La sua è una storia come oggi iniziano ad essercene parecchie. Perché sta crescendo una sensibilità nuova, una prospettiva differente, una consapevolezza che sempre più porta a considerare la scelta della campagna, dell’autoproduzione e dello stretto contatto con la natura come un valore aggiunto che può cambiare la vita in meglio.
Fabio Strinati è nato in un piccolo paese della provincia di Macerata, nelle Marche, ai piedi dell’Appennino umbro-marchigiano, «in un luogo magico, circondato da alberi, boschi, dove ogni stagione, possiede ancora la propria identità» spiega. È poeta, pianista, compositore, ma soprattutto nutre un’anima contadina.
«Avvolto dall’aria di campagna, ammaliato da colline verdeggianti ed estasiato dai profili delle montagne, ho semplicemente ascoltato la mia anima; il contatto con la natura è sempre stato vivido, forte, fervido, molto presente in me. E lo è tuttora!». Ha quindi scelto di non inseguire la carriera nei luoghi “dell’artificio”, privilegiando la vita in campagna, in mezzo alla natura e ai campi.
«Coltivare la terra, significa “amare la terra”. Sentirne gli odori, dialogarci; nella terra, risiedono le storie del passato. Gli insegnamenti dei nostri avi. La mia scelta, è semplicemente frutto dell’origine» spiega.
Fabio, lei si dedica anche a preservare, recuperare e custodire la biodiversità agricola. Cosa coltiva in particolare?
«Mi dedico alla produzione del vino: un vitigno variegato, costituito da viti giovani e da viti meno giovani. Alcune sono davvero vetuste e hanno un aspetto davvero ammaliante e coinvolgente. Ma anche la produzione dell’olio. Inoltre, il mio bisnonno è stato un vero e proprio artista della terra ed è grazie a lui se posso oggi preservare alcune varietà di mele che ormai stanno cadendo nell’obblio del dimenticatoio. Lo stesso vale per i nespoli, per i sorbi e gli azzeruoli. Sono attratto dalla frutta e dalle stagioni, utilizzo una tecnica di potatura non invasiva, una tecnica che amo definire della “nonviolenza”, dove ogni ramo viene trattato con cura, senza impartire ferite o traumi irrimediabili. In sostanza, apporto cure minime ma dal mio punto di vista essenziali. A questo alterno l’agricoltura naturale o del non fare, tecnica agricola nata negli anni Quaranta grazie alle idee di Masanobu Fukuoka, botanico, agronomo e filosofo giapponese. In questo modo, permetto che ogni cosa vada secondo natura il più possibile. Non vendo la mia produzione, ma ragiono in termini di baratto: se ho tantissime noci, condivido le mie noci con chi ne ha di meno, e così via».
Qual è la filosofia di vita che ha motivato le sue scelte e quale l’approccio con la natura e la terra?
«Sono sempre stato poco attratto dal cemento; mi rende inquieto, mi soffoca l’anima e lo spirito, oltre ad appesantire i miei polmoni in maniera pazzesca. Anche perché, se ci pensiamo a fondo, l’uomo non è nato per essere rinchiuso in quattro mura di cemento e, come qualsiasi altro animale, preferisce essere libero piuttosto che segregato in una gabbia. Il contatto con la natura è per me di vitale importanza. Al riguardo, mi viene in mente un pensiero di Theodore Roszak, che dice: “Quando si chiede alle persone fortemente stressate di immaginare una scena rilassante, nessuna di queste immagina un’autostrada o un centro commerciale. Piuttosto, emergono sempre immagini del deserto, delle foreste, dei paesaggi marini, e dei cieli stellati”. Ecco, questa dimensione, mi appartiene sotto ogni punto di vista; il saper ascoltare, il saper sintonizzarsi con la natura circostante, il saper captare le giuste frequenze attraverso un processo meditativo: la quiete, la serenità, il saper guardare, osservare con cura ogni dettaglio».
Abita da solo, con la sua famiglia, in una comunità?
«Abito con mia madre, ma l’idea della comune mi ha sempre affascinato tantissimo: ho sempre creduto nel collettivismo, nell’interazione sociale e molto poco nell’individualismo. L’olismo, l’organicismo, sono basi filosofiche per me molto importanti. Sono sempre stato attratto anche dalla dimensione dell’ecovillaggio: un tipo di comunità basata esplicitamente sulla sostenibilità ambientale; l’autosufficienza alimentare basata sulla permacultura, oppure, altre forme di agricoltura biologica».
Fabio continua a coltivare, nel vero senso della parola, terra, sogni e desideri, agendo concretamente ogni giorno per costruirsi presente e futuro.
Ed è ciò che possiamo fare tutti.
Anche grazie all’esperienza di chi lo ha già fatto con successo.
Per questo partecipare al corso “Cambiare vita e lavoro. Istruzioni per l’uso” può rivelarsi una grande opportunità, per apprendere e raccogliere suggerimenti e dritte preziose da due persone che hanno intrapreso personalmente la via del cambiamento. Paolo Ermani, presidente dell’associazione Paea, e Alessandro Ronca, direttore scientifico del Parco ell’Energia Rinnovabile.
La prossima edizione del corso sarà il 13 e 14 giugno, si terrà in Umbria, presso la sede del PeR.