Sex and the Magic: la Grande Bestia colpisce ancora (II) (Victoriana 28/5)

di Franco Pezzini

Accadde a Lisbona

Rimase in bilico per qualche istante a fissare la voragine silenziosa, la balconata che oscillava sotto il suo peso, affascinata dalla visione del proprio corpo che franava nel vuoto insieme ai pioli di legno, in una danza leggera e scomposta in cui i riferimenti si perdono e senti soltanto il vento e il buio e la notte e ti senti libre…

Libre…

La balconata cedette. Pezzi di ringhiera precipitarono nel baratro, risucchiati dal vortice di scogli e di spuma.

Susanna si buttò indietro, urlando, poi sentì il fango e la sabbia sotto il suo corpo, e la terra che le entrava negli occhi e glieli faceva bruciare.

Doveva andarsene, scappare. Strisciò per qualche metro, in mezzo ai cespugli di erica, finché non fu di nuovo sul sentiero, fuori pericolo.

Fu in quel momento che la vide. Anzi, ci finì praticamente addosso, dolorante e infreddolita.

Era una grossa pietra con incise alcune parole in portoghese

NÃO POSSO VIVER SEM TI.

A OUTRA “BOCA DO INFIERNO” (SIC)

APANHAR-ME-Á NÃO SERÁ TÃO QUENTE COMO A TUA.

HISOS. TU LIYU.

Non conosceva il portoghese, ma i termini erano simili a quelli spagnoli. Tradusse mentalmente: “Non posso vivere senza di te. Mi avrà l’altra ‘Boca do Inferno’ che non potrà essere ardente come la tua. Hisos. Tu LiYu.”. Firmato Aleister Crowley.

Ciò accade, in un romanzo molto bello uscito nel 2011, Tutto quel nero di Cristiana Astori, all’(anti)eroina Susanna, in un certo punto sulla costa di Estoril presso Lisbona: una strada maledetta, su cui il 18 agosto 1970 si schiantava in auto la figura-chiave, la bellissima attrice Soledad Miranda. In auto su quella strada Soledad era già apparsa in un film leggendario che Susanna sta cercando: un filmato considerato frutto di mito cinefilo finché non emergerà sul serio (la letteratura gioca questi scherzi) grazie alla ricerca alla base di Tutto quel nero. Ma la storia incrocia a un certo punto, visionariamente, un’altra vicenda consumatasi a poca distanza dal luogo dell’impatto fatale, sulla stessa costa e praticamente sulla stessa strada, un punto impressionante della scogliera noto come Boca do Inferno: una cavità tra rocce scoscese dove il mare è sempre impetuoso e i corpi gettati scomparirebbero. È questo infatti il luogo del suicidio – o meglio del finto suicidio – di Aleister Crowley, ricordato dalla lapide che anche Susanna occhieggia.

Una beffa, certo, orchestrata dalla Bestia grazie al complice di eccezione Fernando Pessoa, e che però mixa vertiginosamente magia e sesso, sberleffo e letteratura, nel tessuto di una storia bellissima. Tale da ispirare almeno quattro romanzi (Alessandro Dell’Aira, O Mocho e o Mago, 1993, in Italia Il gufo e il mago. Pessoa e Crowley vis-à-vis, 2020; David Soares, A Conspiração dos Antepassados, 2007; Montserrat Rico Góngora, Pasajeros de la niebla, 2009; Francisco Salgueiro, O Anjo Que Queria Pecar, 2012); ma a darne oggi conto è una ricostruzione straordinaria a cura di Marco Pasi – probabilmente il massimo esperto scientifico della Bestia in Italia – nel volume intestato appunto a Fernando Pessoa e Aleister Crowley, La Bocca dell’Inferno, per i tipi di Federico Tozzi (Saluzzo, 2018). Cioè la prima raccolta organizzata, glossata e commentata in modo superbo dei documenti relativi alla vicenda, e che ci costringe a tornare indietro di parecchio tempo, rispetto alla scena con Susanna e al nostro precedente itinerario.

Nei primi decenni del Novecento, il Portogallo ha avuto vita turbolenta. Dopo la rivoluzione del 1910 che ha deposto l’ultimo re Manuele II si sono succeduti quarantacinque governi in gran parte controllati dall’esercito, fino al colpo di stato del 1926 che ha chiuso la prima repubblica, imponendo la dittatura militare del generale Carmona. A dare la spallata definitiva al governo repubblicano è stato il clamoroso scandalo del Banco de Portugal, 1925, orchestrato dal disinvolto affarista Artur Virgílio Alves dos Reis: la più clamorosa truffa mai perpetrata ai danni di una banca nazionale, e che ha impattato pesantemente sulle sorti del paese (la truffa, per intendersi, oggetto del grande sceneggiato nostrano Accadde a Lisbona del 1974, con Paolo Stoppa nei panni di Reis e un cast scintillante, diretto da Daniele D’Anza su sceneggiatura sua e di Luigi Lunari). Dunque tra vari balletti di cariche António de Oliveira Salazar è arrivato nel 1928 ai pieni poteri, riportando in pareggio il bilancio dello stato, inaugurando un regime all’insegna del motto “Deus, Pátria e Família” e fondando proprio nel 1930 l’União Nacional come braccio politico del governo. Ad avviare una politica di distensione ma insieme prudente distanza dai nazifascismi, considerati oltretutto impresentabilmente pagani.

Questa è la situazione in cui nel pomeriggio del 2 settembre 1930 il piroscafo britannico Alcantara attracca a Lisbona. A sbarcare è un Crowley cinquantacinquenne, un po’ appannato, con qualche acciacco e impoverito, sostenuto da discepoli a volte ingombranti o asfissianti, comunque segnato da una vita in cui non si è rifiutato nulla: ha alle spalle avventure infinite, come la fondazione nel 1904 della nuova religione di Thelema e l’esperienza 1920-23 della comunità magica a Cefalù chiusa per espulsione dall’Italietta fascista (cui dedica versi esilaranti). Al fianco ha l’ennesima amante, una bella diciannovenne dall’aria inquieta, la talentuosa artista Hanni Larissa Jaeger (per lui Anu o il Mostro, 1910-1933) dalla doppia cittadinanza tedesca e americana, perché la famiglia si è trasferita anni prima dalla Germania in California: l’ha incontrata solo poche settimane prima a Berlino dove lei, studentessa, organizzava una mostra all’accademia d’arte, ed è sbocciata una relazione rovente. Insomma, loro scendono sulla banchina e ad attenderli tra la calca, preavvertito con telegramma, è un omino miope coi baffi. Cioè il perplesso Pessoa (1888-1935), che quella visita – deve riflettere – se l’è un po’ andata a cercare.

Per capire di più apriamo il volume curato da Pasi. A un’introduzione a sua firma segue un ampio epistolario – più di centocinquanta pagine – di vari personaggi, tra i quali ovviamente i due protagonisti Pessoa e Crowley; più un mazzetto di articoli di giornale a documentazione del caso, che danno conto del suo impatto pubblico. Seguono: il testo di un romanzo poliziesco – una prima versione ancora schematica, ma tale da darci un’idea piuttosto precisa di dove si andasse a parare – maliziosamente scritto da Pessoa sulla sparizione di Crowley per assicurare ancora più pubblicità al caso (e per più agevole circolazione lo scrive in inglese, lingua che padroneggia perfettamente); un breve corpo di poesie legate a stretto filo alla vicenda; e infine una bella postfazione di Giuliano D’Amico (La vita come un’opera d’arte. Per una biografia letteraria di Aleister Crowley). Esaminiamo dunque i documenti di questa edizione ricchissima di note e bibliografia, forte di tutti i crismi del testo scientifico (evento non così frequente, in Italia, in volumi che toccano l’esoterismo novecentesco) ma godibilmente avvicinabile anche da un lettore non specialista.

Tutto inizia con una lettera di Pessoa (6 marzo 1917, quindi parecchio tempo prima) a tale Frank Hollings per ringraziare dell’invio di un “catalogo di libri sulle scienze occulte” e ordinare – lui che di soldi ne ha pochini in tasca – una copia del Book 777: un compendio di corrispondenze esoteriche curato appunto di Crowley ma anonimamente, e Pessoa ne ignora l’autore. Però l’ha ormai scoperto all’epoca della seconda lettera, dodici anni dopo (18 novembre 1929): e si rivolge stavolta alla Mandrake Press, la piccola casa editrice che sta varando una serie di opere di Crowley (tra cui il famoso Moonchild, edito appunto nel 1929), interessato ad acquistarne alcune. Pessoa, uomo di lettere imbevuto fino all’osso di esoterismo – pensiamo solo ai suoi esperimenti di scrittura automatica, alla mole di riferimenti esoterici nei testi noti e a tutti quelli nella massa di lavori interrotti oggi ancora in fase di studio – venera come martire l’ultimo gran maestro templare Jacques de Molay, vittima di Ignoranza, Fanatismo e Tirannia: dunque non può che essere intrigato da un uomo come Crowley, insieme occultista e poeta, profeta di un culto guardato con avversione da tutte le Chiese istituzionali (con la tara del caso, insomma, sulla fama dell’“uomo più malvagio del mondo”) e oltretutto vertice del templarismo esoterico dell’O.T.O., l’Ordo Templi Orientis. Inizia così uno scambio di lettere di natura commerciale e a un certo punto (4 dicembre 1929) il poeta chiede all’editore se può segnalare a Crowley un errore nell’oroscopo che lui si era confezionato. Il messaggio arriva a destinazione, e la Bestia risponde.

Lo stile è quello che ci si attende dalla solenne diplomatica epistolare dallo ierofante del culto di Thelema. In una lettera (11 dicembre 1929) che inizia ritualmente con “Care Frater, Fa’ ciò che vuoi sarà tutta la Legge” e termina con “Amore è la legge, amore sotto la volontà. Saluti fraterni, Το Μεγα Θηριον [appunto La Grande Bestia] 666”, Crowley spiega che sulla sua ora di nascita si è regolato un po’ a occhio in assenza di notizie davvero certe. Concede (bontà sua) che la supposizione di Pessoa è “abbastanza corretta”, del resto lui pratica poco l’astrologia; ma sarebbe lieto di ricevere “qualche informazione” d’oroscopo sulla sua “situazione attuale”.

Avviato così il contatto, Pessoa manda alla Bestia tre libretti di proprie poesie – alcune erotiche –  in inglese, suscitandone l’entusiasmo: Crowley è un poeta di qualche virtù, del resto riconosciute anche da critici di tutt’altro côté (come a suo tempo Chesterton, con minime riserve che avevano inaugurato un divertentissimo duello a distanza). Ma soprattutto – spiega la Bestia a Pessoa avvertendo della ricezione (22 dicembre 1929) – considera “l’arrivo delle sue poesie come un chiaro Messaggio, che sarei lieto di spiegarle di persona. Sarà a Lisbona nei prossimi tre mesi? Se così fosse mi piacerebbe farle visita”, con il giusto riserbo, e chiede di rispondergli a giro di posta.

Pessoa riceve però la lettera in ritardo, era fuori città, e gli scambi mostrano una serie di tergiversazioni interessanti. Ha bisogno di un preavviso – argomenta – perché potrebbe essere fuori Lisbona, preferirebbe vederlo a marzo e l’astrologia conferma che sarebbe un buon mese, potrebbe anzi andare lui stesso in Inghilterra anzi no, non ci riesce, appena può gli manderà l’oroscopo… eccetera. Si tratta di problemi reali, d’accordo; un po’ forse anche della resistenza di quest’omino metodico, a sua volta nella fase declinante della vita e ormai lontano dagli anni dell’attivismo intellettuale e di tante ambizioni, a lasciarsi sovvertire il trantran. Poeta immenso, caleidoscopicamente sfaccettato in una pletora di identità alternative sgomitanti come persone autentiche, e ormai ripiegato nel silenzio su un corpus di opere destinate a fama postuma, Pessoa è a sua volta un uomo appannato e dalla salute vulnerata: sbarca il lunario come collaboratore esterno di ditte commerciali e tiene a chiarire di essere “del tutto estraneo a ogni sorta di amicizia e a ogni tipo di intimità” (6 gennaio 1930). Forse anche per il contraccolpo dello stiracchiato rapporto con Ophelia Queiroz – Ofélia Queirós in grafia moderna –, che dopo una prima fase nel 1920 buferata dalla depressione, ha conosciuto un malinconico secondo tempo proprio tra settembre 1929 e gennaio 1930, a ridosso dei nostri fatti. I rapporti con Ophelia si ingarbugliano di nuovo, e la surreale presenza dell’eteronimo Álvaro de Campos come terzo incomodo – elementi di omosessualità? – contribuisce alla crisi.

Ma al di là del momento un po’ delicato sul piano personale, può esserci qualcosa di più specifico. Questo precisino che nelle lettere motiva minuziosamente ogni argomentazione, puntualizza ogni passaggio (come quando, 15 dicembre 1929, lui nazionalistissimo prega ironico la Mandrake “di chiedere al […] dattilografo di disannettere il Portogallo dalla Spagna”, dove l’intestazione della lettera precedente aveva collocato Lisbona) può essere anche un po’ preoccupato dell’incontenibile, ingestibile esuberanza del mago inglese che si autoinvita a Lisbona.

E che dal canto suo risponde ai tentennamenti. Direttamente o tramite il segretario Israel Regardie (1907-1985, altro personaggio di una certa nomea nella storia dell’esoterismo novecentesco, per aver poi pubblicato a proprio nome il materiale Golden Dawn coi suoi commenti, in flagrante violazione dei giuramenti di segretezza), Crowley si informa di una possibile venuta di Pessoa oltre Manica, spiega che sta manovrando per acquisire la piccola casa editrice Aquila Press (non ci riuscirà)… e a un certo punto annuncia con telegramma di essere “in arrivo su Alcantara prego incontrare” (28 agosto 1930). Plausibile che Pessoa vada ad accoglierlo (2 settembre), anche se tra bagagli e individuazione dell’albergo non c’è tempo per parlare. E così la Bestia invita il poeta (3 settembre) per l’indomani all’Hotel Paris di Estoril, nella pausa pranzo tra le ore votate al mare con Hanni. Ha molto da dirgli, spiega: “C’è in particolare il piano di mettere il Lavoro dell’Ordine [l’O.T.O.] su basi mondiali con una solida organizzazione”.

Non abbiamo una descrizione dell’incontro, ma possiamo immaginare Crowley tracimante che occupa tutto lo spazio possibile, Pessoa piccolo piccolo e un po’ interdetto, la bella Hanni – grande bellezza, fascino tormentato – che lo colpisce. Sul tavolo non c’è solo l’esoterismo: nei giorni successivi, grazie al poeta, Crowley conta di incontrare alcuni scacchisti portoghesi per qualche partita. Curiosissima è una lettera scritta direttamente da Hanni alla fine della settimana dopo (cioè domenica 14 settembre) lamentando che Pessoa non sia più venuto di persona e annunciando il loro arrivo a Lisbona per il giorno dopo: intendono incontrarlo. Perché è Hanni (Anu nella firma) a scrivere? Ovviamente funge da collaboratrice della Bestia, ma a Crowley non sfugge il maggiore appeal di una missiva dalla bella diciannovenne. Tanto più che tra l’incontro del 4 settembre e quello del 15 dev’essercene stato almeno un altro…

Peccato che in un messaggio successivo (17 settembre) Crowley spieghi – stavolta di persona – di essersi dovuto trasferire all’Hotel Miramar. “Ieri notte la signorina Jaeger ha avuto un violento attacco isterico, dando disturbo a tutto l’hotel”. La Bestia tende sempre a scaricare le motivazioni degli screzi sui furori delle partner (di volta in volta accusate di alcolismo, isterismo eccetera), ma sappiamo quanto sappia essere irritante: insomma non appare così strano che la passionale Hanni sia stata abbastanza accesa da ribaltare tutto. “È andata a Lisbona stamani, lasciando qui tutte le sue cose insieme a una nota in cui dice ‘torno presto’. / Ma se non tornasse presto, immagino che si dovrebbe chiedere alle autorità di fare delle ricerche”: e Crowley chiede a Pessoa di contattarlo, evidentemente si vedono. Però questa lettera è sincera o fa già parte del gioco sul presunto suicidio della Bestia abbandonata dall’amante, coi compari Aleister & Fernando che hanno preimpostato tutto nei giorni precedenti, compresa sfuriata di Hanni (simulata)? O il poeta viene incastrato solo ora nel gioco concordato da Aleister con Hanni? In realtà sembra che almeno il litigio sia stato autentico, Hanni furiosa ha chiesto l’aiuto del console americano per ripartire; poi con Aleister si sono rappacificati (il diario di lui tradisce in più punti un effettivo innamoramento), ma ormai la partenza della ragazza è decisa e concordano per raggiungersi in Germania. Proprio la non prevista sfuriata sembra insomma innescare il piano che Crowley concorda ora con Pessoa, avviando una delle beffe più celebri di tutta la storia moderna. Perché darsi tanta pena?

Il fatto è che Crowley ha bisogno di nuova visibilità, di pubblicità per rilanciare la sua immagine. Sa di non essere più l’uomo degli anni d’oro, si confronta con acciacchi e debitori incalzanti: la piccola Mandrake Press ha investito su di lui, ma non basta, e la beffa potrebbe riportarlo sulle pagine dei giornali con un prezioso ritorno di attenzioni sulla sua produzione editoriale. E anche pittorica, perché il mago ora sta puntando parecchio su quella vocazione scoperta da non troppi anni, e l’importante galleria di Karl Niederdorf di Berlino si prepara a un’esposizione dei suoi lavori. Poi certo la beffa soddisfa insieme il suo carattere birichino e la provocazione di paradosso e ironia insita nel suo magistero. E Pessoa? Offre volentieri una mano a un frater e l’idea della finzione, dello sberleffo è più che congeniale all’uomo che vive e gioca attraverso eteronimi: se poi è dubbio che i riflettori della stampa gli interessino in quanto tali – il suo ruolo in fondo resta marginale, da fiancheggiatore – la situazione potrebbe vedere anche per lui sviluppi editoriali interessanti.

Infatti è iniziata nel frattempo una buffa “commedia degli equivoci” (come la definisce opportunamente Pasi). In seguito ai dialoghi con la Bestia, Pessoa ha inviato alla Mandrake Press (12 settembre) una serie di proposte. Suggerendo testi portoghesi “insoliti e sconosciuti” da editare in inglese; caldeggiando di istituire una succursale dell’editore in Portogallo dove alcune lavorazioni sarebbero più economiche, e in cui plausibilmente si vede già coinvolto; ed evidenziando che si potrebbe sviluppare anche un catalogo in lingua lusitana. Per Pessoa è insomma implicito che i soldi dovrebbe metterceli la Mandrake. Ma è a questo punto che arriva (18 settembre) l’educata risposta del presidente della casa editrice, tale R. Thynne. Prendendo tempo sui titoli suggeriti, l’editore fraintende – o gioca a fraintendere – l’idea sulla succursale, prospettando allo (squattrinatissimo) poeta di assumere in loco il ruolo di rappresentante azionista come è Karl Germer in Germania, e grazie al quale la Mandrake può pubblicare in Inghilterra Alfred Adler e Alraune di Ewers. Per loro è implicito che a mettere i soldi sia Pessoa.

La commedia continua con Germer (1885-1962, altro nome notissimo dell’esoterismo novecentesco, che alla morte di Crowley diverrà capo dell’Ordo Templi Orientis) che invia a Pessoa copia del prospetto della “Aleister Crowley Ltd” (25 settembre), spaziando dagli scritti alla pittura agli sviluppi teatrali e cinematografici. Germer è un uomo d’affari, è stato anche editore, e (di nuovo) considera Pessoa interessabile come socio. Mentre il poeta, come già nei dialoghi con Crowley, prende a citare negli scambi un fantomatico finanziatore il cui nome resta sempre sconosciuto, e che vi torna di continuo come Convitato di pietra: molto promettente nell’ottica della Bestia e di Germer, molto sfuggente dal lato di Pessoa che sembra considerarlo non più di una mera ipotesi (o almeno così sosterrà l’anno dopo).

Intanto Crowley ha confezionato il farlocco messaggio di addio (quello evocato in Tutto quel nero e in effetti oggi presente in loco con una targa memoriale: “An[no] I4, ☉ in ♎ / Non posso vivere senza di te. L’altra ‘Boca do Infierno’ mi avrà. Non sarà mai ardente quanto la tua. / Hjsos. / Tu Li Yu”) e ne spedisce prontamente copia al poeta con istruzioni. La data espressa in termini astrologici indica a rigore il periodo di Sole in Bilancia dal 23 settembre al 23 ottobre: dal diario di Crowley sappiamo però che il messaggio viene scritto il 21 settembre – col Sole ancora in Vergine – e quindi lo sta postdatando. Da rilevare l’uso del termine Infierno e non Inferno come in portoghese, perché Crowley conosce meglio lo spagnolo; e il criptico “Hjsos”, “una misteriosa parola magica cifrata che solo lui e lei capivano” (così spiega, in terza persona, il biglietto di Crowley a Pessoa) è stato decifrato credibilmente come un acrostico per “Hanni Jaeger Save Our Souls”. Quanto a “Tu Li You”, presentato poi da Pessoa (su istruzione di Crowley) come nome di una precedente incarnazione cinese del suicida, rinvierebbe beffardo al saluto londinese d’epoca “Toodle-oo”. Ma a parte questi dati tecnici, il biglietto della Bestia a Pessoa ricorda tre punti sostanziali, cioè la convinzione che lo scoop sulla sua scomparsa porterà ottimi profitti (“£200 solo di diritti per l’America”), la proposta o piuttosto l’incitamento al poeta a scrivere una storia romanzata sulla scomparsa del mago, e il promemoria importante che la Boca do Inferno non restituisce i corpi lì inghiottiti dal mare. Ciò a giustificare la completa sparizione del suicida per amore…

“Lettera portasigarette identificati di Crowley ritrovati venticinque sera luogo costa detto Bocca Inferno polizia ancora indaga dubbio suicidio ma per ora niente certo scrivo”, così il telegramma (1 ottobre) di Pessoa a Germer. Ovviamente non seguiamo passo passo tutti gli scambi, e si rinvia all’intrigante documentazione, con gente preoccupata che contatta Pessoa alla notizia immediatamente dilagata, e lui che risponde solo dietro autorizzazione della polizia giudiziaria, raccontandone lo sconcerto. Mentre gli interessati vengono rassicurati per altra via dal “sig. Hyde”, cioè lo stesso Crowley.

Il portasigarette è un oggetto (all’epoca) abbastanza comune per un gentiluomo, e insieme piuttosto personale e connotante: ma va detto che ai cultori di polizieschi potrebbe suggerire qualcosa in più. Il 7 luglio (sempre 1930) è morto Sir Arthur Conan Doyle, e non sembra casuale che pochi mesi dopo Crowley pensi di lasciare alla Boca ciò che proprio il grande eroe doyliano aveva lasciato scomparendo a sua volta – solo in apparenza – in un altro abisso d’acque. Ne Il problema finale, 1893, Watson rinveniva infatti di fianco allo strapiombo della cascata di Reichenbach, a parte il bastone da montagna di Holmes (che alla Boca sarebbe stato proprio di troppo), il suo portasigarette d’argento con il messaggio virtualmente ultimo. Virtualmente: perché è vero che, scrivendo quel testo, Doyle aveva inteso far morire davvero Holmes, ma a distanza di anni si era risolto a farlo tornare, spiegando il tutto come una morte simulata. Ed è divertente che proprio quel Crowley che gli autori di apocrifi sherlockiani contrapporranno con una certa frequenza all’Arcidetective giochi a scomparire allo stesso modo.

Almeno per un po’ di tempo, cosa sia successo a Crowley non è affatto chiaro, il suicidio è una semplice possibilità: la polizia resta perplessa sull’assenza del corpo, alla Mandrake ricordano un po’ stizziti che Crowley è un burlone… Ma Pessoa, nel ruolo di massimo esperto portoghese di cose crowleyane e di interlocutore dello scomparso proprio nei giorni fatali – insomma il classico “Io lo conoscevo bene” in grado d’interpretare l’enigmatico biglietto ultimo –, si offre sornione al gioco, dicendo e non dicendo, ipotizzando e ammiccando, da consumato teatrante. Interrogato dalla polizia insieme all’amico giornalista Augusto Ferreira Gomes (1892-1953, pure interessato all’esoterismo, sodale di Pessoa fin dall’antica militanza nella rivista Orpheu, 1915, e ora divertito complice) che ha trovato casualmente portasigarette e messaggio, riesce a confondere ancora di più le idee degli inquirenti. Oltretutto Crowley sembrerebbe aver passato la frontiera la sera del 23, ma il controllo dei passaporti è così superficiale… E i giornali si lanciano sul caso a partire dal Diário de Notícias – secondo Pessoa, “il Times portoghese” – che ne parla fin dal 27 settembre, accendendo la miccia alla falsa notizia.

L’impatto del caso sulla stampa – prima in Portogallo, poi quella internazionale – è in effetti notevole, anche se non quanto Crowley sperava: in ogni caso la rassegna raccolta nel volume ci permette di condividere il divertimento dei due burloni. L’articolo “Uno strano caso” (appunto Diário de Notícias 27 settembre) spiega come il collega Ferreira Gomes in visita alla Boca il giorno prima avesse ritrovato il portasigarette col messaggio: Crowley diventa nell’articolo nientemeno che il “Capo del controspionaggio inglese in America durante la guerra”. “Uno strano caso” continua sulla stessa testata il giorno dopo con il resoconto della consegna dei reperti alla polizia, la strana notizia che Crowley avrebbe passato la frontiera ma senza la sua accompagnatrice, e il cenno sulla collaborazione di Pessoa alle prime indagini. Se questi due pezzi non appaiono firmati, il successivo “Il mistero della Boca do Inferno” (O “Notícias” Ilustrado 5 ottobre) lascia invece la parola a Ferreira Gomes che riprende diffusamente il tutto… Ma contemporaneo è un messaggio (5 ottobre) a Pessoa di Crowley: si trova con Hanni da Germer a Berlino, frequentano Aldous Huxley e il giornalista e scrittore J.W.N. Sullivan. Spiega allegro:

Non ho scritto prima. Gli eventi si sono succeduti così in fretta da farmi pensare che sarebbe cambiato tutto prima che lei ricevesse la mia lettera.

Ora che il mio corpo è stato ritrovato – non ho dettagli al riguardo – mi sento più tranquillo.

Devo dire che lei ha gestito la faccenda dannatamente bene! Il prossimo passo è – se avete qualche medium famoso lì a Lisbona – ricevere un messaggio dall’Illustre Estinto. Sto provando a far questo a Londra, a Berlino e negli Stati Uniti. Poi, al momento giusto, sveliamo ogni cosa. Da una parte faremo ridere tutti e poi daremo una bella spinta alla Ditta.

Quanto ad Hanni “mi chiede di mandarle i suoi saluti affettuosi”; ma in calce la Ragazza Scarlatta aggiunge di persona un curioso post scriptum che deve far arrossire Pessoa, “Penso che lei sia meraviglioso”. Una successiva lettera di Hanni a Pessoa (14 ottobre) risulta ancora più confusiva: simula ironicamente soddisfazione per la fine dello “spregevole furfante” la cui ultima lettera vorrebbe però portare sul cuore fino alla morte – notiamo lo sberleffo sul melodramma – e chiude maliziosamente “A sua disposizione per ogni servizio e conforto”. Dunque certo, ironia (che Pessoa finge di non rilevare nel messaggio 18 ottobre a Ferreira Gomes, però sta simulando nel solito gioco di disinformazioni incrociate nel caso che la posta – come saltuariamente avviene – passi al vaglio della polizia): ma perché il gioco di provocazione erotica al poeta da parte di Hanni? Probabilmente si tratta di un semplice scherzo privato, innescato da battute degli incontri di Lisbona, ma forse rafforzato – come vedremo – da qualche intrigante elemento aggiuntivo. Il gioco al romanzesco continua comunque in un ulteriore messaggio di Hanni (30 ottobre), dove finge d’ipotizzare che Aleister Crowley fosse in realtà due persone diverse, il gemello cattivo ucciso e il morigerato Edward Alexander (effettivo nome di battesimo di lui): “Ma allora… quale dei due ho amato?”. Un tema del doppio del tutto congruo al dialogo con il già indefinitamente multiplo Pessoa, i cui eteronimi mostrano vere e proprie personalità alternative.

Comunque il poeta si mostra efficientissimo. Si occupa di problemi burocratici ed economici del sodale Ferreira Gomes che sta per sposarsi a Parigi; fa pervenire ai vari interlocutori traduzione degli articoli portoghesi sul caso e notizie di quelli apparsi in Francia; spedisce un oracolo astrologico da lui approntato per prevedere gli sviluppi, nonché notizie generali, come sull’arrivo di investigatori inglesi a indagare. Anche se accenna soprattutto a uno, che si rivelerà il personaggio del suo romanzo in preparazione, un po’ nello stile (lettera a Germer 24 ottobre, ma il cenno torna anche altrove) dei polizieschi al tempo molto noti di Freeman Wills Crofts. In effetti il caso sta assumendo risvolti sempre più improbabili: come informa Regardie (17 ottobre, cfr. l’articolo sul caso dell’Oxford Mail, 15 ottobre), a detta di un medium e con ampio clamore giornalistico in Inghilterra, “666 sarebbe stato spinto giù da una scogliera in Spagna o in Italia da nemici appartenenti alla Chiesa Cattolica o alla Massoneria e il suo corpo non sarà mai ritrovato”. A sua volta Pessoa confida il fastidio che questa storia avrebbe dato a non meglio identificate “persone cattoliche” (sempre a Germer, 20 ottobre)… Dalla prima versione del suicidio d’amore la trama del romanzo apre ora all’idea dello scomodo Crowley assassinato da misteriosi nemici, della sua sostituzione sul treno verso la frontiera con un prestanome in modo tale da farlo credere vivo, e persino dell’uccisione di un taxista scomodo testimone. Ma il 27 ottobre da Londra Regardie ammette la difficoltà di tener desta l’attenzione sul caso, tanto più che ormai i giornali subodorano la messinscena; e il 18 novembre accenna che la Mandrake Press rischia di finire in liquidazione volontaria.

D’altra parte lo stesso Pessoa si è chiuso in questo periodo in un lungo silenzio che mette in fibrillazione gli interlocutori. Problemi di salute e non solo, spiegherà poi a Germer (3 dicembre), tuttavia non sterili perché ha avuto tempo di maturare un diverso sviluppo del romanzo. Crowley, incalzato dai nemici (sempre come Holmes dai sicari di Moriarty), non suicida né assassinato, avrebbe fatto fuggire Hanni per sottrarla al pericolo e inventato un arzigogolato sistema per allontanarsi, grazie a un proprio sosia e a un sosia (guarda caso) di Pessoa. Mentre lui col poeta resta visibile a testimoni in un certo caffè… “Naturalmente sarebbe un’ottima cosa se la riapparizione della figura centrale della storia non avvenisse prima dell’uscita del libro ma, come ho detto, la storia è stata concepita in modo tale da essere completa in se stessa e da potersi comunque adattare alla realtà”. Il romanzo, raccolto nel volume a cura di Pasi con tanto di varianti, figura infatti come narrato dal detective (con datatio “Barcellona, dicembre 1930”): e più che vicenda di eventi si allarga via via elusivamente quale vicenda di ipotesi, tra doppi in allegra circolazione e geniali strategie di confusione del lettore, con non rari ammiccamenti ai romanzi polizieschi. Vi compare naturalmente anche Pessoa, come personaggio interpellato dal detective, sostenendo a un certo punto che “Ci vuole un uomo forte per essere due uomini” e prendendo un po’ le misure a Crowley in quello che giustamente Pasi considera “il nucleo nascosto del romanzo”. In qualche misura rivelativo del pensiero di Pessoa sul mago.

A riscontro giunge a Pessoa una lettera scherzosa di Crowley e Hanni (14 dicembre), recante sia elementi per confondere le acque, sia qualche notizia concreta come il fallimento della Mandrake e la necessità di acquistare i volumi del loro magazzino: interessante è che la Bestia firmi come Benjamin Q. Knickerbocker, scelta di un nome non casuale. Richiama infatti il fantomatico storico olandese Diedrich Knickerbocker, presunto autore di A History of New-York from the Beginning of the World to the End of the Dutch Dynasty (1809): la sua misteriosa scomparsa da un albergo newyorkese, con tanto di Chi l’ha visto? sui giornali prima dell’uscita del volume, era stata in realtà funzionale a favorirne il lancio con un sistema di marketing virale. Il vero autore era Washington Irving alla sua prima prova di successo. Di nuovo dunque la storia di una sparizione farlocca, e di nuovo motivi di profitto editoriale…

Crowley scrive ancora più avanti, premendo per il romanzo e per un oroscopo di Pessoa (4 gennaio 1931) ma anche per il famoso finanziatore mai apparso (1 febbraio): e il poeta alla fine risponde (10 febbraio) accusando un proprio misterioso torpore interiore. Il romanzo non è più di attualità ma potrebbe venirne un buon testo, mentre sul finanziatore l’ipotesi gli pare tramontata e proverà senza troppe speranze con un’altra persona. Comunque (aggiunge, 13 febbraio) circola sui giornali la rivelazione del medium circa l’omicidio di Crowley da parte di un agente della Chiesa cattolica: e l’articolo non firmato del 16 dicembre sul Girasol “Aleister Crowley è stato assassinato?” è stato nei fatti scritto da Pessoa.

La risposta della Bestia (22 febbraio), è divertita. Ma a deliziare Hanni – che scrive la prima parte del messaggio – e il suo ingombrante partner è anche un altro motivo, la lettura del libro Ride the Nightmare di Ward Greene: Pessoa l’ha letto?

Offre una bella caricatura del mio grande Satana e un ritratto fedele di un uomo e sua moglie, persone che A[leister] C[rowley] conosce. Da allora ogni tanto lo chiamo “pasticcio d’agnello”.

Il cenno è gustoso e merita una parentesi. Ward Greene (1892-1956), scrittore, giornalista, drammaturgo, editore popolare, è forse oggi più noto per aver scritto la storia alla base del cartone animato Disney Lilli e il vagabondo; ma ha varato solo un altro romanzo (di buon successo, Cora Potts, 1929), quando pubblica il torbido Ride the Nightmare, 1930. Il protagonista è modellato sul profilo di un suo amico, William Seabrook (1884-1945), figura abbastanza inquietante di viaggiatore, scettico ma ossesso dall’occulto, cultore compulsivo di quello che oggi si chiama bondage nonché (almeno una volta) cannibale, noto tra l’altro per aver sdoganato nell’immaginario pop americano il tema dello zombie con i suoi racconti sul Vudù haitiano nel saggio The Magic Island (1929: generalmente si considera quale primo film sul tema quel White Zombie/L’isola degli zombies di Victor Halperin con Bela Lugosi, 1932, ispirato appunto al libro). Ride the Nightmare figura a volte con il titolo alternativo Life and Loves of a Modern Mister Bluebeard appioppatogli nel 1949, che già può dirla lunga sul tipo di protagonista: Jake Perry è un artista e non uno scrittore, ma il ritratto è quello spiccicato di Seabrook con il suo sadomaso, il bere, le insicurezze… e lui non se la prende. Più perplessa la critica: a detta del Saturday Review of Literature, “un libro come Ride the Nightmare potrebbe fare di più per riconciliare i lettori con la censura di cinquanta libri che la sostengono”.

Ciò detto, Seabrook è amico anche di Crowley, che in Ride the Nightmare compare come figura minore (ecco di cosa parla Hanni) con il nome di Bellerophon Cawdor. Sembra che Crowley e Seabrook si siano conosciuti a un pranzo presieduto dal giornalista Frank Harris (1855-1931, quello dello scandaloso e censuratissimo memoir My Life and Loves, edito tra il 1922 e il 1963): e nell’autunno 1919 la Bestia ha passato una settimana nella fattoria di Seabrook in Georgia indulgendo a riti sessuali con Katie, prima moglie del consenziente padrone di casa. Tra l’altro hanno condotto un bizzarro esperimento di comunicazione tra loro – a variazione del voto di silenzio del trappisti – usando soltanto la parola “wow”, episodio che ispirerà l’unica novella di Seabrook, dal titolo appunto “Wow” (1921, una fantasia su cosa accadrebbe ad abolire il linguaggio umano). Più tardi, in Witchcraft. Its Power in the World Today (1940), Seabrook parlerà della sua amicizia con Crowley, che l’ha colpito tanto da piacergli fin al primo incontro: e lo descrive come “uno strano tipo disturbante, dal pesante atteggiamento pontificale mischiato a una buona dose di humour furbo, scimmiesco e a volte malizioso”. Sembra probabile che il titolo Ride the Nightmare (romanzo, ricordiamolo, del 1930) possa ispirare quello di un altro romanzo apparso poco dopo, in cui proprio su Crowley è modellato il vilain, cioè The Devil Rides Out di Dennis Wheatley, 1934.

Ma torniamo alla corrispondenza con Pessoa, il cui entusiasmo per la faccenda della Boca do Inferno sembra evaporato e che torna dunque alla propria penombra. Nel paese dove Alves dos Reis sta scontando la sua truffa/beffa/finzione con vent’anni di galera (condannato nel 1930, riuscirà a uscire in effetti nel 1945), sul tema del fingere Pessoa sta continuando a riflettere. Come scrive in Autopsicografia, pubblicato 1º aprile 1931:

Il poeta è un fingitore.

Finge così completamente

Che arriva a fingere che è dolore

Il dolore che davvero sente.

Segue un lungo silenzio. Dopo l’estate Crowley da Berlino (18 settembre) chiede a Pessoa cosa sia accaduto, informandolo che il Mostro “è sparito – con sollievo di tutte le parti – 6 mesi fa”. Al di là di una certa instabilità di Hanni – dalla vita interiore effettivamente sofferta –, è un fatto che proprio quello sia un elemento caratteriale ricorrente delle donne al fianco di Aleister, causa (nel senso di occasione e prerequisito) ma poi anche conseguenza di rapporti con un partner devastante come lui. E a un certo punto la fuga diventa inevitabile.

Pessoa risponde scusandosi (5 ottobre), e spiega la propria inerzia con ragioni astrologiche: per il resto, i finanziatori si sono dissolti, la pubblicazione della sua traduzione in portoghese dell’Inno a Pan di Crowley sulla rivista Presença (un’altra delle varie questioni sul tavolo) è stata rimandata, si trova in rovinoso ritardo sia sull’oroscopo che sul romanzo… Ma la Bestia comprende che qualcosa si è ormai sfilacciato: scriverà ancora (29 novembre e – con lettera circolare – 21 marzo del successivo anno 1932), poi il contatto si interrompe. Anche Pessoa continuerà a distanza a cercare notizie della Bestia e comunque a ragionare – anche criticamente – sulle sue categorie esoteriche.

Ma, a proposito di poesie: oltre all’epistolario, alla rassegna stampa e alla prima versione del romanzo (che Crowley non vedrà mai), l’edizione a cura di Pasi riporta come detto anche alcune liriche con testo originale, cioè la bellissima L’ultimo sortilegio di Pessoa inviata a Crowley, appunto l’Inno a Pan volto da Pessoa in portoghese, e Canzone assurda di Ferreira Gomes dedicata alla Bestia. Però a precederle tutte figura un’altra poesia di Pessoa, che fa riflettere: perché Dà la sorpresa di essere (tale il titolo attribuitole) sembra parlare di Hanni. In termini affascinati, eleganti, ma insieme eroticamente espliciti, e rivelativi della profonda impressione suscitata da questa inquieta diciannovenne. Inizia:

Dà la sorpresa di essere

È alta, di un biondo scuro.

Fa bene anche solo pensar di

Vederne il corpo mezzo maturo.

Passa poi a decantarne i seni, la mano, il braccio, il fianco, e termina con la quartina:

Invoglia come una barca

Assomiglia a uno spicchio d’arancia.

Mio Dio, quand’è che m’imbarco?

Ah, fame! Quand’è che io mangio?

Stavolta l’ironia – come nelle lettere un po’ ammiccanti di Hanni – lascia spazio a qualcos’altro: e può persino sembrare strano che Pessoa se ne esca in commenti tanto espliciti sul fascino erotico della compagna del frater. È pur vero che la ragazza descritta non viene mai chiamata per nome. Però, noi sappiamo che durante il soggiorno a Lisbona Crowley ha organizzato il 9 settembre 1930 un rituale di iniziazione cui partecipa certamente Raul Leal, amico di Pessoa, ma anche ragionevolmente quest’ultimo: e Pessoa in seguito dichiarerà – guarda caso – di essere iniziato a un ordine templare (l’Ordo Templi Orientis?). La stessa ricezione dell’ultima lettera inviatagli da Crowley (21 marzo 1932), un messaggio circolare normalmente trasmesso a ogni cadenza equinoziale agli iniziati dell’A∴A∴ – un’altra delle organizzazioni esoteriche gestite dalla Bestia –, avallerebbe l’ipotesi di un’iniziazione (anche se in tal caso molte altre comunicazioni analoghe avrebbero dovuto far parte dell’epistolario: sono state distrutte?). Il fatto comunque che Dà la sorpresa di essere sia scritta il 10 settembre 1930, cioè il giorno dopo il rituale citato offre una luce particolare al collegamento con Hanni. Considerando le connotazioni magico-sessuali dei riti crowleyani e il ruolo che Hanni deve avervi svolto (non necessariamente estremo ma simbolicamente trasparente), possiamo capire meglio cosa Pessoa possa aver visto, forse sperimentato, e cosa si sia sentito autorizzato a sognare.

Poi, come la truffa/beffa di Alves dos Reis ha finito con l’avere ricadute devastanti di più ampio contesto (la fine della repubblica, l’ascesa della dittatura militare), anche il caso della Boca do Inferno ha proiettato ombre lunghe impreviste, tragiche. Aleister esprimeva preoccupazione per Hanni nel messaggio a Pessoa a inizio beffa (17 settembre 1930), poi fingeva d’essersi suicidato: ma pochi anni più tardi, nel marzo 1933, lei si ucciderà davvero, ventiduenne, con overdose di morfina nella propria camera all’Hotel Alhambra di Palma di Maiorca. Pessoa morirà altri due anni dopo, nel 1935, solo quarantasettenne, travolto dai soliti problemi al fegato. Un’ampia percentuale della sua opera resta incompiuta, come il romanzo atteso invano da Crowley.

Le precedenti puntate di Sex and the Magic sono qui, qui, qui e qui.

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