Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di Non Una Di Meno Treviso e Centro Sociale Django scritto a seguito dell’emanazione di quattro articoli 1 (pericolosità sociale) recapitati dopo la contestazione rumorosa e colorata del presidio del Movimento per la Vita, contro la legge Zan del 26 luglio scorso in piazza Borsa a Treviso.
Cattolicesimo fondamentalista e repressione. Un binomio che in questi giorni porta il pensiero immediatamente ai vergognosi casi della colpevolizzazione di chi sceglie di abortire, vedi le croci con i nomi delle donne che hanno abortito a Roma e dall’altra l’infame carcerazione di Dana,attivista no TAV su cui si è scatenata una vera e propria persecuzione politica. A volte questo infelice binomio corre sul medesimo binario.
Succede a Treviso dove quattro attivis*, Gaia, Ettore, Mattia e Andrea hanno ricevuto l’avviso orale del questore a seguito della contestazione alla piazza dei movimenti cattolici integralisti che rivendicavano il diritto alla libertà di parola definendo liberticida il DL Zan contro l’omolesbobitransfobia. Descriviamo in breve i fatti per poi approfondire le considerazioni politiche. Il 22 luglio scorso alla notizia che anche a Treviso si sarebbe tenuto il presidio delle sigle che rivendicavano il diritto di discriminare le persone LGBTQIA+, un gruppo di attivist* di Non Una di Meno Treviso e del CS Django decidono di muoversi per disturbare la piazza dei fondamentalisti. Esprimendosi con libertà, il gruppo di attivist* munit* di megafono pentolame tamburi striscione e cartelli canta e scandisce cori a difesa del diritto dei corpi di autodeterminarsi, scegliendo con chi andare, come modificarlo, chi sentirsi. Evento decisamente rumoroso (tranquill* le loro litanie non era udibili) ma sicuramente non violento. Posto che a una presa di posizione violenta, discriminatoria, colpevolizzante come la loro, un presidio rumoroso era il minimo sindacale.
Il questore, su suggerimento della Digos locale,a fronte del reato imputato ai quattro attivist* di manifestazione non autorizzata(reato minore) emana un avviso orale con cui comunica che quest* sono soggetti socialmente pericolosi. Provvedimento ideato per disarticolare le organizzazioni criminali di stampo mafioso. Rivolto invece a persone a cui è imputata una contravvenzione di stampo evidentemente politico. Provvedimento all’interno del quale si fa riferimento alle scelte di vita ,alle frequentazioni delle persone, non alle loro responsabilità concrete. Il questore si riferisce a generici atti contro le norme inerenti alle riunioni pubbliche e contro il patrimonio. In sostanza occupazioni di edifici abbandonati per riqualificarli e ritornarli a un uso comune, manifestazioni e assemblee in piazza. Invece di verificare le responsabilità dell’imputat* nelle sedi preposte, si criminalizzano le sue scelte. Negli anni abbiamo già provato sulla nostra pelle questo tipo di atteggiamento, accumulando nel biennio 2012-2014 ben 13 fogli di via ad altrettante militant* del territorio. Misure preventive affatto giustificate dall’azione del collettivo.
Per difendere l’esistenza stessa di migranti, persone LGBTQIA+, precar*, per difendere il nostro territorio devastato e agonizzante abbiamo scelto una via conflittuale che a volte richiede il non rispetto delle leggi. Sappiamo a cosa andiamo incontro e lottiamo convinti del fatto che legittimità e legalità non siano sinonimi. Ma fare un processo alle intenzioni, utilizzare provvedimenti destinati a chi si macchia di colpe odiose come le organizzazioni mafiose è inaccettabile. Essere marchiati di pericolosità sociale per aver parlato a un megafono e aver disturbato l’adunanza piena di contenuti violenti di un manipolo di violenti invasati, è fuori da ogni logica sensata. Tentano in questo modo di spaventare e isolare chi si mobilita, ma siamo fort* di una collettività ampia e diversificata, che da tempo ha deciso di non lasciare indietro nessun*. Continueremo a difendere il diritto alla vita, quella degna.