Il flop della didattica a distanza: «Deludente per le famiglie». Una ricerca della Bicocca lo ha dimostrato con una indagine tra i genitori.
Secondo l’indagine, le piattaforme per l’insegnamento online non hanno funzionato per i ragazzi e per i genitori che lavorano.
Ecco l’articolo comparso su Il Sole 24 Ore.
«La didattica a distanza (Dad) durante il lockdown è stata un’esperienza che i genitori non vogliono ripetere. Neppure i genitori colti, quelli diplomati e laureati, con più di un computer in casa, capaci e in grado di sopperire alle problematiche tecnologiche e formative, che si sono impegnati in prima persona nell’aiutare i bimbi.
È quanto emerge da un’indagine svolta dall’università Bicocca: la Dad subìta più che agita, è ritenuta da gran parte del campione abbastanza “deludente”.
È una questione di tempo davanti al computer ma anche di tempo per seguire i figli, da soli. Quasi la metà (47%) dei genitori dei bambini di scuola primaria dichiara che i figli hanno avuto da 1 a 5 ore di attività didattica alla settimana e il 4.1% dichiara che i figli non hanno ricevuto nessuna ora di attività. Nella scuola superiore non ci sono quasi studenti a cui non sia stata offerta nessuna ora di attività didattica, ma il 27% nella secondaria di I grado e il 16% nella secondaria di II grado ha fatto 10 o meno ore di didattica alla settimana.
Il resto, lo hanno fatto, per lo più, le madri. Per la scuola primaria la media delle ore giornaliere dedicate da almeno un genitore alla formazione sono state 4,19, per la secondaria di primo grado 3,76 e per la secondaria di secondo grado, 2 ore al giorno.
I ricercatori Giulia Pastori, Andrea Mangiatordi, Valentina Pagani e Alessandro Pepe – pedagogisti e psicologi del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi Bicocca – che hanno realizzato l’indagine su un campione di circa 7mila genitori di quasi 10mila bambini e ragazzi di scuola primaria e secondaria, così commentano: «Si tratta di dati rilevanti per comprendere l’impatto che la Dad ha avuto nella vita familiare». E aggiungono: «Le ore che le madri hanno dedicato a supportare l’attività scolastica – 3 o 4 ore al giorno – sono un lavoro part-time in più». In effetti, il 65,5% dei genitori intervistati ritiene la Dad non conciliabile con il lavoro.
Per questo, forse, i toni delle risposte all’indagine sono monocordi: «Esperienza spiacevole, demotivante, inutile, inefficace, in ultima analisi brutta, perché… non è bello parlarsi solo da remoto, la didattica a distanza è monotona, aumentano i compiti e le richieste di studio autonomo rivolte a bambini e ragazzi, e la struttura della giornata si sfalda, rendendo arduo il mantenimento dell’attenzione».
Inutile dirlo, durante il lock-down i ragazzi hanno vissuto momenti complessi. I genitori raccontano di «scarsa concentrazione, noia, stati di frustrazione, dipendenza e bisogno di aiuto, a cui si somma un aumento di sentimenti malinconici, di solitudine e di rabbia».
Si potrebbe pensare a un regime misto, come suggerisce Marco De Rossi, fondatore di Weschool, startup che offre una piattaforma per la didattica digitale e che qualche giorno fa ha raccolto 6,4 milioni di euro da alcuni fondi di venture capital: «Vorremmo diffondere il modello di didattica in cui crediamo, con la tecnologia usata sia a casa che a scuola, al servizio del docente per fare una didattica più coinvolgente». Ma dovrà essere un’innovazione vera, perché l’esperienza fatta non è incoraggiante: il 65% dei genitori ritiene non sostenibile un regime misto per metà a scuola e per metà in Dad. Alla domanda se la didattica a distanza continuasse il 30% risponde con chiarezza: «sarei costretta a licenziarmi»».