La trasmissione Report, in onda su Rai 3, ha dedicato la puntata del 4 gennaio alla trattativa Stato-mafia, alle stragi del 1992 e quelle del 1993. Il team di Ranucci ha raccolto testimonianze e documenti ricostruendo il ruolo ricoperto da alcuni settori delle istituzioni.
«Un filo nero collegherebbe infatti l’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 alle bombe di Capaci e via D’Amelio in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – si legge sul sito di Report – Mafia, massoneria, terroristi di destra e servizi segreti deviati avrebbero contribuito per anni ad organizzare e ad alimentare una strategia stragista che puntava alla destabilizzazione della democrazia nel nostro paese. Lo raccontano a Report magistrati, collaboratori di giustizia e protagonisti dei piani eversivi».
Nella trasmissione si è parlato «del ruolo ricoperto dagli uomini dello Stato nella pianificazione e nell’esecuzione delle stragi. Una verità a cui probabilmente era arrivato Paolo Borsellino. Quando viene ucciso in via D’Amelio, sparisce l’agenda rossa che portava sempre con sé, dove conservava tutti gli appunti sulle indagini da lui svolte in prima persona sulla strage di Capaci. Che fine ha fatto l’agenda rossa di Paolo Borsellino?».
Ed emerge anche che la mafia voleva uccidere lo stesso conduttore di ‘Report’, Sigfrido Ranucci. La rivelazione si è avuta in un video pubblicato sul profilo Twitter della trasmissione di Rai3 in cui Francesco Pennino, un pregiudicato intervistato dallo stesso Ranucci nella puntata di ‘Report’ andata in onda il 4 gennaio, rivela che i Madonia volevano uccidere il giornalista nel 2010 dopo la pubblicazione del libro ‘Il Patto’ scritto a quattro mani dallo stesso Ranucci e da Nicola Biondo.
All’indomani della puntata di Report non sono mancate le reazioni.
«Premesso che è un evento il fatto che la Rai, in prima serata, parli di un argomento tabù come la Trattativa Stato-mafia – ha detto all’Adnkronos l’ex pm Antonio Ingroia, che all’epoca istruì il processo come pm insieme al pool poi guidato da Nino Di Matteo – per il resto la puntata di ‘Report’ di ieri sera su Rai3 mi è sembrata un’occasione sprecata per far luce sugli anni più bui della nostra storia». «Promesse, rivelazioni sconvolgenti, poi non mantenute – ha aggiunto Ingroia, che nel frattempo ha smesso la toga e oggi esercita la professione di avvocato – tranne qualche informazione depistante tipo ‘Matteo Messina Denaro ha l’Agenda Rossa’, visto che l’agenda sparita di Borsellino è certamente nelle mani degli uomini dello Stato e non della mafia». «Oppure far apparire il dottor Contrada vittima, mentre restano i fatti gravissimi per la sua condanna definitiva per collusione con la mafia. Un grande minestrone – conclude Ingroia – dove tutti sembrano colpevoli e tutti innocenti».
Anche i legali di Silvio Berlusconi sono intervenuti con una nota rigettando le accuse sollevate da Report e minacciando querele.
Peraltro, in occasione dell’anniversario dell’assassinio di Piersanti Mattarella, ex presidente della Regione Sicilia, avvenuto il 6 gennaio 1980 a Palermo, il nipote ha rilasciato una intervista all’agenzia di stampa AdnKronos. «Mio nonno viene considerato da tutti una vittima di mafia, ma da quello che sta emergendo dalle indagini più recenti sembra esserci dell’altro. No, non è stata solo Cosa nostra a ucciderlo». «Già dopo l’omicidio – ha detto il nipote – le indagini avevano fatto emergere qualche traccia di infiltrazioni che non fossero solo mafiose. Ma forse, ai tempi, anche dal punto di vista della ricostruzione storica, non sembrava possibile che un omicidio potesse essere commesso non solo da membri di Cosa nostra. Una circostanza che è, invece, emersa con chiarezza negli ultimi anni di storia giudiziaria». E aggiunge: «Ai tempi, probabilmente, era una intuizione del singolo piuttosto che una convinzione diffusa che la mafia potesse uccidere in collaborazione con ‘altro’…».