Alcuni giorni fa a Padova, il CSV ha commissionato ad alcuni writers di fare un murales in corso Milano, coprendo la scritta “We cam’t breathe”, fatta nel corso di una manifestazione di sostegno alle rivolte statunitensi tenutasi lo scorso 6 giugno.
L’operazione, avallata dall’amministrazione comunale, ha immediatamente suscitato indignazione per tutte quelle persone che erano scese in strada quel giorno: “we can’t breathe” è infatti diventato un simbolo collettivo per chi, a Padova e ovunque, si identifica in varie forme nella lotta che da oltre due mesi, dopo l’uccisione di George Floyd, sta scuotendo gli Stati Uniti. In molte e molti si sono riuniti al centro sociale Pedro, decidendo di rifare la scritta nel medesimo punto e lanciando un appuntamento pubblico per oggi (venerdì 31 luglio) alle 18 a Porta Savonarola-Corso Milano. Nonostante il Csv sia tornato sui propri passi, ripulendo il muro, l’appuntamento è stato confermato.
Di seguito la “lettera alla città” scritta dopo l’assembla tenutasi al Pedro.
Lo scorso 6 giugno, a seguito di una manifestazione locale a sostegno di un movimento che nel mondo si è voluto stringere attorno alla comunità nera negli Stati Uniti, vessata sistematicamente dalla polizia razzista, armata e violenta, un grande muro della città di Padova è diventato una grande targa a memoria del fatto che la violenza e la prevaricazione soffocano le persone vulnerabili.
Schiacciato dal ginocchio di un poliziotto, Jeorge Floyd è morto soffocato dicendo “Non riesco a respirare”.
La scritta sul muro è stata poi ampliata il primo luglio dall’Associazione Ya Basta Edî Bese, che ha scritto “Stop Colonialism”, contro l’annessione coloniale della Cisgiordania da parte di Israele
Le parole di Floyd al plurale sono diventate le nostre. “WE CAN’T BREATHE”, non riusciamo a respirare, abbiamo scritto su quel muro, per supportare le nostre sorelle ed i nostri fratelli che subiscono la violenza del razzismo sistemico e l’oppressione della polizia.
Qualche giorno fa, la scritta che ricorda tutte le persone soffocate dalle loro società è stata coperta da un Murales voluto dal CSV per onorare i volontari di “Per Padova Noi Ci Siamo”.
Non avevamo mai dovuto fare i conti con una questione che mischiasse nello stesso calderone: politica internazionale, opportunità a livello locale, lotta contro ogni oppressione, arte, estetica e codici dell’arte di strada e del writing.
Ieri ci siamo incontrati in un’assemblea con tutti i soggetti che hanno contribuito a fare e far vivere quella scritta, per discuterne insieme. Si sono confrontate sensibilità diverse, tutte consapevoli che stiamo parlando di cose serie che vanno trattate in un certo modo.
Dalla nostra assemblea è uscito questo:
Riteniamo che cancellare una targa che ricorda la violenza e l’abuso sia sbagliato.
Non si deve cancellare la memoria, anche se è stata impressa in maniera informale. Non si deve portare rispetto per “il modo” in cui una cosa è nata: si deve portare rispetto per quella cosa in sé. La scritta “WE CAN’T BREATHE” merita rispetto perché è una scritta di denuncia che nessuna persona del mondo ignora. La denuncia contro violenza ed abusi non va cancellata. Va incentivata.
Perché è doveroso tenere presenti le evoluzioni della città e la scritta WE CAN’T BREATHE ha fatto evolvere Corso Milano. Come sosteniamo pubblicamente ormai da mesi, non si può far finta che le cose non succedano solo perché non si dispone dei mezzi per regolarizzare un processo collettivo. Bisogna restare al passo con il mondo, e non girarsi dall’altra parte facendo finta che le cose non siano mai successe.
Si troveranno sicuramente altri spazi per Van Gogh e Leonardo.
Anche da questo punto di vista abbiamo rilevato un problema. Non si cancella l’opera di un altro writer. Questo è alla base della cultura del writing, che è una materia artistica importante e che risponde a regole e codici precisi.
Ci permettiamo quindi un tono più colloquiale per dire: non ci si erge al di sopra degli altri, non si può mediare sulla cancellazione della voce di chi subisce oppressioni. Questo può non capirlo solo chi vive in una condizione di privilegio che non intende mettere in discussione.
– Invitiamo il Vicesindaco Micalizzi a venire con noi.
– invitiamo le EAD a venire con noi ed a dimostrare con la pratica, pubblicamente, che quel buon senso e quella empatia li hanno finalmente sviluppati. C’è sempre speranza!
Ma non cancelleremo il lavoro delle EAD: lo useremo come sfondo.
Crediamo che il Committente, CSV di Padova con cui abbiamo anche operato durante il Lockdown, abbia commesso un errore.
Chi ha commissionato l’Opera che è stata fatta sopra la scritta WE CAN’T BREATHE o non sapeva che questa ci fosse o non sapeva cosa significasse o non gli interessava il significato di quelle parole (e preferiamo evitare di pensare che sia così).
Al Vicesindaco Micalizzi, che sta cercando un altro spazio per la scritta WE CAN’T BREATHE – Stop Colonialism rispondiamo “grazie” ma no, non vogliamo un altro spazio per riscrivere quelle parole. Quello è il loro spazio e non importa se è stato ridipinto da Van Gogh o da Leonardo in persona. WE CAN’T BREATHE. Non riusciamo a respirare.
Poi c’è il livello operativo: i writers.
Come sopra: o il simbolo di quella scritta non vi interessava, o avete fatto finta che non ci fosse, o avete pensato di avere qualcosa di meglio da dire di quelle parole. Ma non c’è niente altro da aggiungere a quelle parole. Non si può aggiungere niente a “WE CAN’T BREATHE”, soprattutto se la propria condizione permette di fare in maniera istituzionale un lavoro le cui radici sono popolari e militanti e quindi si è, di fatto, nella sopracitata condizione di privilegio.
E poi c’è il livello artistico: e noi pensiamo che l’arte non si debba mai utilizzare per silenziare la voce delle persone oppresse. Questo è sbagliato. Chi usa lo scudo dell’arte per cancellare parole che sono di denuncia, si sta coprendo con una foglia di fico e non ce la vende. L’arte serve ad amplificare la voce della sofferenza. Specie l’arte popolare, e le scritte sono un’arte popolare. Non al soldo di qualche padrone o qualche nobile come nel ‘700, ma dalla parte degli ultimi per antonomasia.
Noi crediamo, in pratica, che stiamo parlando di una lunga serie di errori che si sarebbero potuti evitare con un minimo di buon senso e di empatia.
Per questi semplicissimi motivi, venerdì andremo a rifare la scritta WE CAN’T BREATHE.
Come moltitudine di persone diverse, noi crediamo che la cosa migliore da fare sia ripristinare le parole di Jeorge Floyd che abbiamo fatto nostre a simbolo e memoria di quanto è giusto mettersi sempre dalla parte dei deboli, dei vulnerabili.
– Invitiamo il CSV di Padova a venire con noi.
Questa per noi è la quadra del cerchio, e ci auguriamo che possa far scaturire in città un dibattito serio, sano, reale e che punti nella direzione della tutela dei più deboli.
Non abbiamo intenzione di trasformare una cosa seria in una polemica estiva per i rotocalchi locali.
Per noi la politica è importante, la sofferenza è una cosa importante, la lotta contro l’oppressione è una cosa importante, l’arte è una cosa importante e lo stiamo vedendo soprattutto in questi mesi.
La faccenda, per noi, si chiude qui.
Venerdi saremo in Corso Milano a ripristinare le parole di tutta quella enorme maggioranza di mondo che si batte per essere considerata e per salvarsi la vita ogni giorno.
Vi aspettiamo.
PS: le persone per cui ci spiace maggiormente sono le volontarie ed i volontari che durante il lockdown hanno operato per la collettività con abnegazione e spirito di sacrificio. Come abbiamo detto, la nobiltà di questo gesto però, non può essere messa sopra alle parole WE CAN’T BREATHE.
Siamo stati, siamo e saremo tra quelle volontarie e volontari, ma non chiediamo una scritta in premio: chiediamo migliori servizi sociali, più attenzione ai poveri e alle persone in difficoltà.
Aspettiamo anche il volontariato, venerdì. Perché solo insieme la società può procede sana.
Assemblea del 27 luglio al cso pedro