Partiamo dalla fine, in cauda venenum.
Stavamo ancora mettendo in ordine le foto e le testimonianze delle tante iniziative per Yekatit 12, quando sui giornali locali è uscita la notizia che l’Università di Bologna vuole concedere la laurea honoris causa ai suoi studenti, senza distinguere tra obbligati e volontari, dispersi durante l’invasione dell’Unione Sovietica, a fianco dell’esercito del Terzo Reich, in una campagna bellica che costò più di 20 milioni di morti al Paese aggredito. Il tutto, in una città che alla battaglia di Stalingrado ha intitolato una strada, via Mascarella Nuova, nel 1949.
Con lo stesso criterio, si finirà per attribuire un titolo ad honorem anche a chi scelse di abbandonare gli studi per andare a combattere in Etiopia, magari inquadrato nelle Camicie Nere.
O forse non ci si arriverà, se nelle piazze si terrà viva la memoria, come accaduto il 19 febbraio, per ricordare la strage di Addis Abeba e i crimini del colonialismo italiano.
Nell’ultimo post di questa serie, abbiamo annunciato la nascita di una “Federazione delle Resistenze”, tra diversi soggetti che si occupano del colonialismo italiano da una prospettiva “di strada”. L’idea è nata dal collettivo “Resistenze in Cirenaica”, e già in questi giorni, sul suo blog, sono comparsi interventi di altre realtà, per raccontare quel che è accaduto nel dodicesimo giorno di Yekatit di questo anno 2021.
A Reggio Emilia, gli Arbegnuoc Urbani si sono lanciati in tre azioni distinte: la prima, di grande impatto, ha sfruttato un’incongrua installazione artistica sulla rotonda che si trova davanti alla stazione ferroviaria, in fondo a via Eritrea: sui grandi pali metallici piantati nell’erba, sono comparsi i nomi dei morti per razzismo, nell’Italia repubblicana, a partire dal somalo Ali Ahmed Jama, nel 1979 a Roma. Su un cartellone, una scritta recitava: “La rimozione del nostro passato coloniale e fascista genera un presente di intolleranza, sfruttamento, razzismo e morte”. Il programma della giornata reggiana è proseguito con reintitolazioni di strade, nel quartiere Santa Croce, e street art in ricordo della strage di Addis Abeba. Il resoconto completo è qui.
Anche a Palermo i contributi della Rete Anticolonialista Siciliana hanno interessato luoghi diversi: l’acqua della fontana di via Vincenzo Magliocco si è tinta di rosso e sul bordo della vasca 12 rose hanno ricordato lo sfruttamento generato in Etiopia dalla produzione di fiori, soprattutto rose, per il mercato europeo. Di fronte alla Casa del Mutilato, e alla lapide con il discorso pronunciato da Mussolini per la proclamazione dell’Impero, è comparsa la foto di Graziani in mutande, che mostra sulla gamba i segni della bomba destinata ad ucciderlo, con la didascalia: “Palermo non dimentica i 30000 civili etiopi brutalmente massacrati nell’immane strage di Addis Abeba commessa da civili italiani, militari del Regio Esercito e squadre fasciste il 19, 20 e 21 febbraio 1937, in seguito a un attentato, purtroppo fallito, contro il Viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani”. Altre foto e notizie della giornata palermitana si trovano qui.
A Milano, due diversi collettivi hanno raccolto l’invito ad agi(ta)re la memoria: Il centro sociale Cantiere – già promotore di “Decolonize the City!” – ha affisso QR code esplicativi sotto le targhe di Via Harar, Via Dessié e Piazza Axum, mentre RAM (Restauro Arte Memoria) si è mobilitata insieme a quattro sezioni locali dell’ANPI: Quarto Oggiaro, Stadera-Gratosoglio, Crescenzago e 10 agosto 1944. Il risultato sono stati due presidi in strada – con striscioni, murales, musica e volantini, – due reintitolazioni (via Assab e via Giuba) e una conferenza online dal titolo “Colonialismo di ieri, razzismo di oggi”. Qui trovate tutto quanto raccontato nei dettagli.
Un incontro “a distanza” si è tenuto anche per iniziativa di DecoKnow e Università L’Orientale di Napoli, con il titolo “Yekatit 12. Il Massacro di Addis Abeba tra rimozione e colonialità del presente”. Le due relatori di Resistenze in Cirenaica che hanno partecipato, hanno anche raccontato il coglionalismo dell’irruzione di quattro fascisti nella “stanza virtuale” – un episodio che si sta riproponendo in svariate videoconferenze.
A Bologna, proprio Resistenze in Cirenaica ha affisso 6 cartelli in altrettanti punti del “rione libico” per spiegare la storia dei suoi odonimi, prima coloniali e poi partigiani, e per ricordare alcuni luoghi del quartiere legati alla Resistenza. Il rituale non sarebbe stato completo senza gli adesivi “Luogo di crimini del colonialismo italiano” appiccicati sulle targhe di via Libia.
Adesivi molto simili – scaricati dall’apposito “Guerriglia Kit” oppure creati apposta per l’occasione – sono stati fotografati a Cesena, a Forlì e sulla spiaggia di Iseo che porta il nome (storpiato) della località Etiope di Sassabaneh, bombardata col fosgene e occupato dalle truppe di Graziani il 29 aprile 1936.
Sempre in provincia di Brescia, ma questa volta sulle rive del Garda, il collettivo informale ReseAll2020 ci ha mandato le foto della sua installazione in un parco pubblico, subito a ridosso del dannunziano Vittoriale degli Italiani, e della nave da guerra “Puglia” (un tempo chiamata “Dogali”) che fu coinvolta negli incidenti di Spalato, tra il 1918 e il 1920, quando le bombardiere italiane presidiavano i porti della Dalmazia, in seguito alla Prima Guerra Mondiale).
Altri “collettivi informali” – ma forse sarebbe meglio parlare di “coppie” o “duo” – hanno agito per le strade tra il 18 e il 19 febbraio. A Bologna, A&M hanno creato un percorso a tappe tra le vie della Cirenaica, ricordando i partigiani da cui prendono il nome. A Roma, ignoti hanno aggiunto glosse esplicative in via Padre R. Giuliani e in via Romolo Gessi.
Qualche chilometro più a est, a Torpignattara, il Centro di Documentazione “Maria Baccante” ha dato appuntamento di fronte all’ex-Cinema (oggi “Spazio”) Impero. Immagini delle stragi italiane in Etiopia sono state appese ai muri dell’edificio, durante gli interventi di Mulu Ayele, Tezeta Abraham e tanti altri. Un volantino distribuito ai passanti, ha ricordato la storia del vecchio cinema e criticato l’operazione edilizia speculativa che l’ha colpito.
Queste almeno sono le iniziative di cui ci sono arrivate foto e testimonianze. Di altre sappiamo per sentito dire o per passaparola, ma non abbiamo ricevuto documentazioni (chi lo volesse, può continuare a farlo, usando sempre i soliti indirizzi).
Moltissime segnalazioni, infine, ci sono arrivate per aggiornare la mappa Viva Zerai! – ne abbiamo già per diverse giornate di lavoro, ma invitiamo a mandarne ancora, senza remore, ché tanto non c’è fretta e piano piano inseriamo tutto.
Nel frattempo, ci pare che qualcosa sia successo, soprattutto se teniamo conto dell’epoca in cui ci troviamo e del tentativo quotidiano, martellante di tenere le persone lontano dalle strade e dalle battaglie che soltanto lì si possono combattere. Per il prossimo Yekatit 12, ci auguriamo che le azioni siano talmente tante e diverse, da non poterne dare conto in un singolo articolo.
La Federazione delle Resistenze si è già data appuntamento per l’8 marzo, perché – come scritto sui cartelli di un’azione odonomastica in quel di Bergamo – il colonialismo fu anche violenza di genere.
Insomma, ne vedremo ancora delle belle.
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