva politica del Movimento del Concreto, liberare il lavoro dal giogo del capitale richiede e implica anche liberarlo dall’alienazione intesa come non-emozione e disincarnazione, entrambe disumanizzanti. Un po’ alla volta donne, giovani, volontari/e e dilettanti stanno dimostrando che è possibile produrre da soli, in collaborazione e in solidarietà con gli altri, senza alienazione e auto-sfruttamento. Quindi, le/gli attiviste/i del Movimento del Concreto sono molto lontani dall’essere solo pensatori-creatori o solo concreti. Un punto molto importante è che ora questi attivisti e attiviste hanno la possibilità di attirare non solo la scienza del concreto, ma anche la scienza dell’astratto (cioè il contributo di ingegneri/e e scienziati/e dell’informazione), unendo insieme questi due diversi approcci e facendoli operare e supportarsi a vicenda. Donne e uomini si stanno preparando a sapere che cosa fare e come farlo, quando il sistema capitalistico crollerà sotto il peso delle delle sue contraddizioni strutturali e della maturità politica delle moltitudini.