Nello striscione calato da Rialto c’è scritto «se toccano unə reagiamo tuttə, in Turchia e ovunque!», ed è in effetti questo il chiaro messaggio che arriva dal presidio a Venezia, lanciato dall’Associazione Ya Basta! Êdî Bese! e immediatamente raccolto dal Centro Sociale Rivolta, così come dal Laboratorio Occupato Morion e dai nodi territoriali di Non Una di Meno di Venezia e Treviso.
Diversi interventi hanno animato il pomeriggio cittadino, ribadendo con forza che la decisione di Erdogan di far uscire la Turchia dalla Convenzione di Istanbul è un fatto gravissimo per quanto riguarda la sicurezza e la tutela delle donne e delle soggettività Lgbtqia+.
Si manifesta contro la decisione di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul, una notizia che ha fatto parlare i giornali di tutto il mondo. La Convenzione venne firmata nel 2011 da 45 Paesi per disporre misure legali contro la violenza sulle donne e gli abusi domestici. Il ritiro dal trattato, come ha detto in un tweet la ministra della famiglia, sarebbe motivato dalla sua “inutilità” di fronte alle già presenti leggi nazionali turche, sufficienti per tutelare le donne del paese. Ma i dati direbbero proprio il contrario, viste le alte percentuali di donne turche che subiscono violenze di tutti i tipi: femminicidi (almeno 300 nel 2020), abusi fisici o sessuali, impossibilità a frequentare l’istruzione o il lavoro, matrimoni forzati.
L’indignazione delle donne e delle associazioni femministe non si è fatta attendere, già poche ore dopo la decisione del governo migliaia di donne con le bandiere viola sono scese nelle piazze di Istanbul, Ankara e Smirne per manifestare il proprio dissenso e per denunciare i troppi abusi all’urlo di “Non stiamo zitte, non abbondiamo”. Altre mobilitazioni hanno colorato l’Europa, fino ad arrivare in Italia, e oggi a Venezia.
È inutile dire come la strada totalmente anti-democratica e liberticida del presidente Erdogan stia continuando a proseguire attraverso azioni politiche che limitano i diritti degli ultimi e annientano la libertà di opinione. Ma è utile ricordare che se questo progetto politico va avanti è anche grazie all’appoggio che i Paesi europei rivolgono ogni giorno al governo turco, un aiuto che se ne frega dei brevi episodi di indignazione da parte delle più alte cariche dell’Unione Europea se poi quest’ultima è la prima a rifornire i piani di Erdogan attraverso accordi diplomatici, vendita di armi e sostegno economico.
«Si scende in piazza oggi per esprimere tutta la nostra vicinanza a tutte le donne e a tutte le soggettività lgbtqia+ in pericolo in questo momento in Turchia», si sente dire al megafono e ancora «scegliamo, come Associazione Ya Basta! Êdî Bese! un luogo simbolico come Rialto per trasmettere a gran voce la vicinanza a tuttə coloro che al momento si sentono in pericolo e minacciatə dal regime conservatore e tradizionalista del Presidente Erdogan».
Va detto, però, che questa decisione che ancor di più va a ledere i diritti e la sicurezza di tutte le donne della Turchia, è l’ennesimo punto di rottura nella già non democrazia del Paese.