Le persone che sono state vaccinate contro il coronavirus potrebbero comunque trasmetterlo a chi non ha ancora ricevuto il farmaco: è l’avvertimento, riportato anche dall’agenzia di stampa Ansa, del professor Jonathan Van Tam, consulente del governo britannico.
La BBC inglese fornisce particolari in più riguardo le dichiarazioni di Van Tam, richiamando l’articolo del Sunday Telegraph. Secondo Van Tam gli scienziati «nonnconoscono ancora l’impatto del vaccino sulla trasmissione della malattia».
«Nessun vaccino è mai stato efficace al 100%» ha aggiunto Van Tam, quindi la protezione non è garantita.
Sostiene che sia possibile contrarre il virus nelle due o tre settimane dopo avere ricevuto il vaccino e ipotizza che la risposta immunitaria si produca dopo almeno tre settimane dall’inoculazione negli anziani.
«Anche dopo avere ricevuto il vaccino si può trasmettere comunque il Covid-19 a qualcun’altro e la catena di trasmissione continua» aggiunge.
Per questo afferma che è necessario continuare comunque, malgrado la vaccinazione, a portare la mascherina e osservare il distanziamento. Chiaramente da più parti si lega la domanda legittima: ma allora a cosa serve in fondo il vaccino? E a quale logica mai risponde l’idea del passaporto vaccinale per poter accedere a luoghi e servizi se il vaccino non impedisce la circolazione del virus?
La settimana scorsa, sottolinea ancora la BBC, il responsabile israeliano del contrasto al Covid pare abbia affermato che una sola dose di vaccino Pfizer parrebbe non essere così efficace com’era stato assicurato.
Intanto il Mediatore europeo ha aperto una inchiesta sulle procedure di acquisto dei vaccini anti-Covid della Commissione Ue. «A renderlo noto – come spiega Europa Today – è stato il Corporate Europe Observatory, ong che aveva presentato a inizio gennaio due richieste di accesso agli atti dell’Esecutivo comunitario. La prima, per rendere noto il contratto con AstraZeneca, il colosso farmaceutico anglosvedese che ha sviluppato un vaccino con l’Università di Oxford già in somministrazione nel Regno Unito. La seconda richiesta, invece, per conoscere i documenti relativi al lavoro del team che ha condotto (e sta conducendo) i negoziati con le case farmaceutiche per l’acquisto dei vaccini. Il Mediatore, figura Ue istituita proprio per svolgere inchieste sull’amministrazione europea per conto di cittadini, associazione e imprese, ha dato seguito alle richieste di Corporate Europe, aprendo un’indagine».
L’inchiesta del Mediatore arriva in un momento in cui la Commissione europea è sotto i riflettori per i presunti favori a Big Pharma denunciati da alcune inchieste giornalistiche.
Dei 6 pre-contratti o contratti siglati dalla Commissione, quello di CureVac è stato l’unico reso noto finora. Questo contratto, attacca Corporate Europe, mostra che è stato dato “alle aziende farmaceutiche un diritto di veto” sulla divulgazione dei documenti. “Il contratto – prosegue l’ong – conferma anche i timori che i lucrosi accordi di acquisto anticipato (gli APA) negoziati nell’oscurità utilizzerebbero denaro pubblico per rimuovere il rischio finanziario e la responsabilità (giuridiche, ndr) delle aziende farmaceutiche che sviluppano vaccini contro il Covid-19”.
Ma per quanto riguarda il contratto Curevac, le oltre 70 pagine (di cui solo 63 completamente leggibili) del contratto che la Commissione europea ha messo a disposizione dapprima degli europarlamentari (in una stanza con l’impossibilità di prendere appunti o scattare fotografie), poi ai cittadini con la pubblicazione sul sito, presentano numerosissime parti oscurate. Tutte riferibili a temi sensibili, soprattutto sulla responsabilità dell’azienda in caso di danni dovuti al vaccino.
In merito alla mancata responsabilizzazione delle aziende per gli eventuali danni, AboutPharma scrive: «Al capitolo 1.23 ai paragrafi 1, 2 e 3 si legge: “La Commissione, a nome degli Stati membri partecipanti, dichiara che l’uso dei prodotti consegnati ai sensi del presente APA e/o dei moduli d’ordine dei vaccini avverrà in condizioni epidemiche che richiedono tale utilizzo e che l’amministrazione dei prodotti sarà pertanto condotta sotto la sola responsabilità degli Stati membri partecipanti. Le parti dichiarano inoltre che le disposizioni contenute nella presente clausola di indennizzo, comprese le eccezioni agli impegni di indennizzo, riflettono le circostanze eccezionali della pandemia Covid-19 e la necessità di sviluppare nuovi vaccini a una velocità senza precedenti per consentire un’immunizzazione su larga scala”. Su questa base – prosegue il testo – ciascuno Stato membro partecipante dovrà indennizzare e tenere indenne il contraente, le sue affiliate, subappaltatori e sub-licenziatari, compresi i partner contrattuali coinvolti nella ricerca, sviluppo (compresi test preclinici e clinici), produzione e/o consegna e funzionari, direttori, dipendenti e altri agenti, rappresentanti e fornitori di servizi di ciascuno (insieme, le “persone indennizzate”) per responsabilità sostenute e normalmente sostenute da loro in relazione a danni, danni e perdite (insieme, le “perdite”) come specificato nell’Articolo 1.23.5 derivante dall’uso e dalla distribuzione deipProdotti forniti allo Stato membro partecipante (o un’altra entità nominata da tale Stato membro partecipante) ai sensi del presente APA, indipendentemente dal momento in cui si è verificata la Perdita”. Ma quali sono le “perdite” di cui si parla nel contratto? Il paragrafo successivo le spiega: “L’indennizzo sarà disponibile solo per le perdite che consistono in responsabilità nei confronti della Parte […] lesa per morte, lesioni fisiche, mentali o emotive, malattia, disabilità, costo delle cure, perdita o danno alla proprietà, perdita di guadagno e interruzione dell’attività e tutti i costi ragionevoli e necessari relativi a tali Perdite, comprese le spese legali, le parcelle degli esperti e altre spese di contenzioso o di transazione”. Il paragrafo successivo è stato completamente oscurato e il contenuto è al momento sconosciuto».