Sabato 30 maggio, con piazze convocate in diverse città italiane, parte l’agitazione permanente della cultura e dello spettacolo, momento di convergenza conflittuale di un percorso, quello dei lavoratori e delle lavoratrici di questo macro-settore, che durante la fase di lockdown ha saputo organizzarsi a livello nazionale e territoriale. In Veneto, dopo varie iniziative cittadine, ci sarà una prima manifestazione regionale a Venezia, con appuntamento alle 14,30 al piazzale della stazione Santa Lucia. Di seguito l’appello.
Finalmente è arrivata la fase 2, quella del ritorno controllato alla normalità. Peccato che per noi la fase 2 è poco più che uno stato dell’anima.
Siamo le lavoratrici e i lavoratori della Cultura, dello Spettacolo e dei Beni Culturali. Siamo, oggi, quasi 1,5 milioni di persone, oltre il 6% del “lavoro vivo” in questo Paese.
Siamo professionist* delle arti performative, del cinema, della musica, siamo attori e attrici, ballerin*, cantanti, presentatori e presentatrici, regist*, segretar* di produzione, sceneggiatrici e sceneggiatori, musicist*, backliners, tecnici della luce e del suono, distributori, autrici e autori, operator, montatori e montatrici, consulenti, custodi, (scusate la lista ma siamo davvero tanti) facchin*, amministrativ*, direttori e direttrici, rigger, addett* stampa, costumist*, macchinist*, truccatori e truccatrici, scenograf*, artist*, curatrici e curatori, ricercatrici e ricercatori indipendenti, pedagogist* e mediatrici culturali, restauratrici e restauratori, registrar, dipendenti museali, guide turistiche, assistenti di galleria, assistenti di studio, grafic*, illustratrici e illustratori, fotograf*, fumettist*, animatori e animatrici siamo aspiranti professionist* e siamo soggetti in formazione. E molte altre e molti altri ancora.
In Veneto esistono tantissimi artisti e maestranze della Cultura e dello Spettacolo dimenticate, lasciate sole e in attesa di una vera ripartenza, ancora lontana a vedersi. Lavoratori e lavoratrici di un settore troppo spesso considerato meno rilevante in termini economici. Il nostro settore, come molti altri, oggi come ieri soffre, perché privo di qualunque forma di tutela che sappia preservare e remunerare dignitosamente le nostre competenze. Non esistono ammortizzatori sociali, non esistono forme contrattuali adeguate, non esistono tetti orari giornalieri, non esiste la possibilità di diventare madri senza dover rischiare di essere licenziate, non viene nemmeno contemplata la possibilità di ammalarsi o infortunarsi.
Anche in questa fase “emergenziale” siamo stati sostanzialmente dimenticati e i tanti equivoci ed errori attorno alla cassa integrazione in deroga, alle indennità e ai contributi versati senza aver diritto alle prestazioni a sostegno del reddito sono qui a dimostrarlo. Anche questa volta si è persa l’occasione di dare uno statuto e tutele adeguate e strutturali ad un settore che è per sua stessa natura dominato dall’intermittenza.
Noi diciamo delle cose semplici e scontate: in un Paese democratico non dovrebbero esserci lavoro nero, sfruttamento e mancanze di tutele. Ebbene, noi siamo ancora costretti a lottare per ottenerle!
Vogliamo essere ascoltate e possibilmente messe in grado di lavorare e di tornare a farvi ascoltare concerti, vedere spettacoli teatrali, partecipare ad eventi culturali. Tuttavia in attesa di un vero superamento dell’emergenza sanitaria, quando potremo tornare ad abbracciarci ed emozionarci serenamente durante il concerto della nostra band preferita, abbiamo bisogno un una continuità di reddito che non ci obblighi a cambiare lavoro.
Abbiamo chiesto formalmente ed ora pretendiamo degli incontri con il Governo, la Regione e l’INPS per affrontare tutte le contraddizioni e i problemi che si sono accumulati nella cosiddetta “normalità” e che adesso rischiano di esplodere. In questi mesi abbiamo prodotto decine di documenti, raccontato storie individuali, proposto misure adeguate al nostro settore, ma non siamo mai stati ascoltati.
Chiediamo a tutte le figure che operano nella cultura e nello spettacolo, ma anche a tutti i cittadini che fruiscono del nostro lavoro di darci un sostegno concreto e scendere in piazza con noi.
Non vogliamo e non possiamo vivere in un mondo senza cultura e spettacolo, ma allo stesso tempo non possiamo permettere che migliaia di persone siano costrette a cambiare lavoro – perché le indennità previste dal decreto cura sono già finite – o tornino in un contesto in cui lo sfruttamento rischia di essere ancora maggiore.
L’ultimo DPCM sulle misure anti-contagio regolamenta tecnicamente l’impossibilità per quest’estate di produrre eventi culturali e rimarca ancora una volta che la cultura si può dare solamente dove essa crea grandi profitti. Le ultime disposizioni non lasciano spazio alle migliaia di persone che animano con piccoli e medi eventi i nostri territori perchè i costi per produrre a norma di legge diventerebbero insostenibili. Un DPCM di classe che facilita la ripresa del settore solamente per i grandi organizzatori di eventi che sulla cultura e lo spettacolo, lo sappiamo bene, con la loro forza di mercato, riescono a scaricare il costo del lavoro negli anelli più deboli della catena di produzione degli eventi, creando le condizioni per l’ipersfruttamento, il lavoro nero e il risparmio sulle norme di sicurezza.
Per farvi tornare a vivere i concerti, gli spettacoli teatrali, abbiamo bisogno, come tutti e tutte di una garanzia di continuità di reddito che ci permetta di sopravvivere in un momento di difficoltà come questo.
Per farvi tornare a sognare in un teatro, al cinema, alla biennale o in uno stadio abbiamo bisogno di tutele.
Ci vediamo in Stazione Santa Lucia alle ore 14:30 sabato 30 maggio, dove chiederemo a gran voce di esser ascoltate/i. In questa giornata, dove in decine di altre città italiane faranno la stessa cosa, vi chiediamo di non mancare, perchè in questo paese nessuno deve rimanere indietro e senza diritti!