Cosa ci insegna la pandemia: diritto alla cura

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Jonas Edward Salk (28/10/1914-23/06/1995), medico scopritore del primo vaccino antipoliomielite.

Quando in una intervista televisiva gli fu chiesto chi possedesse il brevetto del vaccino, lui rispose: “La gente, suppongo. Non c’è brevetto. Si può brevettare il sole?”

di Vittorio Agnoletto (medico, presentatore per l’Italia della petizione europea “Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia”)

Nessuno si salva da solo! Superare i brevetti. Riprogettare un servizio Sanitario Universale. Costruire un’azienda farmaceutica pubblica europea.

Con oltre 130 milioni di casi d’infezione nel mondo e quasi 3 milioni di decessi, la diffusione del virus a livello globale non mostra alcun segnale di rallentamento, mentre le economie dei Paesi stanno precipitando e ogni giorno aumenta il numero di coloro che sprofondano nella più totale povertà, essendo rimasti senza lavoro e senza alcun sostentamento pubblico.

E’ fondamentale perseguire con tenacia il diritto alla cura per tutti: meno privatizzazioni, più sanità pubblica, più medicina territoriale, più capacità di tracciamento sui territori per questa, come per le prossime pandemie.

La scelta del nostro Paese di abbandonare le politiche di prevenzione e di cura territoriale a favore dell’ospedalizzazione, spesso svenduta ai privati, ha trovato una tragica evoluzione in Lombardia. Se la Lombardia fosse una nazione indipendente, come auspicava la Lega fino a qualche anno fa, la Padania sarebbe al primo posto al mondo per numero di decessi ufficialmente attribuiti al Coronavirus in relazione alla popolazione: al 1° aprile 2021 vi sono oltre 300 decessi/100.000 abitanti.

La Lombardia è la regione più avanzata per l’applicazione del neoliberismo in ambito sanitario e rappresenta il punto di arrivo, a livello nazionale ed europeo, auspicato dagli alfieri del libero mercato; per questa ragione quello che è accaduto, e che sta accadendo, in Lombardia riguarda tutti.

Due sono le principali ragioni del disastro verificatosi in Lombardia.

Una medicina concentrata solo sulla cura, in particolare sull’uso di tecnologie e trattamenti estremamente costosi, spesso ancora in via sperimentale, che per ragioni economiche possono essere utilizzate con un numero ridotto di cittadini e, in alcuni casi, con persone in grado di contribuire alla spesa: è quella che viene celebrata come “eccellenza lombarda” e che attira pazienti anche da altre regioni d’Italia.

Una presenza fortissima del privato all’interno del Servizio Sanitario regionale, al quale, attraverso l’accreditamento e le convenzioni, viene destinato circa il 40% della spesa sanitaria pubblica corrente; il privato avendo l’obiettivo di ottenere profitti, sceglie i settori e i dipartimenti con i quali accreditarsi: la chirurgia, le malattie croniche, non certo i pronto soccorsi o i dipartimenti d’emergenza. Per le aziende sanitarie private, la malattia e il malato generano profitto, mentre la prevenzione è un avversario che sottrae loro la ragione dei possibili guadagni. Esattamente l’opposto di quelli che dovrebbero essere gli obiettivi di un servizio sanitario pubblico.

Quando a gestire la sanità pubblica vi sono persone, forze politiche, che agiscono condividendo i criteri, gli obiettivi e gli interessi degli imprenditori privati: la prevenzione, la diagnosi precoce, la medicina territoriale, la sorveglianza sanitaria, i piani pandemici, l’epidemiologia, il ruolo dei medici di medicina generale,… sono considerati inutili e poco produttivi (di profitto) e il risultato è quello che abbiamo sotto i nostri occhi.

La questione vaccinale oggi è centrale.

Non c’è più tempo da perdere; i vaccini devono essere messi a disposizione di tutti i popoli della Terra, a qualunque latitudine, a costi equi e accessibili.

E’ una questione di giustizia, di umanità, ma è anche una scelta nell’interesse di tutti per evitare il rischio concreto che possano riaprirsi delle “falle” e possa riaccendersi la pandemia.

L’attuale situazione, che prevede i brevetti in mano alle multinazionali farmaceutiche, nonostante l’ingente aiuto economico pubblico, è insostenibile.

La segretazione degli accordi commerciali impedisce alla pubblica opinione di conoscere esattamente quanto denaro pubblico è stato versato ai colossi di Big Pharma; neanche ai parlamentari europei è permesso conoscere pienamente il contenuto degli accordi tra UE e aziende farmaceutiche.

I brevetti dovrebbero essere pubblici e appartenere a tutti coloro che attraverso gli Stati li hanno finanziati. La quasi totalità delle multinazionali farmaceutiche, impegnate a livello mondiale nella ricerca sui vaccini, ha ricevuto considerevoli quantità di denaro pubblico, l’UE ha investito centinaia e centinaia di milioni di euro e gli investimenti pubblici nei vaccini per il Covid, considerando anche i governi extra UE, arrivano a diversi miliardi.

Quindi, il pubblico li acquista e li paga praticamente due volte, con un carico sui bilanci della UE e dei singoli Stati, che graveranno sui singoli cittadini.

Altro aspetto inquietante è che i governi si faranno carico dei costi relativi ad eventuali, non auspicabili, effetti negativi a lungo termine dovuti alla somministrazione del vaccino.

Siamo al Far West: alcuni Paesi, tra le nazioni più ricche (Gran Bretagna, Israele e USA) hanno fatto incetta di vaccini (per il Premier Johnson è una questione di capitalismo e di avidità) da quelle aziende farmaceutiche che hanno promesso milioni di dosi, anche se non ne avevano la capacità produttiva.

Infine, è inaccettabile, ingiustificabile e irresponsabile la decisione delle multinazionali farmaceutiche con cui l’Unione Europea aveva stipulato dei contratti (Pfizer, Moderna, AstraZeneca) di ridurre il numero delle dosi, che avrebbe dovuto fornire ai Paesi europei: l’azienda si fa beffe degli accordi firmati, senza nemmeno sentirsi in dovere di fornire delle spiegazioni attendibili.

In venticinque anni, dal 1992 al 2011 Big Pharma ha pagato circa 36,5 miliardi di $ in multe, ma in soli 10 anni, dal 2002 al 2012, dieci, tra le maggiori aziende farmaceutiche, hanno avuto ricavi per 711 miliardi di $. E’ evidente che non sarà il timore delle sanzioni economiche a spaventare i colossi farmaceutici.

Questa situazione produce gravi conseguenze sul piano sanitario (sociale ed economico) anche in Italia, dove le dosi prenotate e disponibili erano già insufficienti per offrire, prima dell’autunno, il vaccino a tutta la popolazione.

E’ urgente obbligare l’UE a cambiare politica e ad impegnarsi per modificare le regole, definite a livello mondiale dagli accordi TRIPS, che prevedono il monopolio per venti anni dei brevetti da parte delle aziende produttrici.

E’ di vitale importanza rivedere le regole del commercio mondiale sui brevetti; gravissima è stata l’opposizione di USA, UE, UK, Svizzera, Australia, Singapore e del Brasile di Bolsonaro alla proposta avanzata, al WTO, da India e Sudafrica, con l’appoggio di quasi 100 Paesi, di realizzare una moratoria temporanea sui brevetti per i vaccini per il Covid-19.

Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia.

Per superare questa situazione un gruppo di personalità e associazioni hanno fatto ricorso all’ICE, l’Iniziativa dei Cittadini Europei, uno strumento istituzionale previsto dalla Commissione Europea (CE), che dà la possibilità ai cittadini di esprimere con maggior forza la propria opinione. Raccogliendo un milione di firme https://noprofitonpandemic.eu/it nei Paesi dell’UE, i firmatari impegnano la CE a presentare una proposta finalizzata a modificare le norme in vigore e/o ad introdurne di nuove.

In Italia si è costituito un comitato nazionale che comprende, per ora, 94 realtà nazionali, tra le quali tutte le principali organizzazioni sindacali e le principali associazioni.

Tre sono gli obiettivi primari di tale iniziativa: desegretare e modificare gli accordi firmati dalla CE con le aziende produttrici, stabilendo che i brevetti, relativi a vaccini finanziati anche con soldi pubblici, non possano essere privatizzati; ottenere che l’UE appoggi, nelle prossime riunioni del WTO, la proposta di moratoria; ottenere che la CE non si opponga e che gli Stati membri  decidano di ricorrere alle “Licenze obbligatorie”, una clausola di salvaguardia, prevista dagli accordi Trips sulla proprietà intellettuale firmati in seno al WTO, che consente ai Paesi, in una situazione d’emergenza pandemica e di difficoltà economica, di produrre direttamente i farmaci salvavita scavalcando i brevetti.

Andrebbe, inoltre, stabilito, in periodo pandemico, l’obbligo, per ogni azienda, a mettere in comune le tecnologie di contrasto al Covid-19 come proposto dall’Oms, in modo da condividere i progressi scientifici realizzati.

Guardando al futuro sarebbe di estrema importanza la costruzione di un’azienda farmaceutica pubblica europea: assisteremmo ad un forte calo dei prezzi dei farmaci non dovendosi realizzare profitti privati; si svilupperebbero ricerche anche verso le neglected diseases, le malattie dimenticate, o meglio ignorate perché colpiscono popolazioni e fasce sociali esterne o laterali al mercato; avremmo ricerche scientifiche con end point scelti in base alle priorità della sanità pubblica. Ad esempio, quanti sanno che le percentuali di efficacia degli attuali vaccini per il Covid_19 fanno riferimento alla capacità di bloccare l’evoluzione dell’infezione verso la malattia conclamata e non indicano l’eventuale capacità di bloccare la trasmissione virale? Le aziende non hanno inserito questo obiettivo nelle loro ricerche lasciandolo a eventuali trial da realizzarsi a posteriori, a vaccino già collocato sul mercato. Questa osservazione non toglie nulla all’importanza dei vaccini attuali, ma è evidente che sarebbe stato importantissimo poter conoscere la capacità di tali vaccini nel bloccare la trasmissione del virus.

Superare il monopolio dei brevetti sui vaccini e sui farmaci contro il Coronavirus non è una proposta “impossibile”; si chiede “semplicemente” di replicare oggi quanto già fatto con straordinario successo in passato: la terribile poliomielite, che pareva una damnatio biblica irrimediabile, è stata sconfitta anche grazie alla infinita umanità del dottor Jonas Salk, che ha collocato il suo vaccino antipolio sul mercato senza alcun brevetto, un bene pubblico mondiale, liberamente accessibile a tutti.

Photo Credits: “Jonas Salk – Polio” by Sanofi Pasteur is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 46 di maggio-giugno 2021:  “La salute non è una merce

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