Movimenti in Francia nella crisi pandemica

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di Attac France (traduzione di Marco Noris)

La pandemia di COVID ha colpito ATTAC così come tutti i movimenti sociali attraverso le conseguenze delle misure sanitarie: confinamento, coprifuoco, impossibilità di tenere riunioni, restrizioni al diritto di manifestare. Questa crisi sanitaria ha messo in evidenza le disuguaglianze sociali e territoriali, le conseguenze della globalizzazione capitalista, il primato del profitto sulla salute, le disuguaglianze di genere.

La gestione della crisi sanitaria da parte del governo è stata segnata da discorsi quasi marziali (“siamo in guerra”), menzogne e mancanza di misure preventive (mascherine, test, vaccini…), dalla continuazione delle politiche di austerità nella gestione degli ospedali pubblici, da una logica che mira a preservare il funzionamento delle imprese a qualsiasi prezzo, una logica autoritaria accompagnata da politiche repressive e di sicurezza.

Se sono state prese misure governative (disoccupazione parziale, aiuti alle imprese…) per evitare un crollo economico totale, queste sono state insufficienti. Il governo ha rifiutato di prendere provvedimenti di giustizia fiscale per finanziare queste misure: c’è un grande rischio di una nuova fase di austerità generalizzata.

Tuttavia, da un anno a questa parte le mobilitazioni sociali non sono scomparse.

All’inizio del 2020, grandi scioperi e manifestazioni hanno avuto luogo contro una riforma volta a ridurre i diritti dei pensionati. La pandemia ha evidenziato la situazione molto deteriorata della sanità pubblica. Nella primavera del 2020, la popolazione ha espresso grande solidarietà al personale degli ospedali.

La reclusione ha rivelato il prezzo pagato dalle donne in termini di violenza all’interno della famiglia e il carico di lavoro quando hanno dovuto combinare il telelavoro con la cura dei bambini confinati in casa. La questione della violenza di genere e sessuale è stata al centro delle grandi manifestazioni femministe dell’8 marzo 2020 e 2021. Le donne sono state in “prima linea” durante questa crisi: lavoratrici ospedaliere, assistenti domiciliari, cassiere… lavori poco considerati e mal pagati, anche se sono state decisivi in questo periodo di crisi sanitaria.

Negli ultimi anni si sono formati dei collettivi per denunciare la violenza della polizia contro le persone vittime di persecuzione razziale e contro le mobilitazioni sociali. Un progetto di legge per vietare le riprese della polizia e per mettere sotto controllo i giornalisti ha portato a una mobilitazione eccezionale alla fine del 2020.

Attualmente, l’occupazione di molti teatri rivela la grave crisi del settore culturale. Gli occupanti chiedono misure per evitare una catastrofe economica per il settore, e mettono in discussione le scelte fatte dal governo per tenere in piedi l’economia a tutti i costi ma lasciando morire la cultura.

ATTAC è stata coinvolta nel sostenere tutte queste mobilitazioni e ha condotto azioni contro i profittatori della crisi come Amazon, i cui profitti sono esplosi nel 2020 ma che non paga la sua giusta quota di tasse, anzi rimane un campione di evasione fiscale e maltrattamenti dei suoi dipendenti. ATTAC ha portato al dibattito pubblico, attraverso diverse pubblicazioni, proposte alternative per una ricollocazione ecologica e solidale, e per un sistema fiscale che permetta di finanziare questo cambiamento di rotta.

Un anno fa, durante il primo contenimento, il dibattito pubblico si è concentrato sulle ragioni della pandemia, la messa in discussione della globalizzazione liberale, la denuncia dei piani di austerità che avevano indebolito il sistema sanitario, la necessità di pensare al “mondo dopo”.

Ma in autunno, durante il secondo contenimento, con la continuazione della pandemia, le conseguenze sociali di un rallentamento dell’economia, l’aumento della disoccupazione e della povertà, hanno avuto più un effetto di congelamento parallelo a un “malessere sociale” generalizzato che si è imposto anche negli ambienti militanti.

Il contesto politico è particolarmente intossicato da un governo che persegue un liberalismo autoritario, cercando di guadagnare punti negli ambienti conservatori e di estrema destra, in vista delle elezioni presidenziali del 2022, non esitando a condurre una campagna di stigmatizzazione dei musulmani, in nome di una laicità molto restrittiva.

Dalla parte della “sinistra”, il bilancio del quinquennio Hollande (2012-2017) ha aggravato la sfiducia verso il mondo politico poiché l’ex presidente, eletto per alcune promesse di sinistra, ha condotto una politica nella continuità di Nicolas Sarkozy, un presidente di destra. Le altre forze, di una sinistra più radicale ed ecologista, non sono in grado di accordarsi su un chiaro progetto politico alternativo. Il livello di astensione sta aumentando nelle elezioni e il sistema rappresentativo parlamentare sembra essere sempre più scollegato dalla vita di una grande parte della popolazione. Nonostante questo contesto, un anno dopo l’inizio della pandemia, ci sono comunque sviluppi positivi.

La Convenzione dei Cittadini per il Clima (Citizens’ Climate Convention) ha dimostrato che i cittadini scelti a caso erano capaci di diventare “esperti” di questioni climatiche e di accordarsi su una serie di misure che permetterebbero di rispondere al riscaldamento globale. Macron, rifiutando di sottoporre queste misure a una consultazione popolare, ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di cambiare rotta. Questa sequenza ha contribuito a una certa ripresa della mobilitazione sulle questioni climatiche, soprattutto tra i giovani.

All’inizio del 2020, i principali sindacati francesi, importanti ONG come Greenpeace e Oxfam, e associazioni di cittadini come ATTAC hanno istituito un quadro permanente intitolato “Mai più” con l’obiettivo di pensare al mondo di domani collegando tra loro questioni sociali ed ecologiche. Questo collettivo che ha prodotto un “piano di uscita dalla crisi” e che ha sostenuto varie lotte, sta preparando un’assemblea generale che riunirà i collettivi che sono stati costruiti in molte città.

L’esistenza di “Mai più” permette alle organizzazioni ecologiche (che hanno a lungo ignorato le questioni sociali) e ai sindacati (che sono stati a lungo caratterizzati da una visione produttivista) di lavorare insieme per costruire proposte e richieste che collegano l’ecologico e il sociale in un nuovo movimento. Questa dinamica è essenziale per condurre la battaglia “culturale” e politica sulla necessità di una rottura con il sistema capitalista, predatore delle risorse del pianeta e distruttore dei diritti sociali; può contribuire a cambiare l’attuale immaginario dominante inquinato dal capitalismo, dal produttivismo, dal consumismo… È necessario lavorare su una nuova visione che combini la condivisione della ricchezza e un diverso sistema di tassazione, investimenti pubblici per la transizione ecologica e forti garanzie sociali per la riqualificazione dei lavoratori, l’accesso per tutti all’istruzione, alla salute e alla casa.

Un anno dopo l’inizio della pandemia, il nostro discorso sulle conseguenze delle politiche di austerità, sul ruolo centrale dei servizi pubblici, sulla responsabilità delle lobby e delle multinazionali, sulle disuguaglianze e la necessità di misure fiscali eque si conferma alla luce di questa crisi sanitaria, rivelando la crisi globale. La battaglia di rottura con l’ordine economico dominante non è ancora vinta…

Nel dibattito cittadino e nella resistenza è sempre più posta la questione delle alternative. Spetta ad ATTAC, così come ai diversi movimenti sociali, contribuire ad amplificare queste resistenze e queste riflessioni per un altro mondo possibile, che è più che mai indispensabile!

Questa crisi sanitaria globale ci costringe anche a ripensare e rafforzare le alleanze dei movimenti sociali a livello europeo e internazionale.

Photo Credits: Attac France: Manifestazione del 21 e 28 novembre 2020 a Parigi

Il testo orignale dell’articolo di Attac France è disponibile qui.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 46 di maggio-giugno 2021:  “La salute non è una merce

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