A distanza di un mese e mezzo dalla pubblicazione del video girato da attivistə della campagna #stopcasteller che ha sbugiardato davanti al mondo intero le falsità dell’amministrazione provinciale rispetto alle drammatiche condizioni di detenzione dei tre orsi prigionieri, sabato scorso – a Trento – un’iniziativa che aveva l’intento di continuare a denunciare la totale inadeguatezza delle istituzioni provinciali rispetto alla cosiddetta “gestione dei grandi carnivori”.
Nella città di Trento, al centro della rotatoria del ponte di San Lorenzo si trova la statua di un orso (emblema della città di Berlino) che è il simbolo del gemellaggio che lega Trento col quartiere di Charlottenburg. Questo orso non sembra particolarmente felice, fermo lì com’è, piantato in mezzo ad una rotatoria e ammorbato dai gas di scarico delle macchine. Felice magari no, ma senza dubbio il berlinese sembra un orso più libero di quelli in carne ed ossa che sempre nella città di Trento, a pochi chilometri di distanza da lui, sono intrappolati da mesi in quella buca di acciaio e cemento che solo l’aver infranto un divieto ha permesso di mostrare. Attorno all’orso finto non ci sono sbarre in vista, anzi, c’è un bel prato curato e fiori diversi in ogni stagione. Tutt’altra cosa rispetto alla realtà di quelli veri, la cui condizione è tanto misera da non poter essere documentata se non illegalmente, dal momento che vige un divieto assoluto di avvicinamento al carcere del Casteller. Trento è dunque quella città in cui un orso finto è circondato da fiori e un bel prato, mentre tre orsi veri sono incarcerati e condannati al fine pena mai. Il tutto mentre un centinaio di altri orsi veri sono sì liberi nei boschi della nostra provincia, ma solo fino al momento in cui qualcuno ai piani alti non deciderà di utilizzare un qualsiasi normalissimo comportamento tipico di un orso libero, che non fa altro che autodeterminarsi, quale pretesto per apporre l’etichetta di “orsi problematici” e determinarne quindi l’arresto o, (forse) peggio, per l’uccisione.
La diversità di trattamento che caratterizza la “gestione” dell’orso finto rispetto a quella degli orsi veri strideva tanto forte alle nostre orecchie che abbiamo deciso di attivarci per restituire un po’ di verità rispetto alla figura di un orso libero in un prato fiorito nel bel mezzo di Trento. Perché mai e poi mai si vorrebbe che in futuro qualche sprovvedutə turista o viaggiatorə di passaggio, scorgendo quell’orso circondato da fiori, possa essere trattə in inganno da quell’immagine idilliaca e credere che nella nostra provincia viga una pacifica convivenza tra l’essere umano ed i componenti di una specie selvatica che oltre 20 anni fa questi hanno deciso di “reintrodurre”.
L’iniziativa di sabato scorso alla rotatoria dell’orso finto, aveva proprio l’intenzione di modificare la sua immagine in modo da renderla maggiormente rappresentativa della condizione degli orsi denominati Dj3, M49 ed M57. Lə attivistə, indossando maschere di orso, hanno rinchiuso l’orso berlinese in una solida gabbia d’acciaio, molto simile a quella in cui sono intrappolati i prigionieri del Casteller.
Il Centro sociale Bruno dichiara: “Perché l’immagine idilliaca di quell’orso nell’aiuola fiorita non inganni sulla realtà del rapporto tra gli uomini e questi grandi animali in Trentino”. Sabato 10 aprile a Trento la seconda manifestazione nazionale della campagna #StopCasteller per la liberazione dei tre orsi prigionieri.