La campagna vaccinale si va estendendo progressivamente a persone di età più bassa e si prospetta già la vaccinazione di tutti i bambini, nonostante essi siano fortunatamente risparmiati dalla pandemia e non abbiano un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2. Eppure, rischiano di esserne le più grandi vittime.
Ad oggi, la Pfizer/BioNTech ha solo annunciato i risultati di studi clinici realizzati nella fascia di età compresa fra 12 e 15 anni, ma non li ha ancora pubblicati su riviste scientifiche. L’azienda ha richiesto alle agenzie regolatorie l’approvazione per l’uso di emergenza (in inglese spesso abbreviato in EUA Emergency Use Authorization) per i bambini di questa fascia di età. Ha inoltre avviato nel marzo 2021 studi clinici su bambini di età compresa fra 6 mesi e 12 anni, se i risultati dovessero essere disponibili nella seconda metà di quest’anno, l’azienda prevede di ottenere l’autorizzazione all’impiego del suo vaccino nei bambini con meno di 12 anni entro il 2022. Anche la casa farmaceutica Moderna ha avviato studi clinici – progetto denominato KidCove – circa un mese fa, ed i primi dati sono attesi solo nel 2023.
Wesley Pegden, Vinay Prasad e Stefan Baral sul BMJ sostengono che: “l’autorizzazione all’uso di emergenza per la vaccinazione di massa dei bambini si deve basare su un calcolo diverso tra rischi e benefici rispetto al metodo usato per gli adulti”.
Assenza dei presupposti per concedere l’autorizzazione all’uso in emergenza nei bambini
“A differenza degli adulti, la probabilità che i bambini vadano incontro a quadri clinici gravi o a morte a causa della COVID-19 è molto bassa e pertanto non sussistono i presupposti per concedere l’autorizzazione all’uso di emergenza; questa va concessa quando ci si trovi nella necessità di fronteggiare una condizione grave o pericolosa per la vita anche in assenza di dati certi sui benefici e sui rischi”.
“Le autorizzazioni all’uso di emergenza per i vaccini COVID-19 in USA sono state concesse al culmine della seconda ondata, consentendo così a circa 100 milioni di adulti americani, che sarebbero stati altrimenti esposti a rischi significativi di esiti gravi o morte per infezione da SARS-CoV-2, di essere vaccinati. Alcuni eventi avversi significativi si sono manifestati con la somministrazione dei vaccini alla popolazione generale, comunque – sostengono gli Autori – la vaccinazione contro la COVID-19 negli adulti ha soddisfatto i criteri definiti per concedere l’autorizzazione all’uso di emergenza, perché il bilancio tra rischi e benefici è apparso positivo. Il bilancio può essere diverso per i bambini, che molto raramente presentano complicazioni causate dall’infezione”.
Le sperimentazioni in corso, anche su bambini di età inferiore a 6 mesi, non sono progettate per valutare la riduzione delle infezioni gravi da COVID-19 a causa della loro rarità in questa fascia di età. Hanno l’obiettivo di valutare la sicurezza, la risposta immunitaria e, come risultato secondario, l’impatto sull’incidenza delle infezioni da SARS-CoV-2. Non sono progettati per valutare eventi avversi rari o a medio e lungo termine.
“In conclusione, data la rarità di quadri clinici gravi e la scarsa conoscenza su potenziali eventi avversi a medio e lungo termine, i criteri per l’uso di emergenza dei vaccini COVID-19 in tutti i bambini non appaiono essere soddisfatti. Potrebbero avere un senso solo per quei bambini ad alto rischio di sviluppare gravi complicazioni dovute all’infezione. La vaccinazione dei bambini dovrebbe seguire il processo normativo standard poiché per la maggior parte dei bambini, a differenza degli adulti, questa vaccinazione non deve fronteggiare un’emergenza”.
Insomma, vaccinare i bambini contro SARS-COV-2 appare proprio difficile da giustificare in questo momento nella maggior parte dei casi paesi, sostengono anche Jennie S Lavine, Ottar Bjornstad, Rustom Antia.
Gli autori sottolineano tre aspetti:
-i lievi benefici che si ottengono con la vaccinazione di fasce di età che manifestano solo una malattia lieve;
-gli effetti modesti sulla trasmissione a causa delle varianti e della riduzione nel tempo dell’immunità indotta dai vaccini;
-la possibilità di conseguenze non intenzionali correlate alle differenze tra l’immunità indotta da vaccino e quella indotta da infezione naturale.
Protezione
Il rapporto costi-benefici di qualsiasi campagna di vaccinazione dipende dal peso della malattia nella popolazione bersaglio e dalle risorse disponibili. La gravità della Covid-19 nei bambini sotto i 12 anni è simile a quella dell’influenza e vaccinare i bambini non rappresenta una priorità neanche nei paesi ad alto reddito. Anche le nuove varianti sembrano determinare quadri clinici lievi tra i bambini. La vaccinazione mirata ai bambini vulnerabili dovrebbe essere una priorità nella ricerca.
Trasmissione
Bambini e adolescenti hanno più contatti sociali rispetto agli anziani e immunizzarli potrebbe far circolare meno il virus e proteggere anziani e fragili. I bambini però sono meno suscettibili degli adulti all’infezione e alla trasmissione. Paesi che hanno tenuto aperte le scuole primarie, come la Norvegia, mostrano il ruolo limitato dei bambini nel sostenere le trasmissioni e che vaccinarli darebbe riduzioni di rischio marginali per la comunità. I vaccini riducono ma non azzerano la trasmissione dell’infezione (con alcune varianti in Israele è stato documentato persino l’opposto), hanno durata sconosciuta ed efficacia ridotta su alcune delle varianti sinora emerse, ad oggi non è stata stabilita la necessità e la frequenza di dosi di richiamo
Conseguenze non intenzionali
Sfortunatamente, se la circolazione del virus diminuisce, aumenta l’età dell’infezione primaria, e poiché l’età è direttamente associata alla patogenicità, vaccinare i bambini porterebbe probabilmente meno infezioni, ma di maggior gravità e letalità.
Inoltre, a causa dalla durata relativa dell’immunità indotta dai vaccini e dall’infezione e della comparsa di varianti, vaccinare i bambini potrebbe aumentare la frequenza di episodi epidemici, con un aumento complessivo della morbilità e della letalità.
Infine, i vaccini mRNA contro la SARS-CoV-2 inducono risposte anticorpali maggiori rispetto all’infezione naturale ma possono suscitare risposte delle cellule T CD8 meno protettive contro le varianti.
Se l’infezione tra i bambini (e la riesposizione negli adulti) continueranno a produrre quadri clinici lievi, la vaccinazione pediatrica non sarà necessaria per fermare la pandemia. I benefici marginali andrebbero riconsiderati nel contesto delle risorse sanitarie locali, di una distribuzione equa dei vaccini a livello globale e di una comprensione più articolata delle differenze tra l’immunità indotta da vaccini e l’immunità indotta da infezioni.
Le pubblicazioni citate rafforzano le motivazioni espresse in un appello dalla Rete Sostenibilità e Salute con cui si richiede la moratoria della vaccinazione anti Covid-19 nei bambini , già sottoscritto da circa un migliaio fra medici e operatori sanitari. All’appello si può continuare ad aderire seguendo le istruzioni che in esso compaiono e l’elenco dei sottoscrittori sarà così aggiornato.
L’appello può essere sottoscritto solo da associazioni mediche o singoli operatori sanitari QUI
L’intervento è stato pubblicato su www.assis.it