L’8 ottobre arriva in libreria, pubblicato da Alegre, Quando qui sarà tornato il mare. Storie dal clima che ci attende, del collettivo Moira Dal Sito. Un «romanzo di racconti», scritto da una ventina di autrici e autori. È il risultato di un laboratorio su cambiamento climatico e scrittura collettiva coordinato da Wu Ming 1 nella biblioteca comunale di Ostellato, basso ferrarese, nel 2018-2019 (con una coda fin dentro il 2020).
Il laboratorio era parte del progetto transmediale di WM1 Blues per le terre nuove, progetto che durerà diversi anni.
Si tratta della prima uscita editoriale di Alegre dopo il furto con effrazione che ha rischiato di affossare la cooperativa… e la straordinaria manifestazione di affetto e solidarietà che le ha permesso di tirare un sospiro di sollievo e ripartire più forte di prima.
L’obiettivo del crowdfunding era diecimila euro in un mese. Ne sono arrivati ventimila in dieci giorni. Più di cinquecento persone hanno deciso di sostenere Alegre in questo modo, e noi le ringraziamo. Ricordiamo che la sottoscrizione resterà aperta ancora per una settimana.
A seguire:
■ il testo che appare sul risvolto di Quando qui sarà tornato il mare;
■ un frammento del testo introduttivo di Wu Ming 1;
■ il link per ordinare il libro sul sito dell’editore (ma chi può lo compri in una libreria indipendente).
Precisiamo che l’operazione è un benefit: curatore, autrici e autori devolveranno tutte le royalties ad associazioni e movimenti attivi sul fronte del disastro climatico.
In coda al post, e indipendente dal libro, un frammento wuminghiano, una «considerazione inattuale» su quanto avviene in questi giorni.
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Il grande delta del Po, coi suoi rami vivi e quelli morti. La bassa padana più bassa che c’è: una vasta conca tra Ferrara, Rovigo e la costa, terre strappate alle acque in secoli di bonifiche. Un paesaggio artificiale in equilibrio precario.
Oggi il clima cambia e sconvolge quell’equilibrio. L’Adriatico si alza, spinge, vuole l’entroterra. In pochi decenni, quella zona d’Italia sarà sott’acqua.
Quando qui sarà tornato il mare è l’esito di un esperimento di scrittura collettiva condotto da Wu Ming 1 nel basso ferrarese. Lo scopo era immaginare il mondo sommerso di fine secolo e ambientarvi storie create con vari metodi. Ne è nata l’epopea di un mondo ancora e sempre in bilico, tra fatalismi e ritorni all’utopia, miti antichi e sogni di futuro. Un mondo di isole creole, afropadane, dove si parlano pidgin e nuovi dialetti.
Nel testo d’apertura Wu Ming 1 racconta storia, conflitti e peculiarità del basso ferrarese, riflette sul ruolo dello scrittore nel clima che cambia, racconta l’esperienza del laboratorio e annuncia il progetto Blues per le terre nuove, di cui questo libro è già parte.
Sapere che un territorio sparirà fa vedere i fantasmi. Nella zona del delta, sono fantasmi di paludi prosciugate, di alvei abbandonati dai loro fiumi, di poderi un tempo floridi e oggi ridotti a polvere. Cos’è questa terra che sentiamo sotto i piedi? Questo paesaggio che davamo per scontato e che presto non ci sarà più?
Di fronte al disastro climatico la letteratura può aiutarci a forzare l’immaginazione. E prepararci all’incontro coi fantasmi.
«Cosa possono fare gli scrittori di fronte a un processo che si svolge su una scala così vasta, immane, inabbracciabile? Come possono raccontare il disastro climatico in una chiave che non sia soltanto quella «postcatastrofica»?
Forse possono cantare la mappa. Scegliere un territorio e raccontare com’era, com’è e come sta per diventare.
Oggi gran parte del pianeta è in bilico tra acqua e terra e sull’orlo della catastrofe. Il basso ferrarese lo è sempre stato. Questo mondo di confine è sempre stato estremo. Ed è un estremo avamposto».
Moira Dal Sito è un collettivo nato da un laboratorio su cambiamento climatico e scrittura collettiva condotto da Wu Ming 1 nel basso ferrarese, nell’ambito del suo progetto transmediale Blues per le terre nuove. Il nome omaggia in forma di anagramma lo scrittore Mario Soldati, che molto frequentò le terre del delta del Po e al quale è intitolata la biblioteca comunale di Ostellato, che ha ospitato il laboratorio nel biennio 2018-2019.
Wu Ming 1 fa parte del collettivo di narratori Wu Ming, autori dei romanzi Q, 54, Manituana, Altai, L’Armata dei sonnambuli, L’invisibile ovunque e Proletkult, usciti per Einaudi a partire dal 1999. Come solista è autore di vari saggi e romanzi, tra cui La macchina del vento (Einaudi, 2019). Per le edizioni Alegre dirige la collana Quinto Tipo dedicata a narrazioni ibride e non-fiction creativa, e nell’autunno 2020 pubblicherà il saggio sul cospirazionismo La Q di qomplotto.
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Dal testo introduttivo di Wu Ming 1:
[…] Non è che non se ne parli: ogni «evento estremo» fa notizia, e ogni estate escono articoli dedicati al cuneo salino. Gli agricoltori chiedono aiuto alla politica e si progettano soluzioni, si stanziano fondi per «barriere antisale». Anche l’industria balneare chiede aiuto, e si parla di paratie mobili di fronte alla riviera – veri e propri «mini-MOSE», per «tutelare il turismo». È comprensibile che chi vede la propria esistenza minacciata a breve termine dagli effetti del global warming cerchi di agire sugli effetti. Ma barriere e paratie sono al massimo rattoppi. Mitigheranno per un po’ le conseguenze, senza aggredire alcuna causa. Quel che sta accadendo segnala che gli attuali modelli sono insostenibili e obsoleti. Lo erano già prima del Covid19.
Eppure si pensa di poter andare avanti col pilota automatico, e si progettano grandi opere come la nuova autostrada Orte-Mestre – «Nuova Romea commerciale» – senza tener conto del contesto in cui andranno a trovarsi.
Tornando al punto: le varie questioni restano separate. Si fatica a capire che cementificazione delle coste, cuneo salino, mareggiate e grandi opere inutili sono facce di un unico problema.
Prima ancora degli interessi in gioco – che pure contano parecchio – a farci separare i problemi è la logica stessa dell’informazione, a sua volta modellata sui nostri pregiudizi cognitivi, sulla nostra psicologia dell’attenzione. La nostra mente, per come si è evoluta, dà più importanza ai pericoli immediati, alle «emergenze» […]
La pandemia Sars-Cov-2 ha aggravato la situazione, imponendoci svariati passi indietro. Si veniva da due anni di mobilitazione planetaria, dalla discesa in campo delle nuove generazioni grazie a movimenti come Fridays For Future ed Extinction Rebellion. Sembrava che finalmente il clima fosse all’ordine del giorno, e poi… Puff!
Eppure il clima c’entra. I processi di zoonosi che hanno scatenato le recenti pandemie sono conseguenze dell’aggressione sistematica agli ecosistemi. Ma non è questo il focus del dibattito. Come di fronte all’avanzare del mare si riescono a immaginare solo paratie e barriere, di fronte alle pandemie non si va oltre le discussioni sulla mascherina. Le mascherine sono i nostri micro-MOSE personali, intanto fermiamo la mareggiata, poi si vedrà. Ok, ma le cause?
È così che una pandemia reale diventa una narrazione diversiva. All’ombra della quale, la situazione peggiora.
Pensiamo alla plastica. Subito prima dell’emergenza, alla buon’ora, il tema sembrava entrato nell’agenda: dibattiti sui fiumi e i mari – e i corpi dei pesci – zeppi di plastica, scontri politici sulla Plastic Tax, l’industria del packaging costretta a ragionare su come riconvertirsi… Poi la plastica ha riempito le nostre vite come mai prima: miliardi e miliardi di paia di guanti, di flaconi di amuchina e altri disinfettanti, di sacchetti di plastica nei supermercati, di piatti e posate usa-e-getta in bar e trattorie, di vaschette di cibo da asporto. Ai primi di aprile del 2020 un dirigente di Bibo Italia, tra i maggiori produttori di plastica del Paese, dichiarava al Corriere della Sera:
«Ieri ci chiedevano di spegnere le linee dei polimeri, oggi tutti ci chiedono la plastica monouso per piatti e bicchierini».
Ancora una volta: il clima, le pandemie, l’invasione della plastica… Sono tutti aspetti del medesimo problema. Ma you gotta keep them separated.
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Prima o poi finirà la sbornia “millenarista” sul Covid, come è finita ogni sbornia di tal genere. Passati i postumi, raccoglieremo da terra i frantumi della nostra psiche, e ci guarderemo intorno.
Chi getterà uno sguardo retrospettivo su questa fase della nostra civiltà – magari un novello Arthur Miller intento a scrivere il suo The Crucible – resterà sbigottito.
Sbigottito, per il miope e dannoso virocentrismo dell’informazione e di ogni discorso sulla pandemia;
per l’allucinogeno martellamento quotidiano di numeri privi di contesto, contemplati come fossero permutazioni della Qabbalah;
per gli errori cognitivi a catena, gli attacchi di panico, le mosse irrazionali, puramente apotropaiche (tra le quali non temiamo di mettere l’obbligo indiscriminato di mascherina all’aperto) o del tutto inutili (la chiusura dei locali alle 23);
per l’evidente complementarità di narrazioni tossiche di segno opposto:
– Negazionista! Complottista! Te ne fotti dei morti!
– Covidiota! Pecora! Fai il gioco di Bill Gates!
Soprattutto, ai posteri apparirà brevimirante l’ossessivo concentrarsi sul sintomo (la pandemia) senza curarsi di guarire dal male (un modo di produzione che distrugge gli ecosistemi e sconvolge il clima), anzi, rinnovando l’impegno ad aggravare ll male.
Esortiamo, ancora una volta, a non tenere lo sguardo basso. È difficile, è improbo, è impopolare, ma va fatto.
Wu Ming
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