Jeremy Loffredo – unlimitedhangout.com – 20 maggio 2021
È partita una nuova corsa alla vendita di dispositivi e sensori indossabili come la soluzione alla crisi degli oppioidi(1) e delle prigioni negli Stati Uniti. Tuttavia, questa “soluzione” è destinata ad andare a scapito delle libertà civili e, più in generale, della libertà umana.
Negli ultimi anni, le richieste di una riforma radicale delle carceri e di una soluzione alla crisi degli oppioidi negli Stati Uniti sono arrivate a permeare la politica nazionale. Con oltre due milioni di persone dietro le sbarre e più di 400.000 morte per abuso di oppioidi negli ultimi due decenni, questi argomenti sono spesso sulla prima pagina dei principali giornali negli Stati Uniti e all’estero.
Tuttavia, allo stesso tempo, il marketing della tecnologia indossabile, o dispositivi indossabili, come soluzione ad entrambi questi temi dolenti è stato promosso da attori chiave sia nel settore pubblico che privato. Soprattutto dopo la Covid-19, questi dispositivi elettronici che possono essere indossati come accessori, incorporati nei vestiti o addirittura impiantati sotto la pelle, sono spesso annunciati da aziende, accademici e influenti think tank come “pratiche” soluzioni tecnologiche a questi problemi profondamente radicati.
Eppure, come sarà trattato in questo articolo, il passaggio verso i dispositivi indossabili può offrire più costi che benefici, in particolare quando si tratta di questioni di libertà civili e privacy.
Il Forum Economico Mondiale e i dispositivi indossabili
Sulla carta, il World Economic Forum (WEF, noto anche come Organizzazione Internazionale per la Cooperazione Pubblico-Privata) è una ONG e un think tank “impegnato a migliorare la condizione del mondo”. In realtà, è una rete internazionale di alcune delle persone più ricche e potenti della Terra. L’organizzazione è meglio conosciuta per il suo incontro annuale della classe dirigente (per lo più bianca, europea e nordamericana). Ogni anno gestori di hedge fund, banchieri, amministratori delegati, rappresentanti dei media e Capi di Stato si riuniscono a Davos per “plasmare le agende globali, territoriali e industriali“. Come ha una volta esposto Foreign Affairs, “il WEF non ha alcuna autorità formale, ma è diventato un importante forum per le élite per discutere idee e priorità politiche.”
Nel 2017, il fondatore del WEF Klaus Schwab ha pubblicato un libro chiamato “The Fourth Industrial Revolution” [tradotto in italiano con il titolo “La Quarta Rivoluzione Industriale”]. Il WEF usa il termine Quarta Rivoluzione Industriale (4IR) per indicare l’attuale “rivoluzione tecnologica” che sta cambiando il modo in cui le persone “vivono, lavorano e si relazionano tra loro“, e con implicazioni “diverse da qualsiasi cosa l’umanità abbia sperimentato prima.” La 4IR è caratterizzata da nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (AI), la robotica, la stampa 3D, e “l’Internet delle cose”, che essenzialmente denota l’incorporazione di cose con sensori – compresi i corpi umani, sotto forma di dispositivi indossabili.
Come le “rivoluzioni” industriali che sono venute prima, il tema principale della quarta rivoluzione industriale del WEF è che permetterà alle aziende di produrre di più, più rapidamente e per molto meno denaro.
Nel suo libro, Schwab colloca la tecnologia indossabile come chiave per aiutare le aziende ad organizzarsi in ambito di lavoro a distanza, fornendo agli imprenditori “uno scambio continuo di dati e intuizioni sulle cose o sui compiti a cui si lavora“. Analogamente, Schwab sottolinea la “ricchezza di informazioni che possono essere raccolte da dispositivi indossabili e tecnologie impiantabili“.
Ma, diversamente dalle “rivoluzioni” industriali del passato, la 4IR del WEF mira a sfumare la distinzione tra la sfera fisica, digitale e biologica. E il WEF è un sostenitore dichiarato dei dispositivi indossabili nella loro propensione a spingere quello che definisce “potenziamento umano“.
Nel 2018, Schwab collaborò con Nicholas Davis, “Head of Society and Innovation” del WEF, nella stesura di un libro dal titolo “Shaping the Future of the Fourth Industrial Revolution“[n.d.T. Plasmare il futuro della Quarta Rivoluzione Industriale]. Avendo prestato servizio presso l’organizzazione per oltre un decennio, Davis era la scelta ovvia quale co-autore di questo libro in quanto ora “guida il tema della quarta rivoluzione industriale” al WEF.
Schwab e Davis vedono i dispositivi indossabili come un trampolino di lancio per la 4IR, scrivendo che questi dispositivi “diventeranno quasi certamente impiantabili” nel corpo e nel cervello. “I dispositivi indossabili esterni, come gli orologi intelligenti, gli auricolari intelligenti e gli occhiali a realtà aumentata, stanno lasciando il posto a microchip attivi impiantabili che rompono la barriera della pelle dei nostri corpi, creando possibilità intriganti che vanno dai sistemi di trattamento integrati alle opportunità di miglioramento umano“, scrivono.
Gli autori evidenziano il potenziale per “guidare un’industria del miglioramento umano” che, a sua volta, migliorerebbe “la produttività dei lavoratori“. Tuttavia, altri gruppi, compresi quelli che hanno collaborato con il WEF, vedono altre potenziali applicazioni per il loro uso ben oltre il luogo di lavoro.
Dispositivi indossabili, la crisi degli oppioidi e la guerra alla droga
Deloitte, la più grande società di contabilità del mondo e partner di lunga data del WEF, ha promosso i dispositivi indossabili come un modo per risolvere l’epidemia di oppioidi. Nel 2016, il Center for Government Insights di Deloitte ha pubblicato un report che delinea come combattere la crisi degli oppioidi. Gli autori sostengono che i “tecnologi” e gli “innovatori” dovrebbero essere parte della soluzione alla crisi degli oppioidi. Poi, nel 2018, l’azienda ha pubblicato un articolo intitolato “Strategies For Stemming The Opioid Epidemic” [n.d.T. “Strategie per arginare l’epidemia da oppioidi”], spiegando come l’analisi dei dati potrebbe essere utilizzata per assistere l’industria farmaceutica nel realizzare profitti [ed] i manager nel definire le strategie.
Altri partner del WEF sono più direttamente coinvolti in questo sforzo. Per esempio, il ‘Global Shaper’ del WEF Ryan O’Shea è il co-fondatore di Behaivior, una società che dice che sta creando “una tecnologia per prevedere e prevenire le ricadute della dipendenza” utilizzando dispositivi indossabili. O’Shea, oltre ai suoi legami con il WEF, è anche il responsabile dei social media per Humanity Plus, in precedenza World Transhumanist Association, che ha ricevuto 100.000 dollari da Jeffrey Epstein nel 2018, oltre a precedenti donazioni da enti di beneficenza legati a Epstein. Epstein ha anche donato somme significative al Presidente di Humanity Plus, Ben Goertzel.
Secondo il sito web di Behaivior, la mission dell’azienda è descritta come segue:
“Stiamo creando un software che può ricevere flussi di dati in tempo reale da dispositivi indossabili che rilevano la frequenza cardiaca, la variabilità della frequenza cardiaca, la temperatura della pelle, il movimento e la risposta galvanica della pelle (che è legata ai livelli di stress). Questi dati sono combinati con altre informazioni digitali sul comportamento, come la posizione GPS. Man mano che il comportamento e la fisiologia cambiano, il nostro software controlla se gli utenti si trovano o meno in uno stato di desiderio pre-ricaduta”.
L’azienda si promuove sul mercato come una soluzione per i governi che vogliono ridurre i costi. Come si legge sul sito Behaivior, “Ridurre le ricadute della dipendenza non solo salva la vita, ma risparmia anche una quantità significativa di denaro riducendo i nuovi arresti e le re-incarcerazioni“. Secondo documenti governativi, a partire dalla sua fondazione Behaivior ha ricevuto 533.000 dollari dal NIH. Riceve anche il sostegno del National Institute on Drug Abuse e della National Science Foundation. Indicativamente, l’azienda descrive la propria attenzione all’abuso di oppioidi come il “caso di applicazione iniziale” della società, implicando che la tecnologia potrebbe presto essere applicata ad altre sostanze illecite. In una sezione del proprio sito web intitolata “Market Opportunities”, l’azienda riporta il numero di Americani “dipendenti da droghe e alcol” e implica che potrebbe essere utilizzato per qualsiasi tipo di dipendenza da sostanze per cui la gente cerca il trattamento, comprese le sostanze che sono attualmente legali per l’acquisto e il consumo.
L’anno scorso, il NIH ha anche dato ad un’altra azienda, la Emitech, 328.000 dollari per realizzare un “braccialetto per l’avambraccio per il monitoraggio e l’allarme rapido istantaneo dell’assunzione di oppioidi“. Sul proprio sito web, Emitech afferma che “i nostri principali utenti target saranno le unità delle forze dell’ordine“, ma aggiunge che potrebbero essere utilizzati in altre strutture come “centri per il trattamento della droga” e “ovunque siano richiesti test per la droga“.
Non diversamente dalle aziende private che stanno finanziando, il governo federale sta anche stanziando denaro per i dispositivi indossabili utilizzati per rilevare altre sostanze criminalizzate, così come quelle che sono legali in alcuni o tutti gli Stati. Il NIH ha assegnato finanziamenti per alcuni sensori indossabili per [rilevare] l’alcol e un sensore indossabile per la cocaina. Inoltre, ha reso disponibile una sovvenzione per “la ricerca e lo sviluppo di marcatori digitali per il rilevamento dell’intossicazione acuta da marijuana“.
Che la rete WEF consideri i dispositivi indossabili come chiave per arginare l’epidemia di oppioidi è particolarmente significativo, dato che l’amministrazione Biden ha segnalato la propria intenzione di concentrarsi pesantemente su questa crisi una volta che la crisi Covid-19 si sia placata.
“Il nocciolo della questione per l’amministrazione Biden è che si abbia piena cognizione della crisi [degli oppioidi] una volta che la Covid inizierà a passare in secondo piano, forse nella prima metà del 2021“, come riportato dal Washington Post citando un professore che diceva [ciò] nel dicembre 2020.
Dalle prigioni private alle prigioni indossabili
In modo molto correlato, la classe dirigente sembra anche sposare la questione dell’incarcerazione di massa con la rivoluzione dei dispositivi indossabili.
“In un mondo digitale con cavigliere e dispositivi GPS, non c’è motivo di credere che la reclusione fisica sia l’unica opzione per coloro che sono stati condannati per reati non violenti“, scriveva Darrell West per il Brookings Institute nel 2015. “Rispetto all’incarcerazione, le cavigliere e i dispositivi GPS sembrano molto più tollerabili. Mantengono i criminali nella società, sono meno punitivi delle prigioni e sono molto meno costosi“.
West inquadra questa incarcerazione digitale come un’alternativa desiderabile, che consente ai governi di tagliare i costi, ma continuare a imprigionare la stessa quantità di persone come fanno ora. “Se non troviamo alternative all’incarcerazione fisica, i costi sociali ed economici delle prigioni continueranno a salire alle stelle“, scrive.
Nel 2013 la Deloitte, partner del WEF, ha pubblicato un articolo su ciò che chiama “incarcerazione virtuale“. Si immagina un sistema di monitoraggio automatizzato in cui gli addetti alla libertà vigilata possono tracciare la posizione delle persone, con un sistema automatico “invia loro notifiche quando hanno appuntamenti imminenti, se entrano in zone ad alta criminalità, o se i loro movimenti indicano che stanno diventando più propensi a commettere un crimine“.
L’articolo prevede che l’uso di questo sistema si estenda anche oltre il comparto carcerario:
“… Le applicazioni esistenti possono già stimare il contenuto di alcol nel sangue quasi con la stessa precisione di un etilometro – e prevedere l’inizio della depressione. In un prossimo futuro, il contatto con gruppi di supporto tra pari, notifiche push(2) da case manager(3), e il collegamento a imprenditori e altre reti potrebbero essere disponibili al tocco di un pulsante”.
Un articolo dell’Australian Broadcasting Corporation del 2017 ha introdotto qualcosa chiamato Technological Incarceration Project (TIP), un’impresa creata dal professore di diritto Dan Hunter. Il TIP propone una forma di “detenzione domiciliare” utilizzando “sensori elettronici che monitorano i trasgressori 24 ore su 24“. Questo sistema, che l’Australian Broadcast Corporation chiama “Internet dell’incarcerazione“, è destinato a sostituire i guardiani e le prigioni fisiche, utilizzando invece l’IA avanzata e l’apprendimento automatico per rilevare se sta per essere commesso un crimine – e garantire che non venga commesso.
“I trasgressori sarebbero dotati di un braccialetto elettronico o di una cavigliera in grado di fornire uno scarica inabilitante se un algoritmo rileva che sta per essere commesso un nuovo crimine o una violazione“, spiega.
Nel 2018, Hunter ha collaborato ad un articolo sul Journal of Criminal Law and Criminology proponendo questo sistema come una “grande rivoluzione per il settore carcerario“, sostenendo che avrebbe “portato alla chiusura di quasi tutte le prigioni degli Stati Uniti” e “messo fine alla crisi delle prigioni“. Secondo la Swinburne University of Technology, di cui è Preside, il lavoro di Hunter è stato sostenuto dalla National Science Foundation del governo americano.
La chiave della sua rivoluzione è una cavigliera con localizzazione GPS e un dispositivo a energia condotta incorporato, per somministrare una scossa elettrica e inabilitare i prigionieri fino all’arrivo della polizia.
L’articolo delinea il piano per l’incarcerazione tecnologica in tre componenti:
“In primo luogo, ai criminali sarebbe richiesto di indossare cavigliere elettroniche che monitorano la loro posizione e assicurano che non si muovano al di fuori delle aree geografiche in cui sarebbero confinati. In secondo luogo, i prigionieri sarebbero obbligati a indossare dei sensori in modo che le attività illegali o sospette possano essere monitorate a distanza dai computer. In terzo luogo, dispositivi ad energia condotta verrebbero usati a distanza per immobilizzare i prigionieri che tentano di fuggire dalle loro aree di confinamento o commettere altri crimini”.
Hunter e i suoi co-autori sostengono che il monitoraggio da remoto, mediante sensori indossabili è un’alternativa superiore alle tradizionali telecamere di sorveglianza. “… La nostra proposta richiede che i prigionieri indossino una serie di sensori da remoto – compresi quelli per il suono, il video e il movimento – che sono collegati a sistemi informatici centrali che possono rilevare comportamenti non autorizzati“, scrivono.
Hunter e i suoi coautori insistono inoltre sul fatto che il terzo passo, “l’immobilizzazione a distanza dei criminali“, renderebbe questa incarcerazione tecnologica più sicura di una prigione convenzionale, poiché il prigioniero non avrebbe possibilità di fuga.
Il modello di incarcerazione di Hunter è definito come un “sistema che può determinare se un prigioniero sta avendo un episodio psicotico (dal riconoscimento vocale e dall’elaborazione audio degli stati emotivi del prigioniero), sta minacciando un altro (dall’elaborazione audio degli stati emotivi di tutte le persone all’interno dell’ambiente del prigioniero e dall’elaborazione video del comportamento del prigioniero), o sta cercando di lasciare una zona designata (dal rilevamento GPS)”.
Degno di nota è il fatto che parecchie prigioni e carceri negli Stati Uniti stanno già utilizzando la tecnologia di identificazione vocale biometrica e il tracciamento della geolocalizzazione dei prigionieri e dei non prigionieri che chiamano al telefono.
Inoltre, il piano di Hunter di utilizzare i dispositivi indossabili per discostarsi dalle carceri tradizionali, delineato per la prima volta alcuni anni fa, sembra più vicino alla realizzazione rispetto ad allora. Per esempio, nel 2019, il DOJ [n.d.T. Department of Justice] ha concesso una sovvenzione ai ricercatori della Purdue University, per aiutarli a sviluppare un sistema di monitoraggio basato su dispositivi indossabili per coloro che altrimenti sarebbero in prigione. Il sistema di monitoraggio elettronico è stato impiegato presso la Tippecanoe County Corrections in Indiana, nell’ambito di un programma di “detenzione domiciliare”.
Inoltre, l’altra metà del piano di Hunter, utilizzando l’AI per elaborare le comunicazioni dei prigionieri e prevenire il crimine, è già in corso in tutti gli Stati Uniti.
Attualmente Amazon commercializza i suoi servizi di trascrizione AI sia alle prigioni che alle forze dell’ordine. Il sistema AI dell’azienda impiega la tecnologia di riconoscimento vocale e il software di apprendimento automatico per costruire un database di parole. Come riportato da ABC News, “notificano poi ai partner delle forze dell’ordine quando il sistema rileva un linguaggio o locuzioni sospette“.
“A un anno da oggi, tutto quello slang potrebbe essere obsoleto – così gli investigatori stanno costantemente inserendo nuove informazioni sullo slang delle prigioni in database su misura per la loro unica giurisdizione o area regionale“, ha spiegato ABC.
“Abbiamo insegnato al sistema come parlare [nella lingua dei] detenuti“, ha detto James Sexton, un dirigente di LEO Technologies, una società che utilizza i servizi di trascrizione di Amazon.
Fine prima parte
Link: https://unlimitedhangout.com/2021/05/investigative-reports/wearable-solutions-and-the-internet-of-incarceration/
Scelto e tradotto da NICKAL88 per comedonchisciotte.org
Note a cura del traduttore
- Crisi degli oppioidi
Si veda il seguente riferimento: Scandalo oppioidi, Big Pharma rischia un conto da 100 miliardi
Link: https://www.ilsole24ore.com/art/scandalo-oppioidi-big-pharma-rischia-conto-100-miliardi-ACLXY0g
La notifica push è un tipo di messaggistica istantanea grazie alla quale il messaggio perviene al destinatario senza che questo debba effettuare un’operazione di scaricamento (modalità pull). Tale modalità è quella tipicamente usata da applicazioni come WhatsApp o da servizi di sistemi operativi come Android, oppure da numerose applicazioni derivate da siti web come, ad esempio, il classico servizio meteo o quello delle notizie.
Link: https://it.wikipedia.org/wiki/Notifica_push
- Case Manager – […] È il professionista che fa da “persona di riferimento” del caso. I suoi compiti includono l’effettiva valutazione dei bisogni dell’assistito, in una visione olistica; la pianificazione dei supporti, delle risorse e dei servizi necessari; la messa in rete delle risorse e degli interventi; il coordinamento dei processi; la garanzia della continuità della presa in carico. Il case manager è un “gestore del caso”, un’espressione poco felice in italiano, guidato nella propria azione sia dall’efficacia degli interventi sia dall’ottimizzazione economica delle risorse. Detto altrimenti, è l’operatore che si fa carico, nell’ottica del caring, di tutte le esigenze della persona assistita […].
Link:
https://www.morningfuture.com/it/article/2019/10/30/case-manager-gestione-complessita/752/