Sabato 14 febbraio al CSO Pedro si è tenuto un incontro davvero interessante e formativo.
Con l’aiuto di un attivista LGBT+ turco e con il giornalista Murat Cinar, che segue le proteste in Turchia da quando sono scoppiate, siamo riuscitə a fare una panoramica di quello che sta succedendo oggi nelle università e nelle piazze del paese.
Il giornalista Murat Cinar ha introdotto l’argomento e la cronaca delle ultime proteste in Turchia in modo davvero completo.
Noi lo abbiamo registrato, perché ci sembrava importante restituire tutte queste informazioni anche a chi non c’era, così potete trovare qui l’intervista integrale.
La situazione in Turchia non è semplice, dopo 19 anni di governo Erdogan. Il governo dell’uomo solo al potere ha eroso fino all’osso i diritti umani e le forme antidemocratiche di applicazione della legge sono innumerevoli e soggette all’arbitrarietà di Erdogan e dei suoi.
Abbiamo parlato, in questo incontro, soprattutto della situazione interna della Turchia e dello stato di salute dei movimenti sociali, studenteschi e non.
Il casus belli delle manifestazioni, che sono iniziate a gennaio e sono ancora in corso, è stata la nomina da parte di Erdogan del rettore dell’Università di Istanbul. Fatto che è legale secondo la legge, ma davvero poco legittimo secondo studentə e professorə.Ciò ha scatenato numerose proteste pacifiche e manifestazioni, prontamente represse nella violenza dalla polizia.
Le istituzioni tuonano: “Faremo di tutto perché non si verifichi un altro Gezi Park”, in riferimento alle proteste del 2013 in cui più di 10 milioni di persone sono scese in piazza nel giro di 6 mesi, per chiedere diritti sociali e democrazia.
Oggi la piattaforma di rivendicazioni la spiegano bene gli studenti, le studentesse e lə studentə in una lettere aperta indirizzata al presidente Erdogan che Murat Cinar ha tradotto e che potete trovare qui.
Qui riportiamo, per una maggiore chiarezza del contesto, i quattro punti rivendicativi che risuonano nelle piazze:
– Rilascio immediato di tutti i nostri amici in detenzione provvisoria e arrestati in questo periodo.
– Immediata conclusione della campagna di diffamazione avviata contro i nostri amici lgbti+ e tutte le altre persone prese di mira.
– Dimissioni di tutti i commissari straordinari, prima di tutto Melih Bulu che è la fonte delle campagne di linciaggio, delle detenzioni provvisorie e degli arresti.
– Elezioni democratiche per eleggere i rettori in tutte le università con il coinvolgimento di tutte le componenti delle università.
E forse verrà da chiedervi cosa c’entri la comunità LGBT+ con le elezioni universitarie. Sicuramente c’è da analizzare che la componente giovanile delle proteste aiuta ad un apertura e ad una intersezione molto forte con le istanze di richiesta di diritti, negati in questi anni. Già dall’inizio della pandemia le persone LGBT+ sono state additate dalle istituzioni religiose come fonte e veicolo di contagio per il virus (come d’altro canto è stato fatto in Italia da alcuni “ministri di Dio” illuminati e dal “Popolo della famiglia”).
Benché in Turchia l’essere gay, transgender, lesbica, non binariə e queer non sia illegale, le discriminazioni istituzionali e religiose sono molto presenti nella vita quotidiana e pubblica. Durante il dibattito pubblico attorno alle proteste dell’ultimo mese si è visto quanto il furore religioso e l’intolleranza siano un tratto caratteristico del partito al governo. “Deviati”, “perversi”, “in Turchia la questione LGBT non esiste”. Queste solo alcune delle espressioni usate da Erdogan e dai suoi seguaci.
È per questo motivo che nell’incontro informativo di sabato abbiamo deciso di inserire un focus sulla storia del movimento LGBTQIA+ in Turchia, e in questo ci ha aiutato un attivista LGBT+ che in Italia studia diritti umani.
Di seguito vi riportiamo la traduzione in italiano del suo intervento in inglese di sabato.
“Grazie a tutti per essere venuti a questo evento. Sono un attivista LGBTI+ della Turchia. Da 5 anni sono coinvolto nel movimento di liberazione queer e in altri movimenti per i diritti umani. Quindi in questa parte, vorrei parlare di più del movimento LGBTI+ e della sua relazione con le proteste di Boğaziçi.
Tuttavia è importante dare anche una prospettiva storica alle proteste odierne.
Per questo abbiamo schematizzato la storia dei movimenti LGBTI+ a partire dagli anni ‘80 fino ad arrivare ai nostri giorni.
– anni ‘80: dopo il colpo di stato si ha l’adozione della pratica dello sciopero della fame da parte dei prigionieri politici di quegli anni.
– anni ‘90: primi collettivi politici LGBTI+: Kaos e le figlie di Saffo.
– anni 2000: Organizzazioni: Lambda, Pink Life, SPU, Pride Marches, Bogazici.
– Divieto dei Pride: dal 2015 e negli anni seguenti in diverse città Turche
– 2016-2019: divieto di manifestazioni ed eventi ad Ankara che portano al divieto della marcia organizzata nel 2019 per il METU Pride, e alla dispersione della stessa con violenza da parte della polizia.
– 2020: Il ministero degli Affari Religiosi, anche con la scusa della pandemia, si esprime in modo discriminatorio e utilizzando “hate speech” nei confronti della comunità LGBTI+
– Oggi: resistenza di Boğaziçi (Università di Istanbul).
Come sapete, nell’Impero Ottomano, l’omosessualità era comune sia nel palazzo che nella vita locale. Tuttavia era più basata sulla socializzazione maschile che sulle donne. Pertanto, testimonianze di pratiche omosessuali ci giungono solo attraverso il genere maschile. Poiché c’era il discorso del potere e del dominio del sultano, la famiglia era considerata un valore per il potere piuttosto che per il piacere sessuale ed emotivo.
Con la nascita della Repubblica di Turchia, il processo di creazione dello stato-nazione ha evidenziato la “gioventù sana”, la “famiglia e i valori della repubblica” che hanno definito la “buona normalità”. Inoltre, la queerness non era un discorso pubblico. Tuttavia, non è mai stata vietata, proprio perché fa parte della nostra cultura.
Con i tre colpi di stato che si sono susseguiti, i movimenti politici della Turchia hanno investito anche le persone queer, anche se non c’erano collettivi ‘ufficialmente’ basati sull’identità queer. Ma le persone queer si riunivano di solito nei movimenti di sinistra.
Prima di tutto, dopo il colpo di stato militare del 1980, la Turchia è diventata un paese più militarista e sessista. Come risultato, gli artisti trans sono stati eliminati dai palcoscenici.
Inoltre, molte donne trans sono state trasferite con la forza in altre città della Turchia in treno, la polizia ha rasato le teste di alcune donne trans e la violenza è stata brutale e generalizzata in tutta la Turchia.
Oltre alla violenza contro le persone queer, gli anni dopo il colpo di stato sono stati anni di repressione per qualsiasi persona che si opponesse al governo.
Passando agli anni ’90, vediamo la prima protesta pubblica delle donne trans attraverso uno sciopero della fame dopo la brutale violenza della polizia. Questa è stata la prima protesta pubblica queer ed è iniziata dalle persone trans, come spesso accade in tutto il mondo.
Poi abbiamo la nascita di Kaos GL e Daughters of Sappho, due collettivi espressamente queer. Prima con la pubblicazione di riviste, incontri pubblici, ecc. Inoltre, a Istanbul c’erano anche altri piccoli gruppi queer. Il risultato è stato il primo “Pride” che si tenne nel 1993, con 20 persone, in via İstiklal.
Nel complesso, gli anni ’90 hanno avuto un’impronta neo-liberale mescolata con la violenza dello stato, specialmente contro il popolo curdo. D’altra parte, le persone trans potevano sopravvivere solo nei ghetti delle grandi città. Inoltre, la violenza dello stato e della polizia si eprimeva contro le persone trans specificamente nei ghetti, con pratiche come tortura, stupro, esclusione dai rapporti di vicinato, divieto di accesso alla casa.
Quindi arriviamo agli anni 2000, in cui nascono delle ONG formali, club studenteschi e un movimento più sindacalizzato, fino al 2013.
La prima marcia visibile è stata anche la festa del lavoro ad Ankara, che è stata anche la prima protesta intersezionale delle persone queer. Inoltre, i Pride si sono tenute regolarmente a Istanbul e in altre grandi città.
Il 2013 è stato un anno molto importante per il movimento queer turco. Le proteste di Gezi, che hanno portato molti cambiamenti in tutto il paese, hanno influenzato anche la comunità queer. La visibilità arriva a tutti i livelli; l’inclusione nel processo decisionale, il supporto attraverso i politici a livello locale hanno guadagnato terreno con Gezi. Le proteste di Gezi Parkı sono iniziate proprio con LGBTI+ Blok. Storicamente, e ancora oggi, Gezi era l’area di ritrovo per molte persone queer. Era anche il luogo in cui i/le sexworkers trovavano i clienti, in cui le persone appartenenti alla comunità LGBTI+ socializzavano, creavano relazioni. Di conseguenza le persone queer erano presenti durante tutte le proteste.
Con lo slancio guadagnato dopo Gezi, i Pride del 2014 e del 2015 a Istanbul erano sempre più affollati. Tuttavia, nel 2015, il Pride è stato vietato dal governo senza alcuna spiegazione e la polizia ha attaccato violentemente chi, nonostante i divieti, ha preso parte alla manifestazione. I divieti sono continuati in diverse città dopo il 2016 e così via. Inoltre, nel 2016 tutti gli eventi LGBTI+, inclusa le proiezioni di film, sono stati vietati ad Ankara senza alcun limite di tempo. È stato anche il risultato di una campagna di diffamazione islamica, in cui il discorso predominante era che “l’UE diffondesse la perversione”, cosa che continua tuttora.
Il 2016 e successivi sono stati anni duri per la comunità queer. A causa dei divieti in tutta la Turchia, molti eventi non si sono potuti tenere come previsto. Con l’aumento di omicidi di trans, dei discorsi di odio, le ONG e i collettivi hanno vissuto momenti davvero difficili. Tuttavia, la resistenza è stata più forte e più ampia. Gli attivisti hanno trovato molti modi diversi per organizzarsi.
Prima delle proteste di Boğaziçi, quest’anno le persone LGBTI+ erano già state prese di mira dal presidente degli affari religiosi della Turchia. Il presidente ha apertamente messo in relazione l’omosessualità con il Covid-19, inoltre ha diffuso l’odio verso i/le sexworkers, gli individui HIV+ e le persone LGBTI+. Questo discorso è continuato sui social media per quasi 5 mesi. Durante questo periodo sono aumentati sempre di più casi di violenza, specialmente nei confronti dei/delle sexworkers trans.
Così arriviamo ad oggi. Le proteste sono iniziate dopo la nomina del rettore fiduciario. All’inizio di tutto il processo, i membri del BULGBTİ (club studentesco LGBT+ all’interno dell’Università di Istanbul) erano lì con bandiere, vignette e slogan. Perché il precedente rettore fiduciario aveva causato molti problemi al club per quanto riguarda il loro status ufficiale. Tuttavia, i media di parte sono venuti fuori con titoli come “se è una protesta studentesca, perché ci sono bandiere queer”? Questo è stato il primo motivo di discriminazione e continua ancora.
Durante la protesta, è stata creata dagli studenti una mostra d’arte, che includeva un’opera d’arte con le bandiere queer e la Makkah (luogo sacro per la religione islamica). Dopo questo fatto, un’enorme campagna d’odio è iniziata su tutte le piattaforme mediatiche, funzionari del governo, ministri ed Erdogan hanno usato parole d’odio come “devianti”, “pervertiti”.
E questa campagna d’odio ha portato la violenza della polizia al club. Sono entrati con la forza, hanno tolto gli adesivi e segnato le bandiere LGBTI+ come “prove di terrorismo”. Questa criminalizzazione legale includeva l’arresto di membri BULGBTI e la chiusura del club in modo illegittimo.
Durante questi giorni incredibili, molti studenti non queer e altri collettivi hanno sostenuto le persone LGBTI+. Tuttavia, anche nei discorsi di ‘sinistra’ molti attori importanti hanno evitato di usare il termine LGBTI+ e hanno trascurato le nostre identità. Alcuni hanno detto che si tratta più di democrazia e diritti umani che di liberazione delle persone queer. Tuttavia noi diciamo che si tratta davvero delle nostre identità e le parole e le azioni del governo sono contro la nostra stessa esistenza.
Anche quando la polizia ha attaccato gli studenti all’esterno del club mentre stavano solamente camminando, e hanno intimato loro di guardare in basso e camminare così, noi abbiamo bisogno di dire forte che non ci abbasseremo. Quindi, questo è anche uno degli slogan della resistenza.
Attualmente le proteste continuano ancora con tutte le nostre bandiere. Vorrei leggere una parte della dichiarazione dell’İstanbul Pride:
Abbiamo paura, siamo preoccupati, ma siamo insieme, ci facciamo forza a vicenda, non non ci arrendiamo! Chiediamo la fine immediata della violenza della polizia e delle torture che stanno avvenendo; l’immediato rilascio di tutti coloro che sono stati presi in custodia durante le proteste e, naturalmente, le dimissioni dell’amministratore Melih Bulu!
Sì, noi deviamo in un altra direzione! Per decenni, abbiamo deviato dalla vostra fobia per le persone LGBTI+, dal moralismo generale, dal binarismo sessista, misogino, razzista, capitalista, e che odia i lavoratori, abilista, specista, dalla cultura della distruzione della natura e dalla mentalità.
Deviamo perché difendiamo il nostro diritto alla vita perché nessuno tranne voi può vivere nel mondo che avete creato.
Deviamo dal vostro diseguale e coatto ordine discriminatorio.
Conosciamo il modo per vivere insieme e noi deviamo verso quel modo.
Non camminiamo mai da soli in questo modo.
Siamo devianti! Abituatevi, noi non ce ne andiamo!
#Sapıyoruz (we are deviating)
#AşağıBakmayacağız (we will not look down)
#LGBTİHaklarıİnsanHaklarıdır (LGBTI Rights are Human Rights)