I cosiddetti progressisti, quelli che si sentono moderni, magari anche quelli che sono un po’ avanti con l’età (e quindi essere pro-progresso li fa in qualche modo sentire giovani) dicono che non si può guardare indietro, che prima (qualsiasi prima), si stava comunque peggio. Sciorinano la solita sequela di invenzioni scientifiche che ci hanno portato grandi benefici e quindi si convincono e vogliono convincere gli altri, che siamo nel migliore dei mondi possibili.
Non possono mica deludere i loro “followers”, apparire retrogradi, conservatori o nostalgici di periodi passati; non sia mai, per alcuni ne andrebbe anche delle loro immagini pubbliche, carriere e profitti, grandi o piccoli che siano.
Per giustificare le magnifiche sorti e progressive, si cita sempre quanto era dura la vita di nonni e bisnonni; peccato che sempre più spesso di fronte al mondo attuale vuoto di significato e artificiale, si sentano proprio gli anziani dire: sì prima la vita era dura ma almeno era vera. E perché se prima si stava tanto male, molte pubblicità ci ricordano i Mulini Bianchi, le tagliatelle della nonna fatte in casa, la genuinità dei sapori di una volta e i bei tempi andati?
Nonostante ciò, comunque sia, noi contemporanei saremmo i migliori e tutti gli altri, vissuti prima di noi, sarebbero solamente dei poveri arretrati a cui guardare con compassione e ovviamente superiorità. Eppure basterebbe conoscere un po’ la storia o anche solo analizzare la situazione presente in maniera oggettiva per non essere così entusiasti del “migliore dei mondi possibili”.
Quando si stava peggio, non avevamo inventato armi così potenti che potrebbero distruggere il pianeta più volte e annientare la vita sulla terra, non solo la nostra ma tutta la vita esistente.
Quando si stava peggio, non avevamo provocato danni tali da portare l’intera umanità al suicidio come sta succedendo con la catastrofe ambientale determinata dal “progresso” che modifica il clima, inquina l’impossibile, stermina miliardi di animali, distrugge la biodiversità in maniera così drammatica e veloce che prossimamente ci troveremo di fronte immensi deserti privi di vita.
Quando si stava peggio la terra e il mare non erano una discarica strapiena di rifiuti di ogni tipo, compresi quelli radioattivi dalla durata di migliaia di anni, per cui le prossime generazioni, se mai ce ne saranno, ci malediranno per il resto dei loro giorni.
Quando si stava peggio forse si viveva meno ma almeno si viveva, che vita è quella passata di fronte ad uno schermo, in cui la vita è tutta virtuale?
E tutto questo sarebbe progresso? Sarebbe il migliore dei mondi in cui vivere?
Il cosiddetto progresso attuale lo è poi per un 20% della popolazione mondiale ma la restante stragrande maggioranza si dibatte fra mille difficoltà, miseria e disperazione proprio per permettere a quel 20% di spassarsela. Senza dimenticare poi il quasi miliardo di persone che nell’era del progresso soffrono ancora la fame.
Il progresso non è e non sarà mai qualcosa che inventa e mette in pratica la distruzione. Il progresso o migliora veramente le condizioni di tutti e non distrugge niente, oppure non è progresso ma sfruttamento e follia.
Non so dire se prima si stava peggio o meglio ma di sicuro peggio di avere una spada nucleare di Damocle sulla testa che può scatenarsi ad ogni secondo e una devastazione totale sicura a cui ci avviamo attraverso la catastrofe ambientale, non c’è mai stato nulla nella storia.
Con buona pace di chi vuole vendere le sue favolette su quanto erano “arretrati” quelli che sono venuti prima di lui o lei, così “arretrati” che non avevano inventato i mezzi per eliminarci tutti per sempre. Forse era meglio essere un po’ “arretrati” ma almeno poter vivere con la sensazione che l’umanità non aveva un futuro costantemente appeso ad un filo, oltre che non dare alcun futuro a chi sarebbe venuto dopo di noi.
E così per non guardare indietro e magari interrogarsi se recuperare almeno la parte di saggezza che c’era nei tempi passati, dal “progresso” ci ritroveremo direttamente al tempo delle caverne, se saremo fortunati.