In pochi giorni la linea Draghi-Cingolani sulla “transizione ecologica” sembra già tratta: dopo l’ok a 11 nuove trivellazioni esplorative tra Mare Adriatico e Canali di Sicilia, arriva il via libera a Telt per la costruzione dell’autoporto di San Didero (con tanto di vomitevoli proclami sul sito e sui social della ditta), opera connessa agli interventi per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.
Quello che è accaduto un Val Susa nella notte tra il 12 e il 13 aprile non è solo lo sgombero di un presidio che aveva come obiettivo quello di proteggere una delle poche porzioni di territorio ancora incontaminate, stretta nella morsa tra l’autostrada Torino-Bardonecchia e l’ex acciaieria Beltrame. Si tratta di un segnale politico-militare importante, fatto in grande stile – 1000 agenti che entrano in azione con il favore delle tenebre – e con il chiaro intento di spianare la strada a chi fa della devastazione territoriale il proprio “marchio di fabbrica”. Telt si frega le mani, come se le frega Sitaf, società concessionaria dell’autostrada A-32 che realizzerà il cantiere per conto dell’azienda italo-francese, mentre chi difende il proprio territorio è messo ancora una volta di fronte a violenza poliziesca e repressione.
D’altra parte l’orizzonte di questo governo, come di quelli precedenti, sul tema del rapporto tra trasporti, infrastrutture e ambiente è chiara: lo stesso ministro Cingolani in più di un’occasione ha affermato che il suo concetto di sostenibilità ambientale passa per grandi opere e altri progetti ad alto impatto. «Proprio quando il Governo Draghi aveva dato da poco vita al Ministero della Transizione Ecologica, destinato ad occuparsi di tutte quelle pratiche utili alla salvaguardia dell’ambiente, Telt ha deciso di agire portando nella piana valsusina migliaia di agenti di polizia, operai e mezzi per devastare una terra che già in passato ha subito le angherie dell’acciaieria e della costruzione dell’autostrada. A quanto pare in Valsusa “salvaguardia dell’ambiente” equivale a “devastazione ambientale”. L’unica area verde esistente in quella parte di territorio, nominato da tutte e tutti il “polmone della bassa valle, dalla scorsa notte è stata messa duramente sotto attacco» si legge sul sito Notav.info.
Ma non ci sono mai partite perse in partenza, e proprio la storia della Valsusa lo dimostra. La resistenza della popolazione e di centinaia di attiviste e attivisti No Tav allo sgombero del presidio di San Didero è appena iniziata, ma ha già fatto capire – per l’ennesima volta – che a sarà düra! Dopo aver fronteggiato gli agenti per tutta la notte e resistito sul tetto del presidio, fin dalle prime ore del giorno dopo la situazione è stata in continuo fermento. Nel pomeriggio, «nel piazzale di fronte al presidio No Tav occupato da decine di mezzi delle forze di polizia, molti sindaci della Val di Susa, insieme al presidente dell’Unione dei Comuni, hanno dato luogo ad una conferenza stampa per portare la loro contrarietà all’opera e alla gestione delirante messa in campo a San Didero esattamente come negli anni passati è successo a Venaus, Chiomonte e Giaglione. In un unione di voci le amministrazioni comunali del territorio si sono dette preoccupate per quello che succederà nel prossimo futuro rispetto a quest’opera inutile e imposta».
Circa 500 persone si sono dirette successivamente sulla statale 25, determinate a raggiungere il presidio ex-autoporto, di fronte al quale erano schierati centinaia di agenti in assetto antisommossa e mezzi blindati. Cariche e lacrimogeni ad altezza uomo hanno riproposto uno scenario visto troppe volte in questi anni, in Valsusa e non solo, ma non hanno impedito ai No Tav di attraversare i boschi per raggiungere il presidio assediato. La polizia ha risposto con idrante e lacrimogeni fin dentro al paese di San Didero, lanciando addirittura dei candelotti nei cortili delle case.
Per mantenere un livello permanente di mobilitazione, il movimento No Tav ha annunciato che ci sarà ogni giorno un appuntamento al Polivalente di San Didero.
E oggi è un altro giorno importante per il movimento, visto che il tribunale di sorveglianza dovrà pronunciarsi sulla richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Dana, attivista No Tav in carcere da settembre.