La salute pubblica, tra comunità reale e comunità immaginata

La coscienza della solidarietà umana si fa sentire – e quantunque la vita della società sia organizzata in modo da soffocare questi sentimenti con mille artifici, il senso della solidarietà prende spesso il sopravvento[1].

La comunità reale

Le vite umane sono piene di combinazioni, di necessità e di scelte.

Dell’epidemia da COVID-19, i mass media hanno presentato una narrazione di un virus silenzioso che si muove nelle generalità dei bollettini, sfiorando l’anonimato, ma talmente letale che attorno ad esso si può celebrare la fede comunitaria in una nazione, sia nella sua veste immaginata sia nella sua veste reale[2].

Per il principio di complessità sufficiente ‘se si vuole conseguire la stabilità, la complessità del sistema di controllo deve essere almeno pari alla complessità del sistema che deve essere controllato’.

Nel corso di questo disastro epidemiologico abbiamo assistito gruppi sociali in lotta con la vita; a disperazioni più isolate di prima; alla negazione delle forme di tutela del diritto alla salute a discapito di reclusi ed esclusi; a sfruttamenti ed assembramenti  forzati; a cure che  frammentatesi nel corso del tempo sono adesso diventate selettive; ad eventi di diritti negati in continue ghettizzazioni. È venuta a galla la presente diseguaglianza, un confine immaginato che è stato oltrepassato solo dalla solidarietà, attraverso la proliferazione dell’aiuto volontario e del mutuo soccorso.

Da nord a sud dell’Italia si sono attivati meccanismi di autodifesa a livello territoriale, che sono stati in grado di diffondersi in una rete capillare di interventi. Spacci alimentari e spese solidali; raccolte  fondi; atti individuali di generosità, soccorsi e vicinanza alle persone con maggiori difficoltà; comunità diverse in interazione per la stessa finalità, assembramenti telematici, appelli comunitari che si sono mossi per quel ‘sentimento costante nelle azioni umane e nel regno animale[3]’ che è la solidarietà. 

Queste forme di organizzazione sociali complesse e molteplici, sono state ancora più profonde ed attive del regime rappresentativo dimostrando un’armonia prima del potere politico e salvaguardando il  principio sociale anteriore al surplus politico[4].

Si è vista ‘una società che progredisce lentamente sotto gli impulsi che riceve dalle iniziative individuali e non attraverso il pensiero o la volontà dei legislatori[5]’.

In piena emergenza sanitaria e sociale, si è rafforzato un senso del comune prodotto da una pratica che si è generata nel reciproco interagire, pratica comune che è andata realmente incontro alle necessità basiche dei cittadini, promuovendo il bene pubblico in un’atmosfera di giustizia sociale.

Le comunità sono esistite ed esistono in modo contrapposto alla nazione, attraverso il contatto reciproco e solidale.

Il bisogno di reciproco aiuto di mutuo appoggio che aveva trovato un ultimo asilo nello stretto cerchio della famiglia, o tra i vicini dei quartiere poveri della grande città, nei villaggi, o nelle associazioni segrete d’operai, s’ afferma di nuovo nella nostra società  moderna , e rivendica il suo diritto di essere come è sempre stato, il fattore principale del progresso[6].

La comunità immaginata

Una emergenza che, invece, nelle sue soluzioni, si è trasformata in un metodo, in misure quantitative e in scala. Uno stile caratteristico, una silhouette, un modo univoco che ha formata una sola immagine, quella che considera il popolo in una astratta quantificazione e serializzazione delle persone[7], perché la concezione fondamentale dei gruppi sociali rimane centripeta e gerarchica piuttosto che orientata orizzontalmente.

Da nord a sud d’Italia si sono seguite ordinanze nazionali e regionali per il contenimento del contagio del Covid 19, pensate in termini di profondo, orizzontale cameratismo, percorrendo la definizione di comunità immaginata. Gli interventi sono stati modulari e sono stati trapiantati ad una grande varietà di terreni sociali, in un territorio italiano profondamente segnato dalle diversità, diventate  esplosive in molte realtà.

A partire dei senzatetto, le cui ‘case’, in mancanza di volontari o in assenza dei dispositivi di sicurezza, hanno chiuso in molte città. Altri dormitori, invece, non avendo gli spazi adeguati per rispettare le misure di sicurezza, hanno chiuso con il medesimo effetto.

‘Le autorità ci stanno addosso perché non si può stare in strada ma noi essendo senza casa, non sappiamo dove andare[8]’. E durante questa pandemia, numerose sono state le notizie di accanimento degli agenti contro i senzatetto, che, sono stati costretti a nascondersi in luoghi potenzialmente più pericolosi. Blitz si sono susseguiti nei parchi per deportare chi non avesse una casa e molti di loro sono stati denunciati come inottemperanti alle disposizioni del decreto che gli vietava di stare fuori casa, come è successo a Milano, a Modena, a Verona, a Siena. 

‘Quattro militari con mitra spianato fermano un senzatetto che se ne va in giro con un cartone di pizza, le intimano di rientrare a casa. Lei s’incazza e urla che la casa non ce l’ha . Questi insistono che non può passeggiare e che deve tornare da dove è venuta […] Un militare, per tutta risposta, con una manata le butta a terra il cartone con la pizza. Lei continua a urlare e se ne va[9]’. 

A vario titolo, le ordinanze emanate dai presidenti di Regione hanno provveduto, alla chiusura delle strutture di assistenza sociale e sanitaria, per anziani e disabili (Regione Toscana ordinanza 12, fino al 3 aprile); per soggetti psichiatrici (centri diurni) su tutto il territorio regionale[10]: interventi pensati come  mappe, che hanno astratto la realtà, condannando molti a rimanere in un campo di battaglia irraggiungibile.

‘Lo sto vivendo con mio figlio ed è devastante. Devastante per lui , per me. La casa non è neppure una prigione , ma un campo di battaglia e siamo allo stremo delle forze. Distrutta la quotidianità, ferma la riabilitazione, ferme le terapie, interrotta l’assistenza di base. L’assistenza alla persona e l’assistenza educativa. Abbandonati a noi stessi. La clausura forzata unita alla mancanza di supporto sfociano in una frustrazione incontenibile che diventa pericolosa per chi non è in grado di gestirla o esprimerla. È devastante’. 

Nessuna prevenzione per le donne in fuga dalla violenza domestica, per le quali la casa è diventata una condanna.  In ottemperanza alle disposizioni del DCPM dell’11 marzo per molti centri anti-violenza è stato impossibile  rispettare i protocolli di sicurezza impartiti dal Governo e perciò hanno chiuso o hanno aperto solo per emergenza , costringendo le donne alla ‘convivenza forzata’, quantunque nel 2019 ogni tre giorni è stata uccisa una donna. ‘In una settimana tre donne hanno chiesto rifugio ma per disposizioni governative non si possono più accettare ricoveri[11]’.      

Tuttavia, in questa pandemia, degli eroi ci sono stati.  E sono medici ed infermieri in prima linea, che hanno raccontato solo la novella del contagio, senza mai parlare delle loro personali condizioni lavorative[12]. Come tutti gli eroi, anche loro, si muovono su questo panorama fisso, infetto, creando una cerimonia di massa che di questo corpo indifferenziato in trincea dimentica la vita e i romanzi personali, come in una finzione[13].  

‘Ci chiamano eroi, angeli, amano tanto parlare di trincea.  fanno applausi dai balconi. Ma dateci gli strumenti, piuttosto, per salvare la pelle a tutti. Perché cosi più che degli angeli, ci sentiamo dei coglioni[14]

Virus di sempre

La salute viene definita come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente assenza di malattia o infermità e il godimento del più alto livello possibile di salute è uno dei fondamentali diritti di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, credenza politica, condizione economica e sociale[15]. Tuttavia, la forte rinascita delle politiche neoliberali, ha dato un nuovo impulso all’idea di individui come monadi assemblate piuttosto che interrelate, a cui è affidata sempre maggiore  responsabilità individuale. 

Nell’area delle infezioni, considerando che ciascuna persona può essere infetta e può essere veicolo di infezione, la tensione tra le finalità comunitarie della salute pubblica e l’autonomia individuale mostra peculiarità importanti. Come potenziali fonti di contagio gli individui devono proteggere se stessi e sono chiamati a non infettare gli altri per non facilitare lo spread della pandemia. Gli individui sono chiamati a cooperare e seguire un ordine disciplinato.

Per Peterson e Lupton 2000, ‘una nuova salute pubblica si sviluppò attraverso la vocazione neoliberale di spostare il coinvolgimento della salute pubblica dallo Stato ai membri singoli che ne fanno pare[16]’. Questa strategia è anche adottata nel fattore di rischio allorché un individuo a rischio è chiamato a prendersi cura di stesso e di essere responsabile per la salute pubblica. D’altronde, anche la medicazione, la pre-clinica, i comportamenti e gli stili di vita, le diagnosi diventano processi e cure per cui ogni individui è responsabile di sé, concludendo con la clinicizzazione della vita, con la medicalizzazione della salute pubblica ed incrementando la vulnerabilità dei cittadini senza risorse,

Petersen and Lupton [2000] arrivavano alla conclusione che “mentre le autorità e le agenzie  della  nuova salute pubblica continuano ad adottare apertamente strategie coercitive come la quarantena, l’isolamento e cure mediche forzate quando loro sembrano richieste e soprattutto giustificate […] allo stesso modo, se non di più, fanno affidamento sull’uso di strategie che posizionano i cittadini come agenti del proprio libero arbitrio e nel proprio interesse a proteggere la propria salute[17]’.

Il trend generale è di ridurre la responsabilità dello Stato nei fatti della salute pubblica di fronte ad una minaccia, tanto più grande quanto più è percepita, per cui si è disposti a rinunciare alla propria libertà per rafforzare il proprio senso di sicurezza e di incolumità.  Le violazioni alle disposizioni mettono in pericolo, perciò, la salute pubblica e costituiscono un reato, promuovendo un market centrato sulla libera scelta anziché sulle iniziative di salute pubblica.

I cittadini sono chiamati a proteggersi per obbedienza al senso del dovere e ad obbedire alle autorità attraverso sanzioni e punizioni.

’Esso prescrive a ciascuno il suo posto, a ciascuno il suo corpo, a ciascuno la sua malattia e la sua morte […] non la festa collettiva ma le divisioni rigoroso; non le leggi trasgredite , ma la penetrazione fin dentro ai più sottili dettagli dell’esistenza, del regolamento […] la peste come forma, insieme reale e immaginaria, del disordine ha come correlativo medico e politico la disciplina. Dietro i dispositivi disciplinari si legge l’ossessione dei contagi, della peste, delle rivolte, dei crimini, del vagabondaggio, delle diserzioni, delle persone che appaiono e scompaiono, vivono e muoiono nel disordine[18]’.

Strette sugli spostamenti, controlli della Polizia ‘a tappeto’, controlli sui bus, blitz delle forze dell’ordine, controlli anticrimine, controlli con i droni, che aumentano quanto più le persone sono in strada, certificazioni multe, ammende,  richieste di poteri su esercito e forze dell’ordine[19], episodi di abuso di potere[20] si inseriscono in un meccanismo politico di ‘separazioni multiple, distribuzioni individualizzanti, una organizzazione in profondità di sorveglianze e controlli, una intensificazione ed una ramificazione del potere[21]’ finalizzata al controllo molto più che alla salute pubblica della società, criminalizzando i casi limiti e clinicizzando, indistinatamente, come pazzo chi non si attiene alla regola.  In questa dicotomia, la responsabilità di combattere le infezioni moderna è divisa tra loro e gli effetti della disciplina individuale: ‘la grande reclusione da una parte, il buon addestramento dall’altra[22]’.

Per via legislativa si sta proponendo un correttivo al decreto legge varato dal Governo il 17 marzo che punta a ‘blindare’ le strutture sanitarie, pubbliche e private, rendendolo immuni dalla responsabilità penale, civile, amministrativa ed erariale per tutta la durata dello stato di emergenza (dal 31 gennaio al prossimo 31 luglio)[23].

Sin dal 1946, il diritto alla salute è stato interpretato come un diritto umano fondamentale sia in ambito internazionale sia in ambito nazionale[24]. Tale diritto, rientrando nella realizzazione e nell’adempimento di altri diritti umani come il diritto alla vita e il diritto alla non – discriminazione universale, deve essere corrisposto al di fuori delle condizioni socio economiche di un individuo. Come è risaputo, il pericolo costante di cui soffrono i diritti, è quello di essere manipolato da forze politiche ed ideologie, attraverso preferenze e valori che vorrebbero ispirare i criteri del diritto alla salute pubblica e della bioetica, manipolando un senso di equità sociale[25].

Le pandemie possono essere socialmente e profondamente divisive, e le risposte politiche a queste richieste possono avere impatti pubblici malefici e benevoli.

Come sottolinea Markovà è fondamentale chiedersi a cosa pensino le persone quando si riferiscono alla società o alla comunità. In un’epoca di relazioni multiculturali, pensare in termini di comunità ristretta implica una restrizione del cambiamento sociale ai privilegi esclusivi di alcuni su altri, mentre un cambiamento sociale che promuova il rispetto di tutte le parti sociali può essere il solo inclusivo[26].


[3] A. Kropotkin, Il Mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione.

[10] Le prime ordinanze in questa direzione sono state del Presidente della Regione Puglia e l’ordinanza numero 16 del Presidente della Regione Campania.

[12] In Sardegna, nella nota del 13 marzo, l’Assessore alla Sanità Nieddu ricorda agli operatori sanitari tutti che la comunicazione verso la popolazione è in capo alla sola Regione.  

[16] Cfr. A. Peterson e D. Lupton, The new Public Health. Health and Self in the Age of Risk, 2000: A “new public health” was born, with a neoliberal vocation to shift public health involvement “from the state to members of the public themselves.”

[17] Cfr. A. Peterson e D. Lupton, The new Public Health. Health and Self in the Age of Risk, 2000: ‘ [W]hile new public health authorities and agencies continue to adopt overtly coercive strategies such as quarantine, isolation and enforced medical treatment when they seem required and most justified […] they are equally, if not more, reliant upon the use of strategies that position citizens as acting of their own free will and in their own interests to protect their own health.”

[19] In data 03.04.2020, il governatore della Sicilia Musumeci, invocando l’art.31 dello Statuto speciale, punta ad ottenere una norma di attuazione per esercitare il potere di avvalersi della Polizia di Stato e dell’esercito nell’isola.

[20] In data, 29.03.2020, un automobilista viene pestato da cinque uomini delle Forze dell’Ordine dopo che non si è fermato al posto di blocco e avendo cercato di reagire.  

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