Lo scorso week-end è andata in scena una nuova giornata di azione del movimento tedesco Ende Gelände che, nonostante le difficoltà create dalla necessità di ridurre il più possibile le occasioni di trasmissione del Covid, è ugualmente riuscito a centrare quasi tutti gli obiettivi che si era posto, bloccando per più di 16 ore quel capitalismo fossile che si basa sull’estrazione di capitale a discapito del territorio, della vita, della salute e degli insediamenti stessi di chi vive in quei territori, e portando alla luce ancora una volta il vero spirito di un paese che ha in programma la chiusura delle centrali a carbone a partire dal 2038, ma la cui via verso la decarbonizzazione appare talmente lenta che nel frattempo continua l’allargamento delle miniere, in una sfrenata rincorsa del massimo profitto estraibile.
Come già detto, l’edizione di quest’anno è stata caratterizzata da una grande attenzione verso la cura collettiva, nell’obiettivo di evitare qualsiasi contagio. Il raggiungimento di questo fine ha comportato una serie di modifiche all’impostazione già conosciuta delle azioni di Ende Gelände. Innanzitutto, a differenza degli scorsi anni, ad ogni finger è corrisposta una partenza e un target individuale, al fine di evitare aggregazioni e di tracciare i contatti di ogni attivista. La netta divisione in fingers ha sicuramente avuto ripercussioni sul numero di partecipanti presenti ad ogni singolo blocco, comportando così una diversa capacità di risposta alle azioni della polizia, compensata però dalla precedente individuazione di diversi target per ogni finger, ovvero di diversi piani nel caso di non riuscita di quello primario. Come i fingers, anche gli info point sono stati distribuiti in varie zone della città, così da garantire sia la buona organizzazione dell’azione, sia la cura della collettività.
Più di 3000 attiviste e attivisti hanno partecipato alle azioni di blocco nella zona mineraria della Renania, raggiungendo 15 degli obiettivi prefissati. È stata bloccata la miniera di Garweiler, ovvero il più grande impianto per l’estrazione del carbone in Germania che, stando ai progetti, sarà ulteriormente allargata, con la conseguente distruzione dei villaggi intorno. Uno di questi è Keyenberg, la cui demolizione è prevista nel 2023. Ed è proprio in questo piccolo insediamento che uno dei finger ha simbolicamente occupato quella che una volta era una locanda, il centro della socialità del villaggio. Altri fingers hanno poi bloccato la centrale a carbone di Weisweiler, la centrale elettrica a gas di Lausward e varie infrastrutture chiave come il gasdotto Zeelink e la ferrovia che porta il carbone alla centrale di Frimmersdrof.
L’ultimo obiettivo citato è stato raggiunto dal silver finger, ovvero il gruppo internazionale a cui ha partecipato una delegazione di “RiseUp4ClimateJustice”.
Dopo la prima iniziativa alla bioraffineria Eni di Porto Marghera, questa rappresenta la seconda azione di un movimento che pone le proprie radici nella lotta per la giustizia climatica. È, quindi, la prima trasferta europea per questa rete che punta non solo a fermare ogni tipo di sfruttamento ed estrattivismo capitalista, ma anche a portare un cambiamento profondo e radicale in tutti i meccanismi e i processi che devono essere letti come causa e conseguenza del cambiamento climatico e dell’ingiustizia sociale imperante. Questi temi sono parte anche della lettura di Ende Gelände, aspetto che è possibile ritrovare nell’evidente e generale inclusività dei fingers. In collegamento con le proteste di Black Lives Matter, era presente il green finger a tema anticoloniale e antirazzista, composto solo da persone migranti. Questo finger è stato poi protagonista, assieme al finger bronzo, di una manifestazione spontanea contro la violenza razzista della polizia davanti alla stazione centrale di Acquisgrana. Erano poi presenti l’Anti Coal Kidz Finger, per permettere la partecipazione dei più giovani, e il Colorful Finger, dedicato a persone con limitazione fisiche o disabilità. Proprio quest’ultimo finger ha subito una forte repressione da parte della polizia, che ha provato a fermarli usando ingenti quantità di spray al peperoncino.
La violenza delle forme di repressione della polizia rappresentano un ulteriore elemento di novità rispetto agli anni precedenti, a rappresentazione, forse, della contraddizione insita in un paese che afferma di intraprendere la via della decarbonizzazione e che, allo stesso tempo, ammette e richiede l’uso di forme di repressione sempre più violente per la difesa degli interessi capitalisti. Tutti i finger sono stati sgomberati, numerosissime le cattle (il meccanismo per cui la polizia circonda le attiviste e gli attivisti, impedendo così ogni movimento), vari arresti mirati, cioè delle figure chiave nell’organizzazione dei singoli finger, e, in generale, si è visto l’uso della forza non solo contro gli attivisti, ma anche contro i giornalisti. Se nell’elenco appena descritto la differenza con gli anni precedenti va rilevata nel grado di violenza, il caso della repressione del silver finger è totalmente inedito. Una volta sgomberati, infatti, gli attivisti e le attiviste sono state caricate su tre differenti autobus, la cui destinazione originaria avrebbe dovuto essere una caserma di polizia per l’identificazione. Ma così non è stato. Gli attivisti sono invece stati portati in due zone totalmente differenti e lontane: un gruppo in una località al confine con l’Olanda, l’altro a Duisburg, cioè a circa due ore di strada da Bonn, città in cui si trovavano la maggior parte degli alloggi degli attivisti. Allontanamento, quindi, e divisione del gruppo degli attivisti internazionali, che sono stati scaricati dagli autobus senza alcuna indicazione e nel cuore della notte, quando ormai non era più possibile prendere alcun treno per tornare indietro. Fortunatamente, e anche in questo caso si è vista l’ottima organizzazione di un movimento come Ende Gelände, sono stati prontamente disposti degli autobus per far tornare a casa gli attivisti.
Nonostante le difficoltà, la giornata di blocco va letta come un grandissimo successo. Con i loro corpi, le attiviste e gli attivisti hanno bloccato il capitalismo fossile; nell’organizzazione dei finger hanno messo in pratica la cura e l’intersezionalità che vorremmo vedere alla base di una società che persegue la giustizia climatica; nelle modalità e nel raggiungimento degli obiettivi sono stati esplicitati vari punti della lotta climatica. Come ogni anno, Ende Gelände ha dimostrato che una lotta comune e internazionale è non solo possibile, ma anche necessaria. E questa non è una scelta, ma un bisogno.