Sarà un lungo e intenso weekend di lotta quello che ci apprestiamo a vivere, nel quale convergono mobilitazioni e vertenze di lungo e breve corso che attraversano il “mondo del lavoro” nel nostro Paese. Riders, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, mondo della scuola, logistica, pubblico impiego: scioperi e mobilitazioni che si intrecciano e si richiamano, rendendo sempre più fertile quel prisma di conflitti che – oggi come non mai – caratterizza il lavoro vivo.
Composizioni sociali differenti, forme organizzative molto diverse tra loro, ma con in comune la necessità di mettere al centro del dibattito pubblico una serie di rivendicazioni che rompano quel piano di erosione di diritti e welfare che la crisi pandemica ha accelerato all’inverosimile. All’orizzonte può realmente profilarsi un piano strategico che sia in grado di assemblare le singole vertenze attorno a tre assi cruciali: un reddito sganciato dal lavoro, la ricostruzione di un nuovo Welfare e il diritto universale alla salute. Su quest’ultimo tema è fondamentale che la questione di una vaccinazione di massa, gratuita e libera dai vincoli di mercati, rivesta sempre più centralità nelle lotte sociali.
La fase all’interno della quale si colloca questo weekend di mobilitazioni è quanto mai delicata e cruciale. Tra poco più di un mese (il 30 aprile) i governi degli Stati membri dell’UE dovranno presentare a Bruxelles i relativi PNRR (Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza). Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha deciso da tempo che il coordinamento tecnico dell’operazione dovesse stare al ministero dell’Economia, nelle mani dell’ex direttore generale della Banca d’Italia Daniele Franco, uomo chiave della governance neoliberale nazionale e internazionale.
Al di là dei titoli nominali assegnali alle 6 missioni, 16 cluster e 48 linee di intervento, le linee guida decise da Franco e dalla sua cerchia strettissima di collaboratori, con l’avallo della società di consulenza McKinsey, sono molto chiare: immettere liquidità nei circuiti economico-finanziari del capitalismo al fine di ristrutturare il prima possibile quella “normalità” neoliberale basata sulla constante e violenta messa a valore della vita e della natura. Linee guida talmente chiare da essere esplicitate dallo stesso ministro Franco in una conferenza organizzata da Bloomberg, durante la quale ha annunciato con una naturalezza quasi disarmante che entro fine anno verranno riassorbiti tutti i “ristori” e i miseri aiuti statali concessi in questi mesi al tessuto economico nazionale. Se qualcuno si è fatto abbagliare da un possibile keynesismo di ritorno – che lo stesso Mario Draghi aveva evocato nell’ormai famosa intervista rilasciata al Financial Times nel marzo 2020, all’inizio della crisi pandemica – è stato prontamente smentito nelle parole, oltre che nei fatti.
In questo quadro, il weekend di mobilitazioni che si presenta assume una valenza politica importante, perché segna il fatto che non sarà facile che un processo di ristrutturazione capitalista venga attuato in condizioni di pacificazione sociale. Attorno alla questione della distribuzione delle risorse del Recovery Found possono aggregarsi una molteplicità di tensioni e conflittualità sociali che intrecciano il tema del lavoro e del reddito, ma anche quello ambientale, quello sulla salute e, in generale, quello legato alla riproduzione sociale.
Cerchiamo di orientarci sulle varie piazze e scadenze. Venerdì 26 marzo apre le danze lo sciopero della DAD e della scuola lanciato da Priorità alla scuola: «saremo in piazza per chiedere la riapertura delle scuole: perché sono state chiuse troppo a lungo; perché sono chiuse di nuovo in quasi tutta Italia mentre le principali attività economiche e produttive sono aperte; perché da un anno la chiusura della scuola è una scelta politica facile e senza costi per lo Stato, che li scarica tutti su genitori e giovani alle prese con crescenti problemi di ritardi nella formazione e di disagio psicofisico; perché è ora di smetterla di rubare il tempo – il loro presente e il loro futuro – alle e ai minorenni che vivono in Italia». Alle piazze di Priorità alla scuola aderiranno anche i collettivi studenteschi che durante tutto l’inverno hanno dato vita a una serie di scadenze e mobilitazioni legate alla riapertura della scuola in presenza e in sicurezza.
Il 26 marzo è anche il “No delivery Day” (nell’evento si possono leggere tutti gli appuntamenti), lanciato dai riders di tutta Italia, con un appello che chiedeva il sostegno e la mobilitazione di altri settori lavorativi: «come fattorini del delivery intendiamo ribadire, alla luce anche delle indagini effettuate dalla Procura di Milano, la nostra opposizione all’accordo capestro firmato da UGL e Assodelivery lo scorso 3 Novembre e rivendicare con urgenza la necessità di applicare un Contratto Collettivo Nazionale di settore (Trasporti e Logistica o il Commercio) che regolamenti tutta la categoria riconoscendo a lavoratrici e lavoratori finalmente tutti i diritti e piene tutele». I riders fanno appello anche a un boicottaggio di tutta la filiera dell’e-commerce per quella giornata, solidarizzando con i lavoratori e le lavoratrici di Amazon che hanno scioperato a livello globale – e per la prima volta in Italia – lo scorso 22 marzo.
Sempre il prossimo venerdì ci sarà uno sciopero della logistica indetto dai sindacati di base Adl Cobas e Si Cobas. Nel comunicato si legge: «il contratto nazionale del Trasporto Merci, Spedizioni e Logistica è scaduto dal dicembre del 2019 e, non solo al momento non si è aperto alcuno spiraglio nel riconoscere anche le nostre due OO.SS. al tavolo nazionale, ma nell’ultimo incontro del 23 febbraio con i sindacati confederali le Associazioni padronali si sono presentate con una loro “piattaforma rivendicativa”, nella quale viene manifestata l’esplicita volontà di cancellare buona parte delle conquiste che sono state il frutto delle lotte che come Si Cobas e Adl Cobas abbiamo costruito assieme negli ultimi dieci anni. (…) Una “piattaforma rivendicativa” di questo tipo equivale a una dichiarazione di guerra e non possiamo accontentarci di esprimere sdegno, ma dobbiamo organizzare una risposta forte e compatta per far rimangiare ai padroni questa ignobile provocazione, imporre la presenza al tavolo nazionale di chi rappresenta una buona fetta della logistica e chiedere un rinnovo del contratto nazionale che sappia accogliere le rivendicazioni che da tempo abbiamo presentato».
Chiudiamo con le mobilitazioni del mondo dello spettacolo, dell’arte e della cultura del 26 e 27 (qui il documento nazionale di rivendicazioni), lanciate in occasione dell’ennesima “finta riapertura” evocata e poi ritirata dal ministro Franceschini. In Veneto – dopo l’occupazione del Teatro Verdi a Padova dello scorso 20 marzo – l’appuntamento previsto è in piazzale Roma a Venezia, sabato 27 alle 14,30. Titolo della mobilitazione è “Show must go block” e fa riferimento al blocco del ponte della Libertà per lo spettacolo e per la cultura. Le Maestranze del Veneto puntano il dito in particolare contro la gestione regionale delle risorse del Recovery Plan: la proposta della Regione Veneto prevede l’utilizzo del 95% delle risorse destinate a i comparti “cultura e turismo” – un miliardo e mezzo di euro – per le opere di espansione turistica in vista di Cortina 2026. Il mondo dello spettacolo non viene menzionato: «per noi non ci sono che le briciole delle briciole. Crediamo che questa ferita sia troppo per essere sopportata. Il mancato stanziamento di fondi sarà un colpo mortale per una buona parte del nostro settore: tra lavoratrici e lavoratori in crisi, tra ditte in fallimento, tra artisti e musicisti costretti ad abbandonare la propria Regione. Nella scelta tra vita e morte noi scegliamo di lottare per la nostra vita e quella di tutte e tutti noi».
Tutte le mobilitazioni verranno seguite sul sito e i social network di Globalproject.info, ma anche su Radio Sherwood e Gemini Network.