Cinquecento scienziati, tra i quali numerosi italiani, hanno inviato una lettera a cinque leader politici di fama mondiale (la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen; il presidente del Consiglio europeo, Charles Michael; il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden; il Primo Ministro del Giappone, Yoshihide Suga; e il presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in) per chiedere loro di intervenire per porre fine alla pratica, sempre più diffusa, di bruciare biomassa legnosa di origine forestale per produrre energia su grande scala. La raccolta di biomasse per uso energetico industriale, infatti, mette in pericolo le foreste del mondo, la cui protezione è invece fondamentale per affrontare la crisi climatica in corso e per proteggere la biodiversità.
«Quello che non tutti sanno è che questa pratica viene sostenuta da sovvenzioni pubbliche. In Europa, ad esempio, vengono spesi quasi 7 miliardi di euro all’anno per sovvenzionare la combustione di legna. Una conseguenza immediata è stata l’aumento, in soli cinque anni, dell’uso di pellet, che è passato da 17 Mt nel 2013 a 26 Mt nel 2018» ha spiegato l’associazione Greenpeace intervenendo sull’argomento. Cifre ancor più preoccupanti se si pensa che l’industria delle energie fossili ha messo gli occhi sulle biomasse legnose e cresce l’interesse per la conversione delle centrali a carbone europee alla combustione di legno» spiegano i firmatari dell’appello.
Durante il Consiglio Europeo del 10 e 11 dicembre 2020 gli Stati membri dell’Ue hanno concordato un rafforzamento del loro impegno per la riduzione delle emissioni di gas serra nel prossimo decennio. Il Consiglio Europeo ha quindi approvato un obiettivo vincolante per la riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Inoltre ha invitato il Parlamento europeo a riflettere questo nuovo obiettivo nella legge europea sul clima e l’energia. Questo passaggio è di grande importanza perché è stata proprio la Direttiva sulle Energie Rinnovabili a definire la combustione del legno come “carbon neutral” e quindi a incoraggiare l’utilizzo di biomassa legnosa di origine forestale per la generazione di calore ed elettricità.
I 500 scienziati autori della lettera – primo firmatario il prestigioso Peter Raven, botanico e ambientalista americano – ritengono insensato in termini climatici, di conservazione della biodiversità ed energetici, abbattere interi alberi e bruciarli per produrre energia rilasciando carbonio che altrimenti sarebbe rimasto immagazzinato nelle foreste, visto e considerato che esistono alternative molto migliori e sostenibili, come il solare e l’eolico.
A firmare la lettera anche Gianluca Piovesan, professore dell’Università della Tuscia: «La raccolta in bosco di biomasse per uso energetico industriale non costituisce una soluzione per l’emergenza climatica, ma anzi dato l’orizzonte temporale molto stretto (2030-2050) un aggravio del problema. Infatti, per accumulare carbonio nel legno sono necessari tempi lunghi, mentre bruciandolo si rilascia istantaneamente nell’atmosfera tutta la CO2 accumulata in decenni o addirittura nel corso dei secoli. Inoltre, le foreste interessate dai prelievi di biomassa, operazioni ad alto input energetico ed alti impatti ambientali, passano da carbon sink a sorgente di CO2. Numerosi articoli scientifici e appelli ripetuti alle istituzioni governative da parte di scienziati hanno evidenziato i rischi ambientali associati alla filiera delle biomasse forestali sottolineando il non rispetto degli obiettivi climatici e di conservazione della biodiversità per il 2030”.
Insieme ad altre ONG, Greenpeace «chiede alla Commissione europea di escludere l’energia generata dalla combustione del legno (fatta eccezione degli scarti del legno che non possono essere riciclati altrimenti), dagli obiettivi per l’energia rinnovabile nella revisione in corso sulle politiche energetiche e climatiche dell’Ue».
Greenpeace chiede all’Ue «di adottare una visione condivisa delle foreste dell’Ue con nuovi obiettivi vincolanti per il loro ripristino e protezione, in modo da rafforzarne significativamente la capacità di assorbimento di CO2. Per evitare il greenwashing e le false soluzioni, questi obiettivi dovranno essere trattati separatamente dagli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra».