La decrescita su bloomberg.com

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Un contributo del Gruppo Tematico Economia&Decrescita (*)

Dopo l’articolo della Harvard Business Review che abbiamo tradotto qualche mese fa, anche il sito www.bloomberg.com  (altro tempio del capitalismo) dedica un articolo alle tematiche della decrescita. È interessante notare come anche questa parte di stampa e siti, sostenitori del liberismo e del mercato, comincino ad interrogarsi sulla decrescita, in modo non pregiudizialmente critico: che il dubbio della insostenibilità dell’attuale sistema cominci a prendere corpo e non rimanere materia per la ristretta cerchia dei “precursori”?

In particolare, ci piace sottolineare che gli autori dell’articolo chiariscono che la decrescita non è una recessione ma un rallentamento o una contrazione pianificata che mira ad essere equa a livello nazionale. Inoltre, inviano ai loro lettori, per la maggior parte uomini d’affari, il messaggio che esiste un crescente consenso sul fatto che un aumento del PIL non è necessariamente il modo migliore per misurare il progresso di un Paese.

Vi proponiamo di seguito la nostra traduzione dell’articolo, augurandovi una buona lettura!

Come la “decrescita” porta il clima e il benessere oltre il PIL di Akshat Rathi (qui il link originale)

Negli ultimi anni, un gruppo di economisti, ecologi e antropologi ha richiamato l’attenzione per aver cercato di ribaltare un principio fondamentale della politica economica: quello secondo cui la crescita giova a tutti. Conosciuto come movimento della “decrescita”, questo pensiero suggerisce una ridefinizione degli obiettivi dell’umanità basata su criteri ecologici per affrontare la crisi climatica, oltre a una riconsiderazione dell’uso del prodotto interno lordo come metrica per il progresso. Lo sconvolgimento provocato dalla crisi del coronavirus ha alimentato ulteriormente il dibattito.

  1. Cosa significa decrescita?

È una sfida al dogma che circonda la crescita economica e alla massima che “più è meglio”. Prevede di concentrarsi sul miglioramento del benessere umano piuttosto che su una crescita economica costante, e di farlo entro i “confini planetari” per affrontare problemi come il riscaldamento globale e la perdita di biodiversità. L’idea è che le nazioni sviluppate perseguino una crescita zero o addirittura la riduzione del PIL a favore della costruzione di un’economia che renda gli esseri umani più sani e più felici – senza necessariamente puntare ad aumentare la ricchezza totale del paese. Con la diminuzione della popolazione in molte nazioni sviluppate, questo non deve significare per forza una perdita di reddito a livello personale.

  1. E questo non è una recessione?

No. Una recessione o, peggio, una depressione è una contrazione economica non pianificata che porta alla disoccupazione, alla povertà e ad altri mali sociali. La decrescita è un rallentamento o una contrazione pianificata che si propone di essere equa a livello nazionale. I paesi ricchi potrebbero cercare di ridurre le disuguaglianze attraverso misure come la garanzia del lavoro, l’accorciamento della settimana lavorativa e persino l’introduzione di un reddito di base universale da versare ad ogni cittadino. I paesi poveri continuerebbero a far crescere le loro economie almeno fino al raggiungimento di un livello di parità, entro i limiti del pianeta.

  1. Perché ne stiamo parlando proprio ora?

Il movimento, che affonda le sue radici nel libro del 1972 “I limiti dello sviluppo” (traduzione del volume “The Limits to Growth”) a cura di un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, non ha riscosso un ampio consenso. Ma l’allarme sui cambiamenti climatici ha concentrato nuovamente l’attenzione sull’impatto del consumismo di stampo occidentale sul pianeta. I sostenitori della decrescita affermano che una crescita economica costante non potrà mai essere sostenibile perché è impossibile disaccoppiarla completamente dall’uso delle risorse. Jason Hickel, economista antropologico della Goldsmiths University di Londra e autore del libro “Less Is More”, ha osservato che la pandemia del coronavirus ha fatto “intuitivamente” accettare le argomentazioni della decrescita a molte persone, che vedevano come i politici cercavano con fatica di dare priorità alla salute umana rispetto a un’economia in difficoltà. Nonostante la pandemia, un sondaggio del Pew Research Center pubblicato a settembre ha rilevato che il cambiamento climatico è rimasto la principale minaccia percepita in molti paesi ricchi.

  1. Quali sono le argomentazioni contrarie?

Alcuni detrattori affermano che l’impulso ad avere beni di un livello pari o superiore a quelli dei propri vicini ha sempre stimolato l’impegno umano. Gli economisti mettono in guardia dai potenziali pericoli di un’economia che smette di crescere o si riduce. Perseguire la decrescita nei paesi ricchi e limitare la crescita in quelli poveri è una ristrutturazione dall’alto verso il basso dell’economia globale che può causare più danni che benefici. La domanda di beni e servizi da parte dei paesi ricchi ha aiutato ad alimentare la crescita nei paesi poveri, facendo uscire dalla povertà centinaia di milioni di persone soltanto a partire dagli anni Novanta. Man mano che i paesi si sviluppano, tendono a consumare più servizi che non sempre hanno bisogno di estrazione di risorse. Il progresso tecnologico ci ha permesso di fare di più con meno – un frigorifero degli anni ’80 consumava molta più energia di quelli moderni.

  1. Bisogna quindi mantenere la crescita del PIL?

Forse no. In Nuova Zelanda, il governo ha adottato un approccio di “benessere” per il suo bilancio del 2019, perché sostiene che l’ossessione per l’espansione economica diceva poco su come i benefici venivano condivisi e non riusciva ad affrontare i problemi sociali urgenti. Vi  è un’opinione sempre più diffusa sul fatto che un aumento del PIL non è necessariamente il modo migliore per misurare il progresso di un paese. Altri indicatori come l’aspettativa di vita, l’accesso all’assistenza sanitaria, il livello di istruzione, i livelli di povertà e persino la felicità sono in grado di fornire un quadro più olistico. Gli economisti premio Nobel Abhijit Banerjee ed Esther Duflo del MIT hanno dimostrato che interventi politici specifici, come dare un contributo economico ai genitori per mantenere i figli a scuola, sono molto più efficaci nel migliorare questi indicatori rispetto alla sola crescita del PIL. Molti economisti mainstream, tra cui Dietrich Vollrath dell’Università di Houston, sostengono che una crescita lenta può essere un segno di maturità dell’economia piuttosto che di debolezza.

  1. Si tratta di un dibattito sulle metriche o di un vero e proprio cambiamento?

Mentre i paesi si pongono degli obiettivi per allinearsi all’accordo di Parigi del 2015 sul riscaldamento globale, il dibattito sulla crescita economica si sta evolvendo. Le proposte per ridurre le emissioni di carbonio come il Green New Deal negli Stati Uniti o il Green Deal dell’Unione Europea non rifiutano la crescita economica, ma invocano una “crescita verde”. Ciò consiste in uno sviluppo che salvaguardi l’ambiente, ad esempio aumentando le tecnologie a basse emissioni di carbonio. Altri obiettivi potrebbero ridurre la crescita in alcuni settori dell’economia, ad esempio se le persone prendessero meno voli o mangiassero meno carne. Molti attivisti del clima vedono nella decrescita un mezzo per spostare la cosiddetta finestra di Overton (la gamma di opzioni politiche che una società considera legittime) per correggere gli eccessi del capitalismo sfrenato e adeguarlo a quelli che sono i limiti del pianeta. Come ha affermato l’attivista per il clima Greta Thunberg nel suo discorso al vertice delle Nazioni Unite per l’azione sul clima tenutosi a New York nel settembre 2019: “Siamo all’inizio di un’estinzione di massa, e tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica. Come vi permettete?”

(*) Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF

Il Gruppo Tematico è nato nel giugno 2015 allo scopo di affrontare il rapporto tra Decrescita ed Economia in modo sistematico, sia a livello microeconomico (proposte economiche in ambiti specifici) che a livello macroeconomico (definizione dei parametri che possono caratterizzare uno scenario economico con un impatto ecologico sostenibile).

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