Esistono migliaia di storie individuali di esperienze collettive che ignoriamo quasi completamente. Esistono protagonisti senza nome sparsi in diverse parti del mondo, seminati in diversi momenti storici, tutti però accumunati dal vivere sulla propria pelle oppressioni e lotte che noi in genere ascoltiamo o leggiamo distrattamente sui media, ma che per loro sono realtà concretissime. Questa serie di racconti brevi ci trascina nel mondo quotidiano di queste persone e, attraverso i loro ricordi, frammentati e incompleti come quelli di tutti, ci permette di ricostruire la loro storia e di approfondire contesti lontani dalla nostra conoscenza diretta. La diciannovesima puntata della rubrica “Suture, a cura di Valeria Andreolli.
Premi sull’affumicatore. Una nuvoletta di fumo bianco entra nell’alveare. Le api sono confuse, avvertono il pericolo e cominciano a riempirsi le guance di miele e a schizzare fuori. Premi di nuovo sullo strumento di acciaio che tieni in mano e guardi un migliaio di api dimenarsi nell’aria. Hanno paura.
Vorresti essere in grado di comunicare con loro e confortarle sul fatto che non c’è niente da temere, che tu sei loro amico, che tutto quello che fai per loro, tutta la cura che dedichi loro derivano dalla tua profonda consapevolezza dell’importante ruolo che esse ricoprono per tutto il pianeta.
È stata una passione nata un po’ per caso. Qualche documentario in tv, qualche articolo sui giornali. E ad un certo punto hai deciso che volevi fare qualcosa perché le api, questi insettini piccoli e ronzanti, svolgessero le loro peregrinazioni e le loro danze vicino a te, hai deciso di offrire loro uno spazio sicuro dove costruirsi una casa, proprio qui, sul terrazzo in cima al condominio in cui abiti.
Quando, durante una riunione condominiale, avevi lanciato l’idea per la prima volta, gli altri condomini ti avevano guardato storto e avevano riso sotto i baffi. Però avevano ascoltato senza fiatare la storia della drastica diminuzione delle api a causa dei pesticidi fatti piovere in quantità industriale sui campi e avevano sgranato gli occhi quando li avevi informati che un terzo dei prodotti con cui riempiono i loro frigoriferi è lì proprio grazie alle api. Alla fine, più o meno tutti si erano convinti, pur con qualche riserva che era svanita definitivamente quando ti eri presentato ad ogni singola porta del palazzo con un vasetto di miele in mano dopo la prima smielatura.
Ti soffermi a guardare la vastità della città che si estende sotto di te per chilometri e chilometri. Stare quassù ti piace, anche perché puoi immaginare i mille luoghi in cui le tue api adulte si avventurano ogni giorno alla ricerca dei fiori dai colori più sgargianti in grado di attirare la loro attenzione e dalle forme più assurde che le costringono a fare le acrobazie più svariate per inserire la loro minuscola proboscide negli stami e succhiarne l’agognato nettare, per poi tornare alla base e, attraverso voli e danze dettagliatissime, spiegare al resto dell’alveare dove si nascondono i fiori più ricchi e succosi a cui rubare il nettare. Cosa daresti per riuscire a decodificare quelle danze e, come un genitore premuroso, scoprire verso quali destinazioni partono le tue api quando si allontanano dall’alveare. Ad ogni modo sai che nella maggior parte dei casi torneranno, perché l’alveare, tutta la loro famiglia, dipende dal bottino che esse porteranno con sé e, anche se non sai quanto ne siano veramente consapevoli, anche tu dipendi dal miscuglio acquoso di melata e nettare di cui esse si gonfiano le guance e che poi vomitano nelle celle dell’alveare dove le loro sorelle se lo passeranno di bocca in bocca fino a farlo giungere alla giusta densità.
Tuttavia il miele, con il suo gusto dolcissimo e il suo colore cristallino, è solo una delle tante soddisfazioni che questa attività ti sta dando: la ragione principale che, quasi quotidianamente, al rientro da una giornata di lavoro ti fa entrare nella tua tuta da apicoltore ed andare ad ispezionare lo stato di salute delle tue api rimane il tuo sincero interesse a far sì che questi animaletti pacifici e così indispensabili all’ecosistema continuino a svolazzare da un fiore all’altro carichi di pollini consentendo a mele, arance, fagioli, zucche e pomodori di continuare a popolare le tue, le nostre tavole.
Continui a premere sull’affumicatore, ma le api sono pigre e stanno bene aggrappate al loro favo. Sono ormai abituate ad essere rimirate come delle dive: sempre più spesso, quando sali quassù, le trovi attorniate dai bambini del palazzo che le scrutano curiosi alla ricerca della celebre ape regina con il suo medaglione circolare sul dorso, il suo corpo enorme e la sua corte di api operaie che la lavano e le servono la sua dose di pappa reale direttamente in gola. Ti diverte coglierli di sorpresa e ammaliarli con i mille aneddoti di questa società organizzata e matriarcale dove tutto funziona in modo tanto efficiente che anche la nascita e la morte sottostanno alle decisioni imprescindibili dell’alveare nel suo complesso. Sui loro volti vedi la stessa espressione stupefatta e felice che avevi tu quando, in una calda giornata di inizio estate, due omoni bardati erano venuti quassù a sprigionare le tue prime tre colonie dentro alle tue arnie nuove di zecca accuratamente posizionate in rapporto al sole. Ed è proprio mentre guardi i loro visini interessati che ti rendi conto che anche questo, anche la possibilità di trasmettere le tue conoscenze sul mondo delle api ai più piccoli rientra tra i benefici aggiunti che la decisione di prendersi cura di un alveare comporta.
Ispezioni con cura le celle contando quelle sigillate a denunciare il bottino di miele che contengono e che tu già ti pregusti con gli occhi: il momento della smielatura si avvicina.
** Pic Credit: Cassandra Giraldo – Wall Street Journal