Dall’ottobre del 2019 attiviste e attivisti hanno occupato Dannenröder Forst, una foresta di latifoglie che si trova in Assia, nel cuore della Germania, e la cui esistenza è minacciata dai lavori di estensione della A 49, autostrada che oggi collega lo snodo industriale di Kassel con Neuental e che dovrebbe proseguire verso Homberg (Ohm), al centro del Land. Negli ultimi mesi è aumentata la pressione della polizia per sgomberare la foresta, ma sono anche aumentate le mobilitazioni, che si inseriscono nel panorama di lotte climatiche portate avanti in Germania da Ende Gelände. Proprio il 12 dicembre, nella giornata di mobilitazione globale a 5 anni dagli Accordi di Parigi, è prevista a Danni un’altra giornata di protesta. Per comprendere a fondo questa battaglia abbiamo intervistato un attivista, che dall’inizio del 2020 è tra i protagonisti della resistenza di Danni. Intervista e traduzione di Anna Viero.
Da quanto tempo partecipi in prima persona all’occupazione della foresta di Dannenröd e alla lotta contro la costruzione dell’autostrada A49? Puoi descriverci brevemente gli avvenimenti più recenti?
La prima volta che sono andato nella foresta è stato verso gennaio del 2020: c’erano solo un paio di case sugli alberi e qualche persona in una foresta bellissima e silenziosa. Ho continuato a tornarci portando del cibo, materiali da costruzione e vestiti, e ho iniziato a fermarmi per qualche giorno. Ero lì durante le prime due settimane dello sgombero, ma poi sono dovuto tornare a casa per un po’ perché non ero più in grado di entrare nella foresta: era troppo doloroso vedere la violenza e i posti in cui avevo vissuto venire distrutti.
Una volta a casa non riuscivo a pensare ad altro: ero sempre in contatto con la gente nella foresta, controllavo continuamente i social, non riuscivo a dormire, a riposarmi, quindi sono tornato. Quando non riuscivo a entrare nella foresta ho dato una mano con la comunicazione e la stampa. Negli ultimi giorni la violenza della polizia si è intensificata e la situazione è degenerata, ma le proteste erano più intense che mai, la gente non vuole arrendersi.
Nel weekend sono stati in centinaia gli attivisti e le attiviste ad arrivare nella foresta per occupare, disobbedire, costruire e dare il cambio alle persone nelle case sugli alberi; sono state organizzate delle manifestazioni. Lo sgombero e il taglio degli alberi sono andati avanti senza sosta e le persone sono completamente distrutte e traumatizzate dalla violenza e dallo stress emotivo che provano nel vedere le loro case distrutte, i loro amici e amiche picchiate e arrestate.
Dalla settimana scorsa, con la neve e le temperature sottozero, le condizioni sono peggiorate. Oggi (lunedì 7 dicembre ndr) l’ultimo quartiere rimasto, l’“Oben” è un’altra volta sotto attacco. Proprio ora, che è ormai mezzanotte, le ultime tre case sugli alberi rimaste in piedi sono circondate da una recinzione, le persone sugli alberi si sono rinchiuse dentro senza sacchi a pelo, protezioni per la pioggia, la neve e il freddo e a terra c’è la polizia con i cani. Le persone che ci sostengono sono molto preoccupate su come attivisti e attiviste supereranno questa notte: il freddo e la stanchezza non ti permettono di arrampicarti come si deve e rimanere in cima agli alberi. La desolazione è impensabile. La devastazione è totale. Ovunque ci sono immagini terribili di antichi alberi morenti e persone traumatizzate. É straziante. Ma siamo grati e grate per tutto il sostegno, l’aiuto e i messaggi di solidarietà. E a prescindere da tutto la lotta continua: questa autostrada non verrà costruita!
Raccontaci degli interventi della polizia: che scontri diretti ci sono stati? Come è stato organizzato lo sgombero? Quanti sono gli attivisti e attiviste ferite?
Lo sgombero non era esattamente organizzato: la polizia non ha nessuna esperienza nello sgomberare persone dagli alberi e ha agito in modo pericoloso fin dall’inizio. Tagliavano alberi vicini a coloro che stavano nelle case sugli alberi e nelle altre strutture, tagliavano funi. Gli attiviste e le attiviste hanno iniziato a temere per le loro vite e hanno sentito il bisogno di pubblicare dei disegni che descrivessero le loro strutture. Mandavano messaggi alla polizia implorandola di leggerli, di ascoltare le loro urla e di prestare attenzione ai cartelli con su scritto: “Non tagliare. Pericolo caduta essere umano” prima di tagliare qualsiasi cosa. Perfino le persone dai villaggi vicini e quelle arrivate nel weekend per le marce di protesta erano sconvolte dal modo in cui la polizia agiva e trattava gli attivisti e le attiviste. La gente è stata trascinata a terra, spinta e picchiata. Hanno usato spray al peperoncino e cannoni ad acqua. Ma in questo modo sono tante le persone “normali” che ci hanno sostenuto, che hanno fatto sentire la propria voce e si sono rese conto del perché abbiamo qualcosa contro la polizia. Si sono rese conto della violenza e ora il dibattito sulla violenza della polizia è accesissimo.
Probabilmente non si possono contare gli attivisti e le attiviste ferite. Penso che nessuno di noi lascerà questa foresta senza alcuna ferita – mentale e/o fisica che sia. Siamo tutti e tutte traumatizzate, molta gente ha lividi e tagli, almeno due persone sono state ricoverate per un paio di giorni a causa di gravi infortuni alla schiena e/o commozioni.
Ora che anche l’ultimo pezzo di bosco occupato da attivisti e attiviste è stato sgomberato dalla polizia come pensate di continuare con la protesta e l’opposizione al progetto autostradale? Come vi state organizzando?
Al momento siamo tutti e tutte stanche e scioccate dagli avvenimenti degli ultimi giorni. Ma si sta già iniziando a incontrarsi per capire come mantenere vivo il campo durante l’inverno. Si sta pensando a strutture che ci consentano di rimanere: tende con il riscaldamento, stanze nei paesi vicini e così via. C’è addirittura chi pensa a nuove case sugli alberi lungo la strada. Ma una cosa è certa: la protesta deve e andrà avanti per bloccare la costruzione di questa autostrada. Ci saranno ulteriori occupazioni e altre forme di protesta nel cantiere. Abbiamo altri quattro anni per assicurarci che nessuna automobile passerà mai per questa autostrada. Inoltre, le proteste contro la costruzione della A49 rappresentano solo l’inizio della lotta al capitalismo: in Germania ogni progetto autostradale sarà seguito da proteste di massa. Non abbiamo bisogno di nuove strade. Non abbiamo bisogno di altre automobili. Abbiamo bisogno di una svolta nella viabilità. E questo è solo l’inizio! I movimenti climatici si sono riuniti: lottando e continuando a lottare contro il carbone sconfiggeremo il capitalismo.
Sono stati tanti gli appelli a partecipare all’occupazione in prima persona, ma in questo momento di crisi sanitaria come possiamo dare il nostro contributo e farvi sentire il nostro sostegno anche da distante, dall’Italia?
Se non potete venire nella foresta o partecipare alle nostre azioni di disobbedienza civile, potete comunque sostenerci con piccole azioni locali nella vostra città. Potete parlare di Danni per esempio, oppure trovare una foresta in pericolo nella vostra zona e lottare per salvarla, appendere poster di solidarietà, inviare messaggi ad attivisti e attiviste, far sentire la vostra presenza, fare donazioni se possibile, pubblicare informazioni tramite i vostri account social, dare voce a quelle persone che lottano, seguire gli account di Danni e condividerli. Abbiamo bisogno che “il mondo” ci veda e ci ascolti, perciò abbiamo bisogno del contributo di tutti e tutte.
Ogni aiuto è ben accetto e siamo grati e grate di ogni tipo di sostegno!
Aggiornamento 08/12: la polizia ha sgomberato anche l’ultimo quartiere e tagliato gli ultimi alberi rimasti.