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di Giuseppina Perlasca
Come ci informa Italiaoggi, c’è stato un massacro di partite IVA nella prima metà del 2020. Oltre 30 mila professionisti e circa 170 mila lavoratori indipendenti hanno chiuso la propria attività, cancellando la propria partita IVA. Quasi ovvi i settori più colpiti, considerando il lockdown: commercio, finanza e immobiliare con un calo di quasi il 14% nel primo trimestre. Cali importanti anche tra le professioni dell’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%).
Secondo un report Comprofessioni, nei primi sei mesi del 2020, oltre 30 mila liberi professionisti, soprattutto donne, hanno chiuso i battenti sino a a giugno, mentre le partite IVA chiuse, extra attività professionale, raggiungono le 170 mila, numero impressionante se si considera che in totale quelle colpite dal primo lockdown era 1,5 milioni. Quindi i due mesi di chiusura da marzo a maggio hanno cancellato oltre il 10% della P.IVA colpite. La distribuzione territoriale mostra quando stia soffrendo il tessuto produttivo e Imprenditoriale italiano, con il Nord Italia (-23,9%) che paga un prezzo elevato, superato però dal Centro Italia (-28,3%). In controtendenza il Sud Italia, dove la variazione risulta invece positiva per entrambe le componenti e a crescere è soprattutto il numero di datori di lavoro (+15,9%).
Anche l’Istat conferma il calo dei professionisti, con un -1,2%, superiore a quello del 2019 (-0,2%). Il calo colpisce molto duramente gli under 34, (-11%) mentre cresce la fascia 45-54 (+4%)
Guardando al primo trimestre 2020, sulla base dei dati Istat, il calo di liberi professionisti (-1,2%) è risultato leggermente più marcato rispetto a quello dell’anno precedente (-0,2%). La diminuzione sembrerebbe riguardare soprattutto la componente femminile (-2,6%) risultando molto più contenuta per i maschi (-0,4%). Il segno negativo è prevalentemente a carico degli under 34 (-11%), mentre la crescita maggiore si riscontra nella fascia 45-54 anni (+4%).
Nell’ultimo decennio i lavoratori autonomi sono calati di 755 mila unità, il tutto per la pressione fiscale e contributiva forzata su questa categoria di lavoratori. Non si tratta solo di una redistribuzione del lavoro, ma anche della distruzione di una fascia sociale che garantiva stabilità e costituiva il famoso ceto medio, quello che tutti corteggiano, ma che tutti hanno aiutato a distruggere.
Pubblicato il 26.01.2021