Alessandro Fanetti
Comedonchisciotte.org
“Il mondo non è altro che un mercato”.
B. Carayon
La caduta del Muro di Berlino ha rivoluzionato il mondo contemporaneo in maniera dirompente e con una rapidità eccezionali. Da un bipolarismo consolidato e caratterizzato da due modelli di sviluppo in competizione tra di loro, siamo passati repentinamente ad un mondo unipolare, dominato da un ordine liberale, incentrato sul “Dio mercato” e le grandi multinazionali. Qualunque cosa è in vendita e ogni ostacolo alla libera circolazione delle merci e dei capitali deve essere rimosso. In quest’ottica, anche gli Stati Nazione hanno dovuto ripensare completamente il loro operato in molti campi, pena il rischio concreto di scomparsa come entità sovrane e/o la loro subordinazione alle grandi imprese transnazionali. Il tema principale con il quale si sono dovuti confrontare è stato sicuramente quello della “globalizzazione economica”. Infatti, da una fase ben delineata di alleanze e cooperazioni consolidate, siamo passati ad un’altra, post 1989, dove la competizione riguarda tutto e tutti (pubblico-pubblico, privato-privato, pubblico-privato). Per dirla con le parole di Eric Denécé (uno dei massimi esperti mondiali di Intelligence economica), questo è un periodo dove vige la “coopetizione” anche fra alleati (cooperazione e competizione allo stesso tempo).
Alcuni esempi chiarificatori delle affermazioni fatte sopra:
- La crisi greca del 2009 ha mostrato come la tanto millantata “solidarietà europea” non era altro che la possibilità di banchettare sui resti di un Paese. La culla della civiltà occidentale è stata svenduta per ripianare i debiti pregressi, senza nessuna preoccupazione per le sorti della popolazione.
- Sempre in Unione Europea, il dumping fiscale olandese e il surplus commerciale tedesco mostrano come la cooperazione internazionale sia subordinata agli interessi particolari, spesso di cortissimo respiro.
- La crisi dovuta al Covid-19 mostra come non esista una reale e concreta solidarietà fra Stati: ognuno pensa a se stesso e questo non permette di trovare accordi in grado di risollevare le economie più deboli. Il goffo e penoso tentativo dell’Amministrazione USA di accaparrarsi il primo vaccino anti Covid-19 senza condivisione con gli altri Stati (in accordo con il gruppo farmaceutico francese Sanofi), ne è un esempio lampante. Oppure, la decisione di Washington di bloccarne l’invio verso gli ospedali canadesi di mascherine ad essi dedicate ha portato il premier dell’Ontario, Doug Ford, a dichiarare:“È come lasciare che un membro della famiglia muoia di fame. […] Quando si scoprono le carte, vedi chi sono i tuoi amici e penso che negli ultimi due giorni sia chiaro a tutti chi siano i nostri amici e chi no”1.
- Gli accordi internazionali di libero scambio come il TTIP (sempre in discussione) e il NAFTA, solo per fare due esempi, mostrano chiaramente come il profitto sia al centro di tutto e gli interessi particolari (soprattutto delle grandi imprese) vengano prima del benessere della popolazione, in particolar modo della parte più debole di essa.
In questo “far west globale” è dunque fondamentale che uno Stato sappia mettere a fuoco la situazione nella quale opera, dotandosi di tutti gli strumenti necessari al fine di proteggere la sua popolazione ed essere perfettamente in grado di destreggiarsi dinnanzi alle sfide odierne.
Come ben sottolineato anni fa dal giornalista statunitense Arthur Buchwald:“Che sia il migliore o il peggiore dei tempi, è il solo tempo che abbiamo”.
La difesa della sovranità e dell’indipendenza devono essere al primo posto, imprescindibili in un mondo caratterizzato da un attacco totale ai diritti dei popoli e alla tutela ambientale, questi ultimi perpetrati principalmente attraverso entità sovranazionali ed “extranazionali” completamente asservite alla logica del profitto e al grande capitale “transnazionale e apolide”.
Basandoci dunque sulle parole di un grande stratega come Sun Tzu, presenti nell’Arte della Guerra, (“Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”) e operando in un mondo dominato dal fattore economico e dove tutti sono potenziali nemici, uno degli strumenti fondamentali per affrontare adeguatamente la situazione non può che essere l’ “Intelligence economica”.
Essa è definibile come “la disciplina che, studiando il ciclo dell’informazione necessario alle imprese e agli Stati per effettuare scelte corrette di sviluppo, si prefigge di affinare le abilità cognitive e decisionali applicate alle complessità del contesto competitivo globale”1. Più nello specifico, essa è la raccolta e la trasformazione d’informazioni inerenti il settore economico, così da riuscire ad effettuare delle scelte operative con scopi attivi e passivi. L’Intelligence economica racchiude tutte quelle attività volte ad ottenere informazioni (dalla sorveglianza della concorrenza alla protezione delle informazioni strategiche e alla capitalizzazione delle conoscenze) con lo scopo d’influenzare, delineare e controllare l’ambiente economico globale.
Essa viene utilizzata da entità private e pubbliche. Per quanto riguarda le prime, mi riferisco soprattutto alle grandi imprese che operano in varie parti del mondo e hanno una cospicua disponibilità economica. Mantenere un ramo aziendale dedicato a questo tema è molto costoso e ha bisogno di professionalità di alto livello, pena la totale inutilità della sua esistenza. Un utilizzo oculato e adeguato dell’Intelligence economica, però, garantisce alle imprese dei “vantaggi competitivi” fondamentali sui loro concorrenti, soprattutto nell’acquisizione degli appalti internazionali (spesso del valore di miliardi di Euro). Per quanto riguarda le entità pubbliche, invece, l’Intelligence economica viene utilizzata primariamente da alcuni Stati (quelli economicamente più forti), i quali hanno compreso come essa sia fondamentale per competere adeguatamente in un mondo globalizzato ed ipercompetitivo come quello odierno.
Le Nazioni più all’avanguardia sono gli Stati Uniti d’America, la Cina, il Giappone, la Francia, la Russia e la Germania.
Entrando più nello specifico, è necessario sottolineare come esistano due modelli principali: quello “anglosassone” e quello “euro-asiatico”. Come ben chiarito in un rapporto francese (già nel 1994): “Una rete informativa mondiale in tempo reale di una società multinazionale indipendente, per quanto efficiente sia in termini di tecnologia che di risorse umane, non potrà mai eguagliare in termini di redditività una maglia di reti di conglomerati di imprese, amministrazioni ed enti territoriali che difendono sul lungo periodo la stessa causa economica nazionale. Negli Stati Uniti, la redditività dell’Intelligence economica si calcola sul breve periodo di un’impresa. Nei capitalismi nazionali europei o asiatici, la politica dei costi dell’Intelligence economica è calcolata sul lungo periodo. Ne risulta un differenziale di competitività che per il momento gioca a sfavore del modello americano. Da cui il seguente paradosso: gli Stati Uniti dispongono del più grande mercato mondiale di professionisti dell’informazione concorrenziale, ma tale mercato frutta più alle imprese che all’economia nazionale americana”3.
Ognuna con le sue strategie e i suoi obiettivi strategici, comunque, le Nazioni sopraelencate condividono però almeno una cosa fondamentale e imprescindibile: la perfetta consapevolezza che senza un’Intelligence economica all’altezza della situazione sarebbero destinate a soccombere nell’arena globale.
In base alle cose scritte sopra, dunque, è possibile affermare che un perfetto funzionamento di questo tipo di Intelligence lo abbiamo quando gli enti privati e quelli pubblici collaborano al fine della crescita del benessere collettivo. Prendendo per vera questa considerazione (come effettivamente lo è), tutto è più chiaro e lineare, con un’indicazione precisa della via da intraprendere anche ai Paesi finora meno adeguatisi alle necessità odierne.
Molto faticosamente, anche il nostro Paese sta cercando di recuperare le “posizioni perdute”: la riforma del 2007 della “Struttura del Sistema Informativo” è stata il passo più importante per riportare Roma “al passo con i tempi”.
In particolar modo, in questa legge si è posta un’attenzione specifica al tema economico, concentrandosi sui seguenti punti chiave:
- DIS, AISE e AISI titolari della protezione degli interessi economici, industriali e scientifici del nostro Paese (grazie ad una struttura piramidale che vede al suo apice il Presidente del Consiglio).
- Si promuove l’apertura dei Servizi alle realtà esterne, dunque anche al mondo dell’imprenditoria.
Ancora oggi, comunque, la strada è lunga e le cose da fare sono ancora molte:
- Manca “cultura” d’Intelligence economica. Essa è ancora poco considerata e fatica ad essere trattata a livello di “grande pubblico”.
- In Francia esiste la “Scuola di Guerra Economica” che è uno dei fiori all’occhiello dei nostri cugini d’oltralpe; da noi una scuola di questa importanza ancora fatica ad emergere.
- Gli esperti italiani di questo tema non hanno la stessa considerazione che in altri Paesi del mondo. Le loro conoscenze andrebbero maggiormente “messe a frutto”, soprattutto attraverso investimenti statali.
- Manca una struttura d’Intelligence ben definita per una collaborazione forte e continuativa fra le imprese e lo Stato: il nostro tessuto produttivo è incentrato sulle Piccole e Medie Imprese (PMI) ed esse devono essere utilizzate in questo campo da un lato e difese dagli “attacchi esterni” dall’altro (ad esempio incentivando le loro “unioni” in consorzi).
- Servono degli investimenti mirati e milionari sui Big Data, sull’intelligenza artificiale, sul mondo IoT e, in generale, su tutte quelle tecnologie sempre più importanti nel presente e nel futuro.
In conclusione, dunque, è possibile affermare come il mondo nel quale viviamo, ricco di interconnessioni da un lato e da un’ipercompetizione “senza esclusione di colpi” dall’altro, ci impone un adeguamento delle dinamiche di organizzazione e di pensiero sviluppate finora. I cambiamenti sono repentini e chi non riesce ad adeguarsi al mondo che cambia viene spazzato via. Una classe politica all’altezza della situazione, insieme a degli apparati informativi adeguati e ad un tessuto economico reattivo, sono gli ingredienti fondamentali per la sopravvivenza in questa “giungla” che prende il nome di “mondo globalizzato”.
L’Intelligence economica è uno degli strumenti necessari e fondamentali per garantire benessere e prosperità in un sistema interconnesso e ipercompetitivo come quello odierno: la sua mancanza o una sua non perfetta funzionalità comportano il rischio di soccombere dinnanzi ad attori più preparati e meglio organizzati di noi.
1. Carlo Jean, Paolo Savona, Intelligence economica –Il ciclo dell’informazione nell’era globale, Rubbettino, Catanzaro, 2011.
2. Intelligence Economique et Strategie des Intreprises, La Documentation Francaise, Commissariat General du Plan, Parigi, 1994.
3. Politics on the rocks, Weekly Focus USA 2020, 15/05/2020.