A pochi giorni dalle elezioni amministrative che hanno visto la cocente sconfitta del MAS in città importanti come La Paz ed El Alto e più in generale una preoccupante perdita di consensi, un nuovo caso ha riportato l’attenzione del mondo sulla ferita democrazia andina: l’arresto della ex presidente Jeanine Añez.
L’ex presidente è stata arrestata sabato mattina nella sua casa di Trinidad, dove secondo alcune voci stava pianificando la fuga. Assieme a lei sono stati arrestati anche i suoi ex ministri dell’Energia Rodrigo Guzmán e della Giustizia Álvaro Coimbra. Ordini di cattura anche per gli ex ministri Arturo Murillo, Yerko Nuñez e Luis Fernando López. In totale, la giustizia boliviana è sulle tracce di almeno dieci persone che hanno fatto parte del governo precedente o delle forze armate con l’accusa, per tutti, di “terrorismo, sedizione e cospirazione”. Qualche ora dopo, è stato arrestato anche Yassir Molina, leader del gruppo fascista Resistencia Juvenil Cochala, responsabile di numerosi crimini razzisti prima e dopo gli eventi dell’ottobre 2019, con l’accusa di organizzazione criminale, attentato contro i beni pubblici, uso di armi non convenzionali, distruzione di beni dello Stato, tra le altre cose.
Dalla Bolivia al resto del mondo in molti hanno applaudito all’iniziativa del potere giudiziario di rendere giustizia alle vittime di uno dei periodi più bui della storia recente del Paese, in particolar modo alle vittime di Senkata e Sacaba dove almeno 36 persone sono state uccise dalle forze armate a seguito degli scontri a fuoco tra esercito e popolazione che difendeva Morales.
Tuttavia, le accuse mosse contro i vertici del governo transitorio si sono focalizzate non su specifici crimini e violazioni di diritti umani, come quelli già citati di Senkata e Sacaba, ma sul “colpo di stato” più in generale evidenziando, ancora una volta, l’intenzione del MAS di rafforzare la narrazione polarizzata degli eventi del 2019, con l’obiettivo di cancellare la rivolta di ottobre contro la rielezione di Evo Morales. Anche in questo caso, l’utilizzo della propaganda è volto a dare una rappresentazione distorta della complicata realtà del paese, contrapponendo l’immagine stereotipata dell’indigeno buono con quella fascista e filo yankee delle destre. Come abbiamo avuto modo di scrivere più volte dalle pagine di Global Project, esiste una realtà che va oltre questa contrapposizione: per esempio, rispetto al colpo di stato, nessuno ricorda che, sebbene la Añez abbia effettivamente preso il potere con la forza, è altresì vero che ha “cogovernato” col MAS il quale ha sempre mantenuto la maggioranza assoluta in Parlamento. Anche sulla questione del litio come causa del colpo di stato, nessuno ricorda che fu proprio Evo Morales a concedere all’impresa tedesca ACI System lo sfruttamento dei giacimenti nel Salar del Uyuni, come raccontato molto bene dall’antropologo Devin Beaulieu. Per non parlare poi della narrazione “pachamamista” e indigenista che sempre accompagna Evo Morales e il suo governo ma che è ben smascherata da una parte importante del mondo indigeno e che ho raccontato, attraverso testimonianze dirette, in un precedente articolo.
Tutto questo per nascondere le problematiche contraddizioni e la crisi che attraversano il MAS, nonostante la vittoria alle presidenziali (da leggere però in chiave anti fascisti al potere, più che reale appoggio incondizionato alla linea del partito). Crisi che le recenti elezioni amministrative hanno messo sotto i riflettori evidenziando come, in molte città e dipartimenti la popolazione abbia scelto alternative di opposizione. Simbolica la vittoria per la guida della città di El Alto di Eva Copa, che ha ottenuto quasi il 70% delle preferenze. La ex presidente del Senato durante il governo transitorio ha negoziato con le forze “golpiste” e allo stesso tempo cercato di aprire una nuova fase all’interno del partito, chiedendo più spazio per le giovani generazioni e un’apertura sulle decisioni. Posizione che si è scontrata con la “cupola” del MAS, tanto che la sua pre candidatura a sindaco di El Alto è stata bocciata e l’ha costretta ad abbandonare il partito. Scelta che comunque non le ha evitato di trionfare in una delle città più importanti, considerata una roccaforte del MAS. Detto di El Alto, delle altre nove grandi città il MAS ha vinto solo a Sucre e Oruro, mentre per quanto riguarda i dipartimenti, ne ha vinti tre, Cochabamba, Oruro e Potosí e in altri tre, Chuquisaca, Pando e Tarija, è arrivata al ballottaggio con poche speranze però di vincere al secondo turno.
Un altro aspetto molto importante da considerare sono le reazioni scatenate dall’arresto dei più importanti vertici dell’opposizione. Il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres invita il potere giudiziario boliviano a «rispettare le garanzie del giusto processo e la totale trasparenza in tutti i procedimenti giudiziari». Il direttore di Human Rights Watch, José Miguel Vivanco, sottolinea come «nel governo di Añez ci sono state gravi violazioni dei diritti umani, inclusi due aberranti massacri. Devono essere indagati seriamente nel pieno rispetto del giusto processo. Il mandato di arresto contro Añez non si riferisce a questi massacri ma la si accusa di “terrorismo” senza fornire prove». Ricordando che nel 2020 chiese il ritiro delle stesse accuse mosse a Morales, Vivanco sottolinea come «l’ambigua figura del delitto di “terrorismo” si presta ad arbitrarietà» e «genera fondati dubbi che si tratti di un processo basato su motivi politici».
L’indipendenza del potere giudiziario del paese è peraltro stata messa in dubbio già altre volte. Senza andare troppo lontano nel tempo basta ricordare la persecuzione attuata durante il governo della Añez ai quadri politici, ma non solo, del MAS. Accuse cadute pochi giorni dopo il ritorno al potere del MAS. O il recente decreto presidenziale sull’amnistia con il quale il governo ha concesso un’amnistia generica alle persone che sono state processate penalmente durante il governo precedente. Sempre Vivanco sottolinea come «esistono prove schiaccianti che indicano come il governo di Añez ha perseguitato membri del MAS […] tuttavia, concedere un’amnistia generica senza criteri chiari su chi siano i beneficiari mina l’accesso alla giustizia da parte delle vittime e viola il principio fondamentale di uguaglianza davanti alla legge».
Questi arresti dunque, più che mostrare l’intenzione del nuovo governo di dare giustizia alle vittime sembrano mostrare la subalternità del potere giudiziario nei confronti del potere politico, scoprendo nuove ombre sul lato oscuro del progressismo boliviano. Per dirla con le parole del giornalista argentino Pablo Stefanoni, «ci sono molti motivi per processare Jeanine Añez. Tuttavia, l’opzione di costruire una mega causa mettendo tutto nel calderone “colpo di stato” mi sembra una via giuridicamente e politicamente negativa per una molteplicità di ragioni.
1. C’è una distinzione tra “incitazione al golpe” (se questo si può provare in un tribunale) e successivo governo. Per esempio Camacho sarebbe parte del primo, Añez del secondo. Non possono stare entrambi nei due punti.
2. Questi tipi di cause piene di delitti come “sedizione”, “cospirazione”, “terrorismo” sono vie per l’arbitrarietà – è ciò che si è fatto esattamente con Evo dopo la sua caduta-. Si deve giudicare delitti puntuali e ben definiti. E ce ne sono molti.
3. Più importante ancora: arresteranno Camacho che ha appena vinto in Santa Cruz con più del 50% ed è il governatore eletto, e Iván Arias che è il nuovo sindaco di La Paz, o solo la Añez che ha ottenuto appena il 15% nel Beni suggellando la fine politica sua e dei suoi ministri?
4. La giustizia in Bolivia non ha indipendenza dal potere politico. Si è visto quando è caduto Evo, che è stato riempito di processi di questo tipo; appena ha vinto il Mas è stato esentato da tutti. Ecco perché, oltre alla corruzione il prestigio del potere giudiziario è così negativo tra la popolazione.
5. Il MAS ha fatto valere l’appoggio nelle urne e ha rovesciato le battute d’arresto del precedente governo transitorio reazionario. Non aggiungerà niente una causa percepita come una rivalsa politica.
Ci sono certamente molti crimini da giudicare (come le repressioni) e questo può essere fatto in modo credibile e senza che la giustizia venga percepita solo al guinzaglio del potere politico».
Riuscirà il MAS ad essere credibile non solo verso i numerosi “nemici” esterni ma anche e soprattutto rispetto a quanti gli hanno dato fiducia attraverso il voto di ottobre?