In sintonia con la decrescita: una riflessione sul DegrowthFest 2020

di Sam Bliss*

Il 14 agosto 2020 il quartiere di Old North End a Burlington, nel Vermont (USA) è stato invaso da una serie di eventi e di installazioni artistiche. Due giorni dopo, è sparito tutto. Attraverso queste opere d’arte, gli abitanti del quartiere e le associazioni locali hanno esplorato le tensioni attuali e i percorsi possibili verso futuri più allettanti. I cittadini di Burlington hanno girato per il quartiere in autonomia, seguendo una piantina di tutti i quadri, le sculture, le performance effimere e le creazioni interattive. Si trattava del DegrowthFest 2020.

I nostri concittadini si sono interessati alla decrescita. E’ stata un’occasione di formazione, riflessione e immaginazione per tutta la comunità locale, in una modalità che non sarebbe stata possibile se l’evento si fosse svolto come previsto originariamente.

Il DegrowthFest in origine doveva essere appunto un festival. All’inizio del 2020, il gruppo organizzatore dell’evento, DegrowBTV, di cui faccio parte, stava pianificando di accogliere alcune centinaia di persone per un weekend di musica, conferenze, arte, falò, laboratori, disobbedienza e convivialità. Ci aspettavamo tutte quelle persone, di varie provenienze, già interessate alla decrescita, oltre a qualche persona del posto incuriosita dalla decrescita, che avrebbe partecipato all’evento per condividere idee e momenti piacevoli.

Poi è arrivato il Covid. Non abbiamo cancellato il DegrowthFest, ma abbiamo interrotto tutta l’organizzazione e la preparazione. Nei mesi di aprile e maggio, nessuno sapeva che cosa si sarebbe potuto fare in sicurezza dal 14 al 16 agosto.

Quindi in giugno il nostro collettivo composto da 7 persone, tra cui attivisti, accademici e artisti, ha ricominciato a incontrarsi all’aperto, parlando ad alta voce per comunicare in cerchi distanziati. Insieme abbiamo immaginato un DegrowthFest in sicurezza con regole anti-Covid, centrato sulla comunità.

Abbiamo distribuito quadrati di compensato bianco di 60 cm di lato a persone e associazioni interessate, che potevano creare un’opera d’arte su questa tela o su altri supporti, rispondendo a questi tre spunti, parzialmente ispirati a un post del blog di Bruno Latour (http://www.bruno-latour.fr/node/852.html):Che cosa abbiamo capito? Cosa portiamo avanti? Cosa lasciamo perdere?

Sono state realizzate opere sorprendenti. Emily Reynolds, della Burlington Tenants Union (associazione degli inquilini) ha fatto un quadro con una casa e la scritta “Tutti hanno bisogno di una casa. Nessuno ha bisogno di un padrone di casa”. Jess Morrison del Vermont Workers Center (centro per la tutela dei lavoratori del Vermont) ha intagliato una complessa xilografia sul potere del popolo intitolata “Si riesce a ottenere qualcosa solo se ci si organizza per averlo”. Nel portico di casa sua, la musicista del posto Katy Hellman ha appeso delle marionette di legno chiamate “le ballerine”, accompagnandole con una poesia. Il movimento Black Lives Matter dell’area urbana di Burlington e BTV Copwatch (un gruppo che filma i poliziotti per fargli assumere le loro responsabilità) hanno collaborato nella realizzazione di una produzione artistica interattiva e di un pannello informativo per sensibilizzare sulla loro campagna “Pensaci due volte prima di chiamare la polizia”.

Altri hanno realizzato scatole per i commenti del pubblico, dipinto paesaggi utopici, citato libri trasformativi, creato opere d’arte in 3D da materiali di recupero, e raccontato storie fantastiche a piccoli gruppi di spettatori. E’ possibile vedere tutti i contributi nella nostra galleria virtuale della decrescita (Gallery — Degrow US).

Prima che scoppiasse la pandemia di coronavirus, avevamo già pensato di coinvolgere i nostri concittadini nel DegrowthFest, ma è stato un caso meraviglioso che questa pandemia ci costringesse a farlo diventare un evento al quale abbiamo invitato solo la nostra comunità locale. Il nostro evento ha stimolato conversazioni sul nostro futuro collettivo e sulla decrescita.

Molti dei contributi degli artisti si riferivano alla decrescita, anche se gli spunti che avevamo dato loro non menzionavano questo termine. Sulla sua tela Jan Schultz, un sostenitore della resilienza locale, ha semplicemente incollato una citazione di Stan Cox che comprendeva la frase “Che il viaggio che abbiamo intrapreso cerchi di ottenere la fine della crescita o la fine del capitalismo, stiamo spedendo i nostri bagagli alla stessa destinazione finale (preferibilmente su un treno)”. La mia coinquilina Becky Miller ha realizzato una piramide di azioni per “riconsiderare i consumi”: fare a meno, usare ciò che si ha, prendere in prestito, autoprodurre, comprare prodotti di seconda mano o riparabili. Un altro contributo, da parte dell’artista Kim Marie Glynn e di Jess Rubin di Mycoevolve, consisteva in un quadro con un’adorabile rappresentazione ecologica, con un sole con su scritto, “Riduci la tua impronta ecologica, fai spazio ai tuoi simili”.

Le persone erano incuriosite dalla decrescita. I partecipanti al festival si fermavano al nostro stand informativo sulla decrescita per parlare con qualcuno degli organizzatori del DegrowthFest o per prendere una copia della nostra bella rivista “Cos’è la decrescita?” (Zines — Degrow US). La nostra amica senzatetto Leslie si è interessata all’argomento e si è lanciata in un agguerrito volantinaggio di una breve spiegazione che aveva scritto sull’economia della decrescita. I compagni dello stand di Black Lives Matter e Copwatch ci hanno riferito che hanno parlato tutto il giorno di decrescita, tra di loro e con i passanti, di come questo concetto sia in sintonia con il taglio dei fondi alla polizia e in relazione con la giustizia razziale, e di cosa la decrescita potrebbe significare per la nostra città.

I diversi partecipanti hanno interpretato la decrescita in diversi modi. Per alcuni degli abitanti, rifiutare la crescita come obiettivo principale per la città di Burlington potrebbe liberarci dal dominio degli imprenditori, degli uomini d’affari, e dei loro alleati in consiglio comunale, aprendo uno spazio creativo di trasformazione verso la giustizia e la sostenibilità. Per gli ecologisti come Rubin, la decrescita ha significato mettere in discussione l’idea che gli esseri umani – in particolare i bianchi ricchi –continuino a essere i padroni della terra che condividiamo con tutti gli altri esseri viventi. Il concetto di decrescita per gli attivisti più giovani spesso ha portato a riscoprire le pratiche tradizionali e le semplici tecniche dei popoli indigeni di questa regione e dei coloni che si sono stabiliti qui, in una combinazione di antica saggezza e nuovo pensiero.

Queste diverse intuizioni rispecchiano le visioni plurali della decrescita nella letteratura accademica: la decrescita anticapitalista della scuola di Barcellona (What is Degrowth? From an Activist Slogan to a Social Movement: Ingenta Connect), il rovesciamento dell’espansionismo umano di Eileen Crist (Reimagining the human | Science (sciencemag.org)), la semplicità volontaria di Samuel Alexander (Voluntary Simplicity and the Social Reconstruction of Law: Degrow…: Ingenta Connect) o gli strumenti per la convivialità di Ivan Illich (Illich_Ivan_Tools_for_Conviviality_1973.pdf (monoskop.org)), per citare solo alcuni parallelismi.

Molte persone della nostra comunità locale si sono sentite in sintonia con la decrescita. Questo è lo straordinario risultato del DegrowthFest, secondo me. Sono felice ma non sorpreso che così tanti amici e concittadini siano entusiasti di questo movimento e di questa idea a me così cara.

Gli altri potrebbero dubitare del fatto che la gente comune si interessi di decrescita. Gli intellettuali molto seri che si trovano in internet e non amano la decrescita tendono a criticare il concetto non perché loro non lo capiscono, ma perché pensano che le masse meno istruite non lo capirebbero.

Invece si è visto che molta gente pensa che la decrescita abbia un senso. Probabilmente non siamo sufficientemente numerosi per vincere le elezioni, ma siamo abbastanza numerosi per poter formare un movimento. Come movimento tra i movimenti, possiamo essere potenti, collettivamente.

Gli accademici e i giornalisti progressisti che affermano che “la gente” o “gli altri” non proveranno a realizzare la decrescita, dovrebbero rivolgere le loro riflessioni all’interno di se stessi. Sono loro che sono contrari alla decrescita. Piuttosto che proiettare questo rifiuto su una persona comune astratta, dovrebbero riconoscerlo come proprio, e spiegare cosa non gli piace della decrescita.

Oltre a tutto, gli intellettuali più popolari influenzano le opinioni della gente. Quando affermano che la decrescita non avrà successo, può diventare una profezia che si realizza da sola.

D’altra parte, quando abbiamo invitato i cittadini a partecipare a un evento chiamato DegrowthFest, ma non abbiamo suggerito alle persone cosa pensare, abbiamo capito che la decrescita era accattivante. Suscitava curiosità. Immaginate cosa potrebbe succedere se i media e gli intellettuali presentassero la decrescita anche solo in modo neutrale, invece di denigrarla e presupporre che provochi paura nella gente.

Penso che noi decrescenti a volte ci facciamo influenzare da questa idea che la decrescita spaventa la gente. Ci affrettiamo a dare spiegazioni, a chiarire cosa significa in realtà,temendo che chi ci ascolta sia spaventato dalla parola decrescita, che pensi che intendiamo recessione, povertà forzata, o “ritorno alle caverne”.

Il DegrowthFest ha dimostrato che molte persone non hanno bisogno di esperti che dicano loro che cos’è o non è la decrescita. Le conversazioni con amici ed estranei hanno rivelato che i profani spesso hanno una buona percezione di cosa potrebbe significare la decrescita.

Naturalmente stiamo lavorando con un campione parziale, un gruppo di persone auto-selezionatosi che aguzzano le orecchie quando sentono la parola “decrescita” o la vedono scritta su un manifesto. Ma se stiamo cercando di far nascere un movimento, allora è una buona strategia concentrare la nostra attenzione sulle persone già in sintonia con la nostra causa.

Invitare gli interessati e i potenziali sostenitori a definire la decrescita significa accoglierli nel nostro gruppo. Fa partire una conversazione, a volte genera perfino idee innovative.

Questa è stata la prima attività che abbiamo svolto al Degrowth Gathering (Assemblea per la decrescita) di Chicago del 2018, il primo evento in assoluto organizzato dal nostro collettivo informale, DegrowUS. Ogni persona scriveva su un post-it “che cos’è la decrescita” per lei. Ho ancora quelle definizioni di decrescita sui post-it e sono meravigliose.

Capisco che vogliamo differenziare la nostra visione di una decrescita che porta all’emancipazione da fraintendimenti che potrebbero comprendere limitare l’immigrazione o adottare misure autoritarie. Secondo me forse dovremmo prima di tutto ascoltare, e fidarci che ci sarà poi la possibilità di parlare.

Il DegrowthFest ha offerto ai nostri concittadini e compagni uno spazio in cui parlare. Le persone hanno espresso quello che è emerso dalle attuali crisi intricate, lente e urgenti, e hanno sognato mondi possibili in cui vorrebbero vivere tutti insieme.

Le strade di Burlington sono diventate un luogo di libera espressione di molte forme di comunicazione. Girando per la città in una caccia al tesoro in cerca delle installazioni del DegrowthFest, ho notato tanti tipi diversi di opere d’arte, che non avevo mai notato prima, in strade che ho percorso decine, se non centinaia di volte.

Il grande intellettuale scomparso David Graeber una volta ha scritto “Il principio dell’azione diretta è la ribelle insistenza ad agire come se si fosse già liberi”. Non abbiamo chiesto alla città il permesso di installare opere d’arte durante il weekend; abbiamo invece parlato direttamente ai cittadini della temporanea installazione delle opere del nostro festival artistico diffuso di fronte alle loro case, invitando tutti a partecipare al nostro passaggio.

Uno degli organizzatori del DegrowthFest, lo scienziato-artista Kristian Brevik, ama dire che il mezzo di comunicazione è il messaggio. In questo caso, forse la cosa più importante era far uscire la gente allo scoperto e farla passeggiare per la città, per osservare attentamente non solo le installazioni passeggere, ma tutta la bellezza sempre presente.

Insieme, abbiamo indossato degli occhiali con i quali abbiamo visto un potenziale futuro di decrescita nella nostra comunità locale, anche se solo per un weekend. Sono felice che non abbiamo fatto al suo posto una conferenza online.

*Sam Bliss co-organizza Food Not Bombs Burlington e sta facendo un dottorato su produzione e consumo alimentare al di fuori del mercato in Vermont.

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