Condividiamo con i nostri lettori questo interessante intervento di Manlio Dinucci, comparso su Il Manifesto, nella rubrica tenuta dal giornalista e attivista per la pace.
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Mentre la «crisi del Coronavirus» continua a provocare anche in Italia devastanti conseguenze socioeconomiche, una parte ingente del «Fondo per la ripresa» viene destinata non ai settori economici e sociali più colpiti, ma ai più avanzati settori dell’industria bellica.
In base al Recovery Fund l’Italia dovrebbe ricevere nei prossimi sei anni 209 miliardi di euro, di cui circa 81 come sovvenzioni e 128 come prestiti da rimborsare con gli interessi.
Nell’attesa, i Ministeri della Difesa e dello Sviluppo Economico hanno presentato un elenco di progetti di carattere militare per l’ammontare di circa 30 miliardi di euro (Analisi Difesa, Fondi anche per la Difesa dal Recovery Fund, 25-09-2020).
I progetti del Ministero della Difesa prevedono di spendere 5 miliardi di euro del Recovery Fund per applicazioni militari nei settori della cibernetica, delle comunicazioni, dello spazio e dell’intelligenza artificiale.
Rilevanti i progetti relativi all’uso militare del 5G, in particolare nello spazio con una costellazione di 36 satelliti ed altre. I progetti del Ministero dello Sviluppo Economico, relativi soprattutto al settore militare aerospaziale, prevedono una spesa di 25 miliardi di euro del Recovery Fund.
Il Ministero intende investire in un caccia di sesta generazione (dopo l’F-35 considerato di quinta generazione), il Tempest, denominato «l’aereo del futuro».
Altri investimenti riguardano la produzione di elicotteri/convertiplani militari di nuova generazione, in grado di decollare e atterrare verticalmente e volare ad alta velocità. Si investirà allo stesso tempo in droni e unità navali di nuova generazione, e in tecnologie sottomarine avanzate. Grossi investimenti si prevedono anche nel settore delle tecnologie spaziali e satellitari.
Diverse di queste tecnologie, tra cui i sistemi di comunicazione in 5G, saranno a duplice uso militare e civile. Poiché alcuni dei progetti di carattere militare presentati dai due dicasteri si sovrappongono, il Ministero dello Sviluppo Economico ha redatto un nuovo elenco che permetterebbe di ridurre la propria spesa a 12,5 miliardi di euro.
Resta comunque il fatto che si sta programmando di spendere a fini militari tra 17,5 e 30 miliardi di euro tratti dal Recovery Fund, che vanno rimborsati con gli interessi.
Oltre a questi vi sono più di 35 miliardi stanziati a fini militari dai governi italiani per il periodo 2017-2034, in gran parte nel bilancio del Ministero dello Sviluppo Economico. Essi si aggiungono al bilancio del Ministero della Difesa, portando la spesa militare italiana a oltre 26 miliardi annui, equivalenti a una media di oltre 70 milioni di euro al giorno, in denaro pubblico sottratto alle spese sociali.
Cifra che l’Italia si è impegnata nella Nato ad aumentare a una media di circa 100 milioni di euro al giorno, come richiedono gli Stati uniti. Lo stanziamento a tal fine di una ingente parte del Recovery Fund permetterà all’Italia di raggiungere tale livello.
In prima fila, tra le industrie belliche che premono sul governo perché aumenti la fetta militare del Recovery Fund, c’è la Leonardo, di cui il Ministero dello Sviluppo Economico possiede il 30% dell’azionariato.
La Leonardo è integrata nel gigantesco complesso militare-industriale Usa capeggiato dalla Lockheed Martin, costruttrice dell’F-35 alla cui produzione partecipa la stessa Leonardo con l’impianto di Cameri.
La Leonardo si autodefinisce «protagonista globale nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza», con la missione di «proteggere i cittadini». Dimostra come intende farlo usando la sua influenza e il suo potere per sottrarre ai cittadini risorse vitali dal «Fondo per la ripresa», per una ulteriore accelerazione nella «ripresa» dell’industria bellica.
Risorse che saremo sempre noi a pagare. maggiorate dagli interessi. Pagheremo così «l’aereo del futuro», che ci proteggerà assicurandoci un futuro di guerra.