Lunedì 12 luglio a Sherwood Festival di Padova c’è stato il primo della Carovana ambientale per la salute dei territori, con la Tavola Rotonda dei comitati e realtà venete che lottano per la giustizia ambientale e sociale. Nell’introduzione si è sottolineato come la carovana sia partita idealmente dal G20 di Venezia, dalle giornate di mobilitazione contro il summit su finanza ed economia, in cui uno dei temi principali è stata proprio la lotta per la giustizia ambientale.
Un tema che anima questa mappatura delle resistenze, delle lotte, dei saperi e delle proposte che vivono tutto il territorio italiano. Di seguito un report di tutti gli interventi della tavola rotonda.
Vincenzo Pellicanò (No Tav Valusa)
La pandemia va indagata con sguardo molto analitico e indagatore, analizzando cause e conseguenze in profondità. È stato chiaro fin da subito che anche nella situazione sindemica i rapporti di estrazione, di sfruttamento dei territori, di flussi logistici giocano un ruolo cruciale. Come affrontiamo quindi questa complessità? Il capitale, di fronte a una simile situazione, ha il vantaggio di trovarsi di fronte a un disorientamento. Dall’altro lato, però, le lotte territoriali preesistenti in realtà parlano delle stesse contraddizioni, e possono aggiornarsi facilmente.
Oltre a ciò, nuove lotte sono nate durante questo anno e mezzo: lotte che devono dialogare con quelle che esistevano già prima.
Così come la pianura padana ospita esperienze diverse di estrattivismo, a fronte però di manifestazioni molto diverse, la stessa situazione si presenta nel sud Italia, territorio che ospita l’altra carovana.
Alessandro, in collegamento da Venafro per la prima tappa meridionale della carovana, che porterà alle mobilitazioni contro il G20 dell’ambiente a Napoli (21-22 luglio).
A Venafro il lavoro di costruzione della tappa ha portato a incontrarsi realtà associative fino ad oggi più slegate: riuscire a incontrarsi, a proporre un nuovo perimetro, è fondamentale per aumentare il potenziale di tutte le battaglie esistenti. Riuscire a costruire reti intersezionali è esattamente uno degli obiettivi di queste carovane, che danno l’opportunità di avviare processi nuovi. La condivisione di esperienze per il diritto alla salute, per la difesa dell’ambiente, per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici è il primo passo verso questi percorsi.
Mattias Fascina (No Inceneritore Padova)
Il Veneto è un territorio attraversato da innumerevoli storie di devastazione ambientale e inquinamento. Da una mappatura di queste esperienze era nata alcuni anni fa l’iniziativa di Siamo ancora in tempo, una piattaforma che annoverava decine di Comitati e che aveva costruito alcuni tavoli di lavoro per un piano di riconversione ecologica.
Da allora in Veneto abbiamo assistito all’esplosione di Fridays for Future, abbiamo visto due Climate camp e numerose iniziative contro uno dei primi nemici del clima, ENI.
Scegliere di rivedersi oggi significa mettere una prima pietra verso la ricostruzione di un tessuto di interconnessioni di lotte diverse in tutto il Veneto.
Mattia Donadel (No Inceneritore Fusina, Opzione Zero)
Per quanto riguarda la realtà dei comitati, ad eccezione del No Tav e di alcune altre grandi realtà, occorre sempre ricordare che le battaglie possono essere vinte e che la mole di sapere accumulata è enorme. Ciò nonostante, molti comitati vivono una situazione di difficoltà legata al numero di attivisti e alla dimensione anagrafica. Il problema della ricomposizione sta quindi nelle effettive capacità di seguire altro oltre alla singola vertenza. È necessario trovare degli obiettivi comuni e dei percorsi continuativi.
Gli inceneritori e le discariche sono una realtà paradossale in Veneto, dove il tasso della differenziata è molto alto. Chi detiene i grossi impianti di smaltimento non vuole smantellare le infrastrutture: chi scrive i piani di rifiuti in Veneto sono Veritas e simili, cioè chi ha interesse a continuare a bruciare etc.
Gli impianti di smaltimento però non riguardano solo i rifiuti urbani, ma anche quelli industriali e quelli tossici, come succede a Fusina dove si vorrebbero bruciare i fanghi contaminati da Pfas. La filiera dei rifiuti è la fase finale della dinamica consumistica ed estrattivista, cui non si vuole porre fine.
Federico Battaini (No Inceneritore Padova)
La battaglia contro l’inceneritore a Padova inizia circa 10 anni fa, con il progetto di allargamento delle prime due linee. Ad oggi, il nuovo progetto prevede la costruzione di una quarta linea, più avanzata, che però rappresenta proprio quella volontà di non risolvere il problema rifiuti alla radice.
Competenze e tecniche specialistiche sono state fondamentali nella costruzione di questo comitato.
La battaglia contro l’inceneritore non riguarda solo la lotta contro un’infrastruttura, ma più in generale la critica a un modello produttivo ben definito e la rivendicazione di un controllo popolare delle istituzioni, incapaci in questi anni di controllare la situazione.
Francesco Miazzi (Lasciateci Respirare Monselice)
Nel 1981 un mese di blocco del l’inceneritore di Schiavonia portò alla chiusura di quell’impianto, cui ne seguirono altre, tra cui quello di Sacca Fisola.
In Veneto sarebbe possibile attivare un percorso verso il rifiuti-zero, ma gli interessi delle lobby sono ancora predominanti. Nella Bassa Padovana la situazione è estremamente pericolosa perché annovera tra i più grossi impianti dell’Italia.
Oltre a ciò, una battaglia ancora attiva è quella contro la Cementeria, un cementificio che in quanto tale inquina dieci volte tanto un inceneritore. La battaglia origina 25 anni fa, da allora due cementifici sono stati chiusi, ma uno continua ad esistere. Gli effetti sul territorio sono altissimi, dato che i terreni sono completamente inquinati.
A fianco di ciò, esistono però esperienze positive di difesa di modelli alternativi, come i parchi naturali del delta del Po.
Marzia Alviero (Pfasland)
Nei territori più colpiti da inquinamento da Pfas la mortalità da Covid è stata più alta del 60%. La battaglia contro il Pfas è comune a diverse provincie e addirittura regioni e annovera tantissime realtà diverse.
I Pfas si accumulano con l’alimentazione, dato normalmente trascurato dai media perché significherebbe mettere in crisi uno dei settori, quello agricolo, più florido del Veneto.
I Pfas sono contenuti nei filtri degli acquedotti, ma anche nelle mascherine chirurgiche, che vengono poi incenerite. Gli impianti però non hanno temperature sufficienti per distruggere i Pfas, che quindi si disperdono nell’aria.
È un’economia circolare degli orrori.
Il ciclo di vita del Pfas è estremamente pervasivo e ad oggi non c’è un piano di bonifica definitivo. Di più, è una forma di inquinamento che ha conseguenze devastanti sulla salute.
Francesco Pavin (Caracol Olol Jackson Vicenza)
Il nesso tra sindemia e salto di specie/estrattivismo non è stato un nesso massificato. Il virus ha mostrato alcuni limiti che abbiamo valicato, trasgredito, dimostrando l’incapacità del capitale di prendersi cura del pianeta e delle comunità. Questo significa che dobbiamo farlo noi, ma non sostituendoci alle istituzioni manchevoli, ma offrendo le esperienze di cura e mutualismo dal basso alle battaglie, alle lotte, per colloquiare con i saperi di ciascun territorio.
Marco Baravalle (No Grandi Navi Venezia)
Il comitato no grandi navi insieme ai No Tav e altre realtà nazionali costruirono una marcia che puntava a connettere tutti i comitati sotto la battaglia contro l’estrattivismo, il 23 marzo 2019.
Una delle battaglie comuni è quella che ci vede ora concentrati sul Pnrr: il premier Mario Draghi sta per emanare un nuovo decreto per estromettere le navi dalla laguna immediatamente (il decreto usciva proprio in quelle ore, ndr), decisione frutto probabilmente da un lato di 12 anni di lotta, dall’altro della dichiarazione dell’Unesco di poter inserire Venezia nella black list. Ma il problema è che a fronte del trasferimento delle navi a Trieste o a Monfalcone, il decreto prevede compensazioni alle multinazionali crocieristiche: così verranno spesi i fondi del Recovery Plan, questa è la transizione ecologica che detta il capitale. Questi fondi andrebbero dati ai lavoratori, alle lavoratrici è alla laguna tutta, che da anni viene distrutta dalle crociere.
Damiano Vincelli (No Maxipolo Amazon Casale sul Sile)
Con la pandemia, i big dell’ecommerce hanno aumentato enormemente i profitti. Amazon prima di tutti, che ha dato il via al progetto di costruzione di un maxipolo a Casale sul Sile. Non è stato l’unico: nel giro di pochissimi mesi, Amazon ha dichiarato di voler costruire nella provincia di Treviso 9 hub, con conseguenze sul consumo di suolo e di spostamento di merci enorme.
Si tratta in realtà di una situazione comune a molti territori in Italia (Trento, Brescia…) in cui il colosso sta investendo.
Di fatto, l’azione di Amazon si configura esattamente come una grande opera, fatta apposta per drenare fondi pubblici, che a differenza di numerosi altri progetti trova però immediata realizzazione.
Il problema quindi non è solo il singolo progetto, ma il disegno complessivo alla base di questo tipo di nuovo sfruttamento del territorio.
Oltre al consumo di suolo, i poli di Amazon implicano ad esempio un inquinamento delle acque, dato che uno di questi sorgerà sopra una falda, implica inquinamento dell’aria a causa dei trasporti su gomma, e implica un grosso impatto in termini di rifiuti.
Danilo Del Bello (Rete fuori dal fossile)
Le battaglie per la giustizia sociale e climatica vanno assolutamente Unite. La radicalità dello scontro in atto tra capitale e vita è altissima, perché ad essere messa a repentaglio è la sopravvivenza della vita stessa.
Il mondo ambiente in cui viviamo è interconnesso: allo stesso modo lo devono essere le lotte. Come farlo? Le carovane sono dispositivi fondamentali da questo punto di vista.
Viene lanciata inoltre una assemblea in piazza sabato 17 luglio ad Arzignano (Vicenza) e un campeggio a Ostuni ad agosto, organizzato dal comitato No Tap.
Conclusioni
La ricchezza di saperi, di vissuto è costante di ogni incontro sui territorio: riuscire a metterli in comune è un passo fondamentale verso una reale alternativa al modello di sviluppo. La carovana de nord continuerà a Ravenna, Bologna, Piacenza, Empoli, Brescia, Pavia, Alessandria e Valsusa.
La carovana del Sud dopo la tappa di Venafro continuerà a Cosenza, Taranto e Napoli in occasione del G20 su ambiente.
In Valle ci sarà il Campeggio di lotta, all’arrivo della Carovana, cui seguirà il campeggio di ecologia politica e quindi il festival dell’Alta Felicità.
Per quanto riguarda il Veneto è stata ipotizzata la costruzione comune di una giornata tematica di approfondimento e discussione, da tenersi a inizio autunno.
È sicuramente necessario, al termine della pandemia, immaginare un nuovo terreno organizzativo e di azione.
Tutti gli appuntamenti di quest’estate arricchiranno quanto già si delinea per l’autunno, dall’arrivo della Gira zapatista alla Precop di Milano, fino alla Cop di Glasgow.