di Zory Petzova, ComeDonChisciotte.org
La pressante campagna vaccinale anti-covid esula dal tentativo di sfondare l’opinione pubblica per realizzare senza resistenza un trattamento sanitario su larga scala, in quanto essa investe l’impellente necessità di mandare avanti il programma delle nuove bio-tecnologie applicate alla salute, su quali la ricerca e le case farmaceutiche hanno investito enormi aspettative non solo in termini di profitto, ma anche di controllo digitale della sanità, e quindi della popolazione.
La bio-scienza occidentale è oramai lontana dalla formula classica del vaccino, quella che lo definisce “un preparato fatto con un patogeno attenuato, inattivo o ucciso, o una parte della sua struttura, utile a stimolare nell’organismo ospite anti corpi oppure immunità cellulare senza causare una grave infezione”, essendo poi passata dai vaccini fatti con antigeni purificati, antigeni ricombinati, peptidi sintetici, per approdare agli ultimi vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna, definiti rivoluzionari.
Cosa è esattamente un vaccino a mRNA? Esso contiene un’unità di informazione (messaggero) di acido ribonucleico che stimola la cellula ospite a produrre in fase di duplicazione una proteina secondo la sequenza nucleotidica impostata nel ‘messaggio’. Nel caso di sars-cov-2 questa è la sequenza della glicoproteina Spike (S) specifica per la virulenza del patogeno in questione, che potrà essere riconosciuto dal nostro sistema immunitario che provocherà una risposta immunitaria, stimolando la produzione di anti corpi e linfociti B e T che distruggeranno le cellule infette. In questo modo l’immunità sarà garantita senza che l’organismo sia infetto. Ma iniettare una sequenza di mRNA in modo che attraversi la membrana della cellula e entri in essa senza disintegrarsi non è così facile, per cui ci vuole un sistema di trasporto che garantisca l’integrità del materiale nucleico, e questa struttura è offerta da nano particelle artificiali. Nel caso del vaccino Pfizer le nano particelle sono lipidiche, in quanto tale consistenza è sufficiente perché esse possano entrare nel citoplasma, ma è sottinteso che laddove farmaci o futuri vaccini dovessero avere un obbiettivo più mirato (come colpire il nucleo della cellula, per esempio), le nano particelle sarebbero di un materiale molto più affidabile: esse possono essere polimeriche, metalliche, magnetiche, di alluminio, di oro, di cristalli e cv.
Facendo una rassegna storica, possiamo dire che, per quanto rappresentano un settore sempre più grande della farmacologia (nonché il più proficuo), non sarebbe un’ingiuria dire che i vaccini hanno poco a che vedere con la salute, anzi- questa è un’evidenza sempre più consolidata. Se dobbiamo esaminare le epidemie degli ultimi 70 anni, a partire dall’influenza asiatica del 1957, che ebbe 2 milioni di morti, proseguendo con l’influenza di HongKong del 1968 con un milione di morti, per continuare con la Sars del 2002 con circa 800 decessi, arrivando all’influenza suina del 2009 (con 18 450 decessi) e alla Mers del 2012 (322 decessi), possiamo constatare che le epidemie dimostrano la tendenza di creare sempre meno vittime, e inoltre – si estinguono tutte in modo spontaneo, facendo il loro percorso con la classica curva di virulenza/mortalità di una durata approssimativa di un anno, per poi o rimanere ai margini della casistica, o scomparire del tutto.
Possiamo però suppore che, nel caso in cui ci fossero stati dei vaccini tempestivi per la Sars o per la Mers, la scomparsa delle rispettive epidemie sarebbe stata attribuita ai vaccini, e non a un naturale decorso, ma fortunatamente così non è stato, altrimenti forse avremmo avuto l’obbligo di vaccinarci contro queste malattie tutt’oggi. Ciò non vuol dire che non ci sia stata una forte intenzionalità da parte della ricerca scientifica cinese di creare il vaccino anti-sars, ma stranamente la sua sperimentazione si è rivelata pericolosa, con inaspettati effetti collaterali, tanto da essere stata vietata ogni ulteriore ricerca in questo campo.
Non possiamo dire che abbia funzionato nemmeno il classico vaccino anti-influenzale, creato nel 2005, un vaccino trivalente per i ceppi A,B e C, il quale, data l’elevata variabilità dei ceppi virali, deve essere adattato ogni anno e riproposto ogni volta con le solite campagne di persuasione, che convincono sempre meno adepti, per una serie di motivi, fra cui l’effetto infiammatorio e l’indebolimento del sistema immunitario nei confronti di altri virus, come è successo con l’ultimo arrivato sars-cov-2. Ma forse la cura miracolosa dell’influenza è stata proprio l’insorgere della nuova epidemia che ha sovrastato i virus influenzali, facendo letteralmente sparire i casi di influenza dalle statistiche della ISS. Con buona pace per i vaccini anti-influenzali, che nel frattempo sono diventati introvabili, perfino sull’insistenza delle aziende sanitarie.
Senza dover tirare in ballo l’enorme tema dei danni da vaccino, costituito da centinaia di studi e prove scientifiche, nonché da poderosa documentazione giuridica, possiamo solo annotare brevemente che in tema di vaccinazione esiste il revisionismo storico della stessa prassi vaccinale, una riconsiderazione oggettiva dei dati statistici degli ultimi 120 anni, da quali dati e rispettivi grafici risulta evidente che tutte le epidemie e malattie infettive stavano registrando un costante calo e tendenza di estinzione prima ancora dell’introduzione dei rispettivi vaccini, per cui la conclusione degli studi in matteria è che le malattie infettive sono state vinte grazie al miglioramento delle condizioni generali di alimentazione, scolarizzazione, medicina generale e igiene, e non grazie ai vaccini. Anzi, nell’accanimento di sradicare alcune malattie infettive, come il poliomelite e il morbillo, queste ultime continuano a persistere quasi esclusivamente nella forma derivata dal vaccino, oltre ad aver creato incommensurabili danni collaterali alla salute infantile, che superano drammaticamente gli eventuali benefici.(1)
A questo punto la domanda è: perché tutta questa insistenza da parte di governi e organismi sovranazionali, come la Commissione europea e l’OMS, a rilegare il superamento dell’emergenza Covid esclusivamente alla condizione di una vaccinazione di massa? Ignorando non solo i precedenti storici e l’abbondante letteratura scientifica, ma anche i rischi del vaccino che complessivamente possono superare i rischi della naturale esposizione al patogeno che si vuole contrastare. Per non parlare poi dell’insabbiamento di tutte le cure (anche innovative) e protocolli collaudati che renderebbero l’attuale epidemia molto meno pericolosa di come presentata, oltre che affrontabile a un costo finanziario infinitamente minore.
La risposta è che non bisogna cercare alcuna ragionevole risposta, perché questo vaccino non è comparabile ad alcun altro presidio medico: è il primo vaccino di una nuova generazione, con cui si vuole inaugurare l’apertura della fase dell’applicazione delle nanotecnologie su larga scala. Lo scopo di questo vaccino non è tanto l’immunità da un virus (non pericoloso per il 90 % della popolazione), quanto creare le basi della piattaforma mondiale di monitoraggio del nostro stato di salute in caso di una infezione, status che sarà diviso in 4 categorie: sano, infetto, asintomatico e in fase di recupero. Se questo vaccino è solo una prova generale, il ‘vaccino’ della prossima epidemia avrà la funzione di inviare i segnali di alterazione cellulare ai programmi digitali preposti, in base ai quali sarà decisa la partecipazione individuale alla vita sociale. Ma il nano-vaccino sarà pienamente funzionale nel momento in cui saremo connessi a una applicazione di monitoraggio, che sarà possibile grazie alla rete 5G, che serve proprio per connettersi con le cose infinitamente piccole, come le nano particelle. Ma possiamo essere sicuri che tale monitoraggio non sia già predisposto con l’ultimo vaccino Pfizer, vista la misteriosa non reperibilità dei suoi paper scientifici?
Sappiamo che fin ora è stato sempre il personale militare degli Stati Uniti il primo soggetto delle sperimentazioni delle varie nanotecnologie per l’ottimizzazione della salute e la diagnosi precoce, che ha come sovraintendente la DARPA e i suoi progetti di creare super soldati. La premessa dei programmi basati sulla nanotecnologia è che ci sono sfide irrisolte, come la malaria, la tubercolosi, Hiv ed ebola, che richiedono vaccini ‘intelligenti’ di design adiuvante che guideranno la risposta immunitaria, indirizzando i composti adiuvanti ai tessuti linfoidi e gli immunomodulatori alle cellule immunitarie durante l’infezione. La promozione dei vaccini di nuova generazione sostiene che essi sono potenziati nel contrastare l’infezione, efficienti e sicuri. (2)
In ambienti militari è già una prassi la rete di monitoraggio in tempo reale attraverso bio-marcatori, come il monitorare dei livelli di ossigeno, insulina, frequenza cardiaca e cv. Ma tale monitoraggio richiede non solo nanotecnologie e sensori bio-integrati, bensì essere connessi via Gps. E benché tale tecnologie possono essere considerate potenzialmente anche salvavita, esse implicherebbero uno stato di sorveglianza costante, senza possibilità di interruzione volontaria del monitoraggio. Ma le premesse di voler salvare la vita di tutti i monitorati sarebbe valida anche per la popolazione comune? O forse la domanda più pertinente sarebbe: ci sarà almeno il consenso informato e non forzato al monitoraggio della salute, per i comuni cittadini?
Con l’ultimo vaccino Pfizer, ci è stato un cambiamento sostanziale nella scelta del target del prodotto: mentre di regola vaccini e farmaci vengono indirizzati alle fasce più esposte al rischio, che nel caso del Covid sarebbero gli adulti e le persone con malattie pregresse, la campagna attuale cerca di reclutare fra i propri testimoni i giovani nella fascia d’età fra 12-17 anni, nonostante essi siano i meno esposti al rischio della malattia in questione. Il motivo di questo è intuibile – sarebbe un controsenso vaccinare solo gli adulti o persone con aspettativa di vita limitata, quando quello che effettivamente interessa è non solo garantire l’osservazione degli effetti a lungo termine su un prodotto strutturalmente nuovo, ma creare il nuovo esercito civile di individui ‘diversamente sani’, una specie di gruppo d’assalto per lanciare il nuovo paradigma sanitario.
Così accade che negli USA, Pfizer entra negli ospedali per i bambini, cercando di convincere medici ed esperti ad elaborare startegie con cui reclutare dei volontari. In questo modo, contando sulla comunicazione persuasiva e l’induzione della paura, Pfizer e l’Ospedale di Cincinnati riescono a convincere migliaia di famiglie di vaccinare i loro figli, un target da campione pediatrico, per poi ampliare il piano includendo bambini più piccoli e neonati. L’affermazione che viene usata per persuadere le famiglie è che in questo modo i bambini vaccinati saranno in grado di proteggere “indirettamente” i loro genitori, nonni, insegnanti e allenatori. Tutto ciò fortemente incentivato come atto di grande altruismo, anzi- come atto di eroismo nel servizio pubblico.(3)
E’ difficile giudicare la prontezza di tanti genitori a prestare i propri figli alla sperimentazione bio-tecnologica, ma il fatto più preoccupante è che sono proprio i pediatri (American Academy of Pediatrics) a sostenere l’inclusione immediata dei bambini negli studi sui vaccini, non tenendo alcun conto del fatto che tanti adulti, che hanno partecipato alla fase 3 del vaccino Pfizer, hanno riferito di aver avvertito febbre alta, mal di testa martellanti, forti dolori muscolari, stanchezza e tremori abbastanza intensi da rompere i denti. (3)
Sia Pfizer (in società con la BioNtech tedesca) che la Moderna elaborano la loro comunicazione mediatica in modo da dissipare le legittime preoccupazioni di esperti e cittadini, ripetendo che il vaccino è sicuro, e giustificando la propria fretta con il fatto dell’urgenza sanitaria. Mancano però risultati presentati in modo sistematico, con analisi statistiche precise e con gli intervalli da protocollo, nonché analisi degli effetti avversi per gruppo di età e sesso, essendo già conosciuto l’effetto delle nanoparticelle come componente infiammatoria che può causare reazioni imprevedibili e pericolose; così come mancano le stime sulla durata dell’immunizzazione, l’effetto sulla trasmissibilità del patogeno, la compatibilità o meno del vaccino con malattie atipiche e c.v. Fa aumentare il leggittimo sospetto il fatto che, allo stesso tempo, le case farmaceutiche si premoniscono, ammettendo che ci vogliano mesi e persino anni di follow-up per accertare in modo significativo la sicurezza dei nuovi vaccini. Ma allora chi pagherà i danni? E quale governo può essere così forsennato da esporre la popolazione a tale rischio di massa?
Ma c’è un altro fatto che ‘azzoppa’ in modo definitivo i vaccini biotecnologici occidentali: sono il vaccino russo e il vaccino cinese, che hanno già conquistato una buona quota del mercato mondiale. Sono vaccini fatti alla vecchia maniera, con dei virus ‘veri’ inattivati, isolati da pazienti o coltivati in laboratorio, con gli effetti avversi per nulla diversi da quelli già noti per le comuni vaccinazioni. Non introducono alcun principio di azione completamente nuovo e basato su particelle artificiali, e i vettori fatti da adenovirus non sono coltivati su linee cellulari ottenute da aborto umano e portatrici di particolari difetti genetici. Quindi, se vogliamo, sono anche dei vaccini etici.
I vaccini ‘occidentali’ hanno voluto surclassare la concorrenza, evitando la coltivazione del virus, e usando la conoscenza del suo Rna, ma i suoi promotori non sono in grado di spiegare in quali cellule andrà il Rna messagero, e cosa ne succederà in caso di mancato allarme. E quindi a quale utilità sarà funzionale? E con quale motivazione dovremmo vaccinarci, se ci sono già i segnali che anche questa epidemia svanirà come quelle precedenti? E a cosa servirà tutto questo enorme investimento di spesa sanitaria, di sangue e sudore, visto che il vaccino è specifico, e non ha un’utilità universale per garantire protezione anche per le future “pericolose epidemie virali”.
Al netto di qualche messaggio persuasivo/minaccioso di obbligatorietà vaccinale (e di enorme stupidità anticostituzionale), promosso da esponenti di alcune forze politiche e del mondo dello spettacolo, si fa sempre più evidente la retrocessione da parte di esponenti della comunità scientifica dalla convinzione nell’opportunità vaccinale. A differenza di alcuni politici di dubbia sanità mentale, gli esperti medico-sanitari devono fare il conto fra A (effetti per la salute) e B (effetti avversi alla salute e alla vita), per cui nell’attuale circonstanza non possono far finta di ignorare un’equazione pericolosamente sbilanciata. Ci sono segnali di incertezza, e forse di paura, o forse finalmente di presa di coscienza. Il che fa sperare che anche quest’ultima fatica scientifica delle solite note case farmaceutiche sarà un bluff, un clamoroso fallimento di intenti, sulla spesa degli Stati, purtroppo, come accaduto per il vaccino anti-aviaria nel 2006, dove enormi stoccaggi sono rimasti inutilizzati.
Ma il colpo invalidante più radicale a questo vaccino lo dà proprio il dottor Mike Yeadon, ex vicepresidente e capo scientifico di Pfizer (quando si dice che la migliore critica viene sempre dall’interno) che letteralmente dichiara: «Non c’è assolutamente bisogno di vaccini per estinguere la pandemia. Non ho mai sentito parlare di vaccini in modo così assurdo. Non si può pianificare di vaccinare milioni di persone sane e in forma con un vaccino che non è stato testato a lungo su soggetti umani. Questo lo so dopo trent’anni nell’industria farmaceutica. Qualsiasi proposta di vaccinazione universale non solo è completamente inutile ma, se fatta usando qualsiasi tipo di coercizione, è illegale».
Ogni regime di coercizione prima o poi crolla per la sua propria insostenibilità, ma i promotori politici e tecnici della coercizione, che ‘moralmente’ si meritano tutti i vaccini rimasti inutilizzati, devono essere denunciati e sottoposti alla giustizia.
29 novembre 2020
(2) = http://isn.mit.edu/project-16-empowering-future-vaccines-immunotherapies-nanotech-based-adjuvants