di Mauro Giampaoli, Attac Genova
Il quadro svedese non è riferito ad un’opera pittorica scandinava né tanto meno all’entusiasmante attrezzo ginnico che adornava le pareti di ogni palestra e veniva utilizzato nell’educazione fisica per lo sviluppo muscolare e delle abilità motorie.
Ai tempi del coronavirus, si vuole fare riferimento al quadro sanitario svedese che è in controtendenza rispetto alle misure sanitarie adottate dall’Italia e dalla quasi totalità dei Paesi europei e del mondo.
Come è noto la Svezia ha impiegato misure più soft per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, contrapponendo al confinamento forzato un approccio di controllo del virus e la strategia della mitigazione, richiamando la popolazione alla responsabilità.
Va detto che la Svezia ha un’altra densità di popolazione ed appartiene alla cultura nordica, è una nazione che da due secoli non ha conosciuto guerre e non ha l’abitudine di sentirsi in ‘trincea’ o in continua emergenza.
Vale dunque la pena valutarla rispetto agli altri Paesi scandinavi, che hanno comunque adottato il lockdown e dove l’emergenza coronavirus, relativamente al resto d’Europa, ha fatto registrare almeno apparentemente una situazione meno grave.
Stando ai numeri della Johns Hopkins University, nei diversi parametri presi in esame, ovvero la diffusione dei contagi, i ricoveri ospedalieri e il tasso di mortalità, emerge un sostanziale allineamento delle casistiche, nonostante che la Svezia, pur riconoscendo la gravità della pandemia, abbia seguito una linea diversa.
Fra tutte, la misura che più dà il senso della singolarità svedese è la scelta di mantenere le scuole aperte fino all’età dell’obbligo. E non per ragioni di opportunità o di sottovalutazione, ma perché hanno avuto la consapevolezza di considerare gli effetti negativi psico-fisici che possono derivare dall’isolamento di bambini e adolescenti.
In un articolo pubblicato su Lancet, i medici del Children’s Medical Center di Shangai hanno messo in evidenza che oltre a garantire il percorso scolastico ci sono altri aspetti che non vanno trascurati, quali la mancanza di relazioni sociali, la paura, la frustrazione, la noia, lo stress, quattro volte superiore all’adulto, che ledono la salute dei ragazzi.
Non a caso gli altri Paesi nordici, ma anche Francia e Germania, seppure con opinioni anche contraddittorie, si stanno apprestando a riaprire gradualmente le scuole.
In Italia, dove si prospetta una riapertura delle scuole a settembre, quale provvedimento è stato preso per affrontare queste esigenze?
L’emergenza sanitaria, economica ed anche ambientale che stiamo attraversando ha messo a nudo la necessità che si potrà superare questa fase solo uscendo dall’attuale paradigma che mette il mercato prima delle persone, l’estrazione delle risorse prima della tutela ambientale, la privatizzazione dei beni comuni prima dei diritti fondamentali e le politiche debitorie e di austerità prima delle politiche sociali.
Come sostiene ATTAC Italia, l’unico intervento economico efficace e possibile, che possa non far precipitare la vita delle persone in un abisso e non esponga ulteriormente l’economia italiana alla trappola del debito, come con gli strumenti del MES ed Eurobond, è un intervento della BCE con un finanziamento diretto, come peraltro caldeggiato da 101 esimi economisti e che sta attuando la Banca Centrale di Svezia (fuori dall’area euro).
Per la società che vogliamo, in contrapposizione alle politiche di privatizzazione socio-sanitarie che hanno depauperato il nostro sistema di welfare e ci fanno annaspare in questa emergenza epidemiologica, occorre ripensare ad un’economia pubblica di cura della persona, dei giovani, degli anziani, degli oppressi, dei più deboli ma anche dell’ambiente, del territorio, delle aree urbane.
Occorre pensare alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi, alla riconversione ecologica della produzione agricola e industriale, al sostegno dei processi di riconversione energetica degli impianti e della mobilità sostenibile con il finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti, purché torni ad essere un Ente di diritto pubblico.
Se siamo a un bivio come crediamo, per prendere una strada nuova dobbiamo volerlo, perché nulla è scontato e solo il domani ci dirà se sarà quella giusta, come sta facendo la Svezia, ma varrà la pena comunque che venga percorsa.