In questi giorni si parla molto della notizia secondo cui tanti piccoli finanziatori della catena di videogiochi GameStop, che stava fallendo, hanno messo in difficoltà gli squali di Wall Street che speculavano sul suo fallimento. Non entro nel merito, non ho simpatie per i videogiochi, figuriamoci per speculazioni e Borse; ma credo che sia l’esempio che conta.
Ancora una volta si dimostra che tanti, anche piccoli, ma uniti, con un obiettivo e interesse comune, possono sconfiggere pure gli apparentemente invincibili mostri della finanza. E se si sono sconfitti una volta, si potranno sconfiggere ancora; e quando i mostri si difenderanno e cambieranno le regole del gioco a loro piacimento, l’intelligenza collettiva troverà un modo per eludere anche questo tentativo.
Ma a prescindere dai videogiochi, quale è la motivazione più grande che possiamo avere per unirci, se non quella della nostra sopravvivenza e della salvaguardia del mondo in cui viviamo? In fondo se la vita ci piace, varrà la pena di preservarla? Se abbiamo figli, nipoti, persone care, amici, varrà la pena di proteggerli?
Basterebbe unirsi, fare ognuno la sua parte, ognuno levare un pezzettino di potere ai giganti dai piedi di argilla che oggi sono le grandi multinazionali dietro a cui c’è proprio quella finanza, senza la quale il castello cadrebbe tutto.
Ma senza i “piccoli” consumatori che acquistano, senza i “piccoli” risparmiatori che mettono a disposizione più o meno consapevolmente i propri soldi per permettere ogni scempio contro natura e persone, il sistema cambierebbe velocemente. Cambierebbe molto più velocemente piuttosto che con proclami, analisi, petizioni, manifestazioni, tutte azioni legittime senz’altro ma ad oggi ben poco efficaci e non così veloci. E si potrebbe agire velocemente, così come ha dimostrato il ribaltamento di situazione attuato dai difensori dei loro amati videogiochi.
Non ci si sofferma infatti abbastanza sul fatto che multinazionali e finanza fanno affidamento su di noi e ci hanno dato in mano un potere potenzialmente enorme perché confidano che noi siamo divisi e poco attenti, così da poter contare sempre sul nostro appoggio, sui nostri acquisti, sui nostri soldi, sulle nostre scelte quotidiane apparentemente minime o innocue; ma che se rapportate su grande scala, possono diventare slavine irrefrenabili.
Oggi è il momento di decidere se si vuole fermare il gioco al massacro oppure no; oggi è il momento di levare tutti i soldi dalle banche tradizionali, dalle assicurazioni, dai fondi di investimento e metterli nelle rispettive versioni autenticamente etiche. Non le versioni edulcorate messe in piedi recentemente dalla finanza tradizionale come specchietti per le allodole, ma quelle di chi fin da subito ha fatto solo e unicamente una scelta di finanza etica.
Ma questo da solo non basterebbe, immediatamente dopo bisogna mettersi insieme a persone che condividono la nostra voglia di preservare vita e natura, per costruire progetti di lavoro e società su questi cardini. Conseguentemente chiedere proprio a quella finanza etica di investire sugli stessi progetti e quindi realizzarli. Questi sono i passi decisivi, concreti, attuabili da fare.
Tutto ciò senza violenza, senza chiedere l’elemosina alla politica, facendolo però subito, visto che non c’è più tempo da perdere, perché non siamo in un videogioco ma nella realtà.
Chi ha bisogno di spunti, idee e indicazioni su come realizzare questi obiettivi, sappia che è proprio quello che facciamo da sempre come associazione Paea e Ufficio di scollocamento: fermare il gioco al massacro e costruire il mondo che verrà.
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E se vuoi fare un primo passo concreto verso il cambiamento, hai l’opportunità di iscriverti al workshop “Cambiare vita e lavoro: istruzioni per l’uso” che si terrà in Umbria il 27 e 28 febbraio.