Intanto una vittoria: il TAR dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’ordinanza di Bunazzén sulle scuole

Il TAR dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’ordinanza del governatore Bonaccini, con la quale si disponeva che le scuole superiori della Regione restassero in DAD al 100% fino al 25 gennaio, diversamente da quanto previsto nell’ultimo DPCM, dove invece erano previste lezioni in presenza al 50% a partire da lunedì scorso.

Tra i 21 firmatari del ricorso, tutti genitori di studenti e studentesse, ci siamo anche noi tre Wu Ming, e siamo ovviamenti molto contenti di questo risultato.

Il tribunale ha chiarito che la Regione ha compiuto un abuso di potere, scavalcando il decreto nazionale, in quanto:

a) «nel provvedimento regionale non vi è riferimento a dati o indici specificatamente e univocamente attinenti al settore della scuola secondaria di secondo grado»;

b) «ove avvenuta, la rilevazione della situazione epidemiologica da cui trarrebbe linfa la qui contestata misura si riferirebbe comunque ad un periodo temporale durante il quale le scuole secondarie erano chiuse da tempo»;

c) «non sono indicati fatti, circostanze ed elementi di giudizio che indurrebbero ad un  pronostico circa un più che probabile incremento del contagio riferibile all’attività scolastica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado»;

d) «in ogni caso neppure è ventilata l’ipotesi secondo cui il virus si diffonderebbe nei siti scolastici distribuiti sul territorio regionale più che in altri contesti»;

e) Di conseguenza, l’ordinanza «va immotivatamente a comprimere, se non a conculcare integralmente, il diritto degli adolescenti a frequentare di persona la scuola, quale luogo di istruzione e apprendimento culturale nonchè di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità, condizioni di benessere che non appaiono adeguatamente (se non sufficientemente) assicurate con la modalità in DAD, a mezzo dell’utilizzo di strumenti tecnici costituiti da videoterminali (di cui peraltro verosimilmente non tutta la popolazione scolastica interessata è dotata)»;

f) «l’attività amministrativa di adozione di misure fronteggianti situazioni di pur così notevole gravità non può spingersi al punto tale da sacrificare in toto altri interessi costituzionalmente protetti»;

g) «d’altra parte riguardo alla “necessità di evitare assembramenti e sovraffollamenti” , l’Amministrazione procedente può agire con misure che incidono, “a monte” sul problema del trasporto pubblico di cui si avvale l’utenza scolastica e “a valle” con misure organizzative quali la turnazione degli alunni e la diversificazione degli orari di ingresso a scuola».

In sintesi, il risultato politico più evidente di questo ricorso – e di altri simili, come quello lombardo – è che i governatori regionali non possono più comportarsi come caudillos che dettano legge sulla chiusura e la riapertura delle scuole.

Riapertura che, tuttavia, non è affatto scontata. Nuovi Dpcm e zone rosse potrebbero ancora tenere in casa i ragazzi e le ragazze delle superiori. Per questo in varie parti d’Italia studentesse e studenti – ma anche insegnanti – si mobilitano contro la Dad. Decine di presìdi davanti alle scuole, già tre licei occupati a Milano. Occorre estendere la lotta.

Ecco perché oggi pomeriggio, alle 17.30, saremo sotto la sede della Regione E-R, in viale Aldo Moro. Non per cantare vittoria, ma per continuare la battaglia per la scuola.

Scarica il decreto del Tar (Pdf)

Postilla

La sentenza del tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna è stata immediatamente recepita dal governatore Bonaccini, che ha annunciato la riapertura scolastica da lunedì prossimo. Nel giro di poche ore è arrivato anche il nuovo DPCM del governo che, almeno per le regioni che non sono “rosse”, prevede la riapertura delle scuole in presenza in percentuale variabile dal 50 al 75%.
Dopo giornate di protesta davanti agli istituti, presìdi, occupazione di scuole, gesti dimostrativi, la politica non ha più retto la parte ed è dovuta scendere a più miti consigli. La lotta paga.
Riproduciamo e sottoscriviamo il commento di Girolamo De Michele:

«Senza trionfalismi, col massimo di calma e ponderatezza possibile: è la prova che si può fare. Senza fasciarsi la testa in anticipo, senza precludersi alcuna strada e alcuna possibilità di azione e interlocuzione (salvo rossobruni, Ku Klux Klan e QAnon ;-)), senza dar nulla e nessuno per scontato. Il mondo della scuola è molto più complesso, stratificato e problematico di quel che appare in superficie: chi, al di là delle retoriche consunte, ci sta dentro per davvero lo sa, e sa anche la fatica del lavoro quotidiano, sia in classe che fuori. Che non ci siano masse di lavoratori della scuola pronte a mobilitarsi è un fatto, un problema e, aggiungo, un rompicapo: che sotto la superficie le acque siano meno morte di quel che sembra, e che di questo qualcosa filtri sino alle stanze del TAR (e, spero, non solo quelle), sembra essere altrettanto vero. Certo, se scuola e sanità (su questo @filosottile ha ragione), e magari anche trasporti, si mobilitassero insieme non ci sarebbe governo che potrebbe tenere: è un obiettivo da conseguire, in tempi che temo non saranno brevi. Se nel frattempo ciascuno – insegnanti, ATA, studenti, genitori – fanno quel che è in loro potere fare, piccoli o meno piccoli spostamenti sono ancora fattibili. E non solo nel mondo della scuola.»

Il problema che abbiamo ora è quello delle regioni “rosse”, attuali o prossime venture. Ed è un problema nazionale, che va posto al governo centrale per mettere fine al carosello delle riaperture e chiusure scolastiche. Serve una linea generale: bisogna fare di tutto perché la scuola resti aperta, riducendo al minimo l’impatto sulla diffusione dei contagi. La scuola, come pilastro sociale dove si forma la prossima generazione, va tutelata assolutamente. Mentre in questo lungo anno pandemico si è ragionato esattamente all’opposto: la scuola è stata considerata l’attività più sacrificabile, perché economicamente improduttiva, perché i minorenni non votano, perché organizzare i trasporti e gli spazi adeguati era troppo complicato. Bisogna ribaltare completamente la prospettiva. Avanti.

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