No all’obbligo di legge, sì a una maggiore trasparenza, con necessaria garanzia di assenza di conflitti di interesse, e sì a un confronto anche con chi esprime pareri critici, oltre all’opportunità da cogliere per uno studio clinici che metta a confronto vaccinati e non vaccinati: è in sintesi il messaggio della Rete Sostenibilità e Salute, costituita da associazioni di medici e operatori sanitari, sui vaccini per il Covid di cui anche in Italia sta iniziando la somministrazione.
«Un clima di fiducia e collaborazione sarà possibile se le istituzioni baseranno le decisioni di salute pubblica su trasparenza, assenza di conflitti di interessi, vigilanza post-vaccinale capillare, efficace e attendibile, precedute da un’ampia disponibilità al confronto anche con chi esprime critiche e avanza proposte in modo scientificamente motivato» si legge nel comunicato della Rete.
«I nuovi vaccini hanno/avranno un’autorizzazione al commercio in procedura d’emergenza. Lo hanno fatto la FDA (Food and Drug Administration) negli USA e l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) in Europa. Solo in seguito vi sarà l’approvazione di EMA e FDA. Rispetto agli standard dei vecchi vaccini, le sperimentazioni per i vaccini antiCovid-19 si sono svolte con tempi molto brevi».
«L’EMA ha ridotto di 10 volte i tempi generali di istruttoria (…) e ha dato una ‘autorizzazione condizionata’ per un anno», consentita anche se i dati scientifici presentati sono incompleti, «purché i produttori li forniscano in seguito e si impegnino a una ‘farmacovigilanza’. L’EMA ha per altro criticato l’MHRA (Agenzia regolatoria del Regno Unito) per la velocizzazione eccessiva della procedura impiegata per autorizzare l’uso su larga scala del vaccino» prosegue la nota.
«Ad oggi, decine di candidati vaccini COVID-19 sono in fase di sviluppo clinico e molti di più in sviluppo preclinico, a ritmi senza precedenti» si legge ancora, ma «gli obiettivi di questi programmi vaccinali non sono ad oggi ben definibili per le conoscenze ancora incomplete delle caratteristiche di questo virus».
«Un vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe tra l’altro impedirne la trasmissione, ma non tutti gli studi hanno sinora valutato questo aspetto, anche se la 1a dose del vaccino Moderna pare riduca del 63% le infezioni asintomatiche, e il vaccino di AstraZeneca/Oxford (e solo se con 1a dose bassa) le ridurrebbe del 59% – prosegue la Rete – Dunque almeno alcuni dei vaccini ridurrebbero le infezioni asintomatiche, ma senza evitarle, e una quota di vaccinati può continuare a trasmettere il virus (come è dimostrato per altre infezioni, ad es. nella pertosse, in cui il vaccino attenua o evita la malattia in chi lo fa, ma non evita la colonizzazione e trasmissione). AIFA ha ricordato che “ancora non sappiamo in maniera definitiva se la vaccinazione impedisce solo la manifestazione della malattia o anche il trasmettersi dell’infezione” e inoltre “vi sarà sempre una porzione di vaccinati che non svilupperà la difesa immunitaria”. A oggi non si può dunque sostenere che la vaccinazione produrrà immunità di gregge e, già per questo, le proposte di renderla obbligatoria confliggerebbero con la sentenza n. 258/94 della Corte Costituzionale che afferma, come primo requisito per leggi sull’obbligo di vaccinazioni che ci sarebbe compatibilità con l’art. 32 della Costituzione “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”, oltre che “… non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”, salvo che per sole conseguenze temporanee e di scarsa entità».
«In tema di effetti avversi, però, conosciamo solo alcuni di quelli rari, e quelli a breve termine. Nello studio di fase 2 per il vaccino Moderna, con soli 40 soggetti adulti e quindi precisione molto bassa, nei primi 7 giorni gli eventi gravi sistemici sono stati il 10% (con intervallo di confidenza 0,3%-44,5%), i gravi locali il 6,7% (0,2%-31,9%), come si legge nella Table S2. La sorveglianza attiva in atto per le prime somministrazioni nel Regno Unito con il vaccino Pfizer riporta invece il 2,8% circa di eventi gravi, definiti da temporanea inabilità a svolgere le normali attività giornaliere, a lavorare, con richiesta di assistenza da un medico od operatore sanitario».
«Le conoscenze attuali, dunque, non soddisfano appieno due vincoli posti dalla Corte Costituzionale – si legge ancora nella nota della Rete – Quand’anche li soddisfacessero, resta che la somministrazione di un nuovo vaccino alla popolazione è la cosiddetta fase 4 della sperimentazione, legittima se soddisfa anche l’eticità, il cui primo formale requisito è la partecipazione volontaria (senza forzature o penalità per chi non intendesse partecipare)».
«Un vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe offrire protezione contro gravi complicanze e decessi, non facili da rilevare nelle coorti arruolate negli studi (decine di migliaia di persone, ma per pochi mesi)» prosegue la Rete.
Si legge anche nella nota: «La protezione da malattie gravi e mortalità si osserverà soprattutto se i vaccini sono efficaci anche in anziani, con patologie croniche o immunodepressi, gruppi con dati d’efficacia ancora carenti, e assenti quelli su adolescenti e donne in gravidanza e allattamento. Non è scontato che i dati di efficacia e sicurezza noti si estendano a tutta la popolazione. Allo stato delle conoscenze è opportuna la scelta di iniziare con vaccinazioni mirate alle categorie a maggior rischio di gravi conseguenze in caso di malattia».
«La durata della protezione è oggi sconosciuta: sono previste due dosi per il ciclo primario, ma non si sa se, quando, e con che frequenza serviranno iniezioni di richiamo. Le mutazioni di SARS-CoV-2 sembrano modeste, ma c’è allarme per una variante britannica, e la pressione selettiva di una vaccinazione di massa potrebbe indurre mutazioni più importanti e ridurre l’efficacia; è un problema da sottoporre a stretto monitoraggio per eventuali modifiche dei vaccini».
Tra le richieste e proposte che la Rete Sostenibilità e Salute avanza ci sono quella di sospendere i diritti di proprietà intellettuale per i prodotti farmaceutici e di condurre trattative trasparenti con le case farmaceutiche.
E la nota prosegue sottolineando che, «data l’alta reattogenicità a breve termine dei nuovi vaccini e la possibilità di effetti avversi meno comuni o a lungo termine, sarà necessaria un’attenta e prolungata sorveglianza attiva di effetti sia attesi, sia sconosciuti. È noto che la sorveglianza passiva, anche nel primo mese, può rilevare effetti avversi centinaia di volte inferiori (anche nel caso di effetti classificati gravi in base all’algoritmo OMS). Comunque andrebbe sottolineato anche l’obbligo di segnalazione di sospette reazioni avverse ai nuovi vaccini da parte del personale sanitario».
Sul comitato scientifico istituito da AIFA per la sorveglianza dei vaccini Covid-19, la Rete chiede «di rendere pubbliche le dichiarazioni di esperti e osservatori in merito a possibili conflitti di interessi».
Chiede inoltre di «non prevedere vaccinazioni per chi ha già contratto Covid-19 o comunque infezione documentata (anche asintomatica). Infezioni naturali e malattie infettive anche con altri patogeni conferiscono spesso protezioni prolungate, in genere più durature dei vaccini. Non sono solo legate al livello di anticorpi circolanti, che può decadere in mesi, ma alla memoria immunitaria nei linfociti, risultata con Sars-CoV-2 ancora forte e stabile a 6-8 mesi da infezioni anche asintomatiche, nel 90% dei casi».
Viene sottolineate anche la richiesta di «non prevedere obblighi (né penalizzazioni), per i motivi già esposti: l’adesione a sperimentazioni, anche di popolazione, è comunque volontaria, previa informazione completa e indipendente da interessi commerciali. Inoltre allo stato delle conoscenze non è sostenibile un ‘dovere etico’ di proteggere gli altri, perché se permane/residua un’ampia possibilità di colonizzazione/trasmissione, come sembra dai dati attuali, non è chiaro se il vaccinato che sopprime i suoi sintomi di Covid-19, divenendo meno individuabile, sia meno (o più) rischioso per altri rispetto a chi manifesta sintomi clinici. Pertanto, parlare in questo caso di ‘immunità di gregge’ non avrebbe fondamento».
La Rete aggiunge: «Ben venga dunque l’offerta gratuita di vaccini per protezione individuale di soggetti ad alto rischio, o anche a basso rischio che vogliano comunque riceverli. Va altrettanto civilmente rispettata la scelta di chi non intendesse riceverli, allo stato delle conoscenze o in generale. A questo proposito, le Associazioni firmatarie di questo documento hanno deciso – presa atto della disponibilità di alcuni loro membri che allo stato attuale ritengono per i più diversi motivi di non vaccinarsi – di offrire un contributo all’avanzamento delle conoscenze scientifiche costituendo una coorte che parteciperà a un progetto dimostrativo (da strutturare), rendendo disponibili per un lungo follow-up i propri dati sanitari, in modo da consentire a un Comitato Scientifico indipendente di attuare confronti di esiti a lungo termine, se possibile con coorti di vaccinati appaiate per caratteristiche fondamentali. In base all’evoluzione delle conoscenze i partecipanti a tale progetto potranno comunque sempre decidere di uscire dal relativo monitoraggio e di vaccinarsi».
«Infine, come sostenitori dell’approccio scientifico e della Medicina basata sulle Prove (EBM), segnaliamo l’occasione straordinaria di effettuare una ricerca randomizzata controllata (RCT) superando le obiezioni dei Comitati etici (che “non si potrebbe privare il gruppo di controllo dei benefici di un vaccino antiCovid-19…”), reclutando chi restasse comunque esitante dopo aver ricevuto informazioni esaurienti su vantaggi e svantaggi noti di queste vaccinazioni e sulle perduranti incertezze – si legge ancora nella nota – Ci riferiamo a chi non sa proprio decidere se vaccinarsi o no, spontaneamente esita molto, ma non è contrario. A costoro, in Italia forse tra il 20% e il 30% della popolazione, si potrebbe proporre di diventare una risorsa per la comunità, partecipando a una grande ricerca controllata pragmatica, con ricercatori indipendenti da conflitti di interessi, per far avanzare la scienza. Su milioni di esitanti, è possibile che varie migliaia accettino: alcuni grandi gruppi sarebbero randomizzati a ciascuno dei vaccini sul mercato, sapendo che lo ricevono; al gruppo di controllo non si dovrebbe fare nulla (dunque non un’iniezione “placebo”). Si avrebbero risposte sugli effetti comparativi (sia noti che oggi ignoti) a breve-medio termine, e per ogni gruppo si potrebbero registrare in modo attivo e a lungo termine malattie insorte o evitate, eventuali complicanze ed effetti benefici e avversi, durata della protezione, necessità di richiami… Alla fine si potrebbe tracciare un bilancio serio, individuando le alternative migliori, di interesse universale per tanti anni a venire».