F. William Engdahl
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Una delle rare dichiarazioni oneste di Bill Gates era stata la sua osservazione all’inizio del 2021: se pensate che le misure per la covid siano brutte, aspettate di vedere quelle per il riscaldamento globale. L’Unione Europea è in procinto di imporre, senza alcun dibattito popolare, le misure più draconiane mai imposte fino ad oggi, che, in pratica, distruggeranno l’industria moderna in tutti i 27 stati dell’Unione Europea. Mascherate con nomi vezzosi, come “Fit for 55” e European Green Deal, a Bruxelles vengono messe a punto da tecnocrati non eletti misure che causeranno un collasso economico e la peggiore disoccupazione industriale dalla crisi degli anni ’30. Industrie come quella dell’automobile o dei trasporti, la produzione di energia e di acciaio sono sul ceppo del boia, tutto per un’ipotesi non provata chiamata riscaldamento globale di origine antropica.
Mentre la maggior parte dei cittadini dell’UE erano stati distratti da una serie infinita di restrizioni per una pandemia influenzale chiamata Covid-19, i tecnocrati della Commissione UE a Bruxelles hanno preparato un programma di dis-integrazione pianificata dell’economia industriale europea. Il puntodi forza di questo gruppo sovranazionale non eletto e che opera lontano da Bruxelles o da Strasburgo è che non deve rendere conto a nessun vero elettore. Hanno coniato persino un nome per questo stato di cose: Deficit Democratico. Se verranno attuate le misure che stanno per essere finalizzate in Commissione UE dalla presidente, la tedesca Ursula von der Leyen, e dal vicepresidente per il riscaldamento globale, il tecnocrate olandese Frans Timmermans, ecco una previsione di ciò che accadrà.
“Fit for 55”
Il 14 luglio, la Commissione UE presenterà la sua agenda verde “Fit for 55.” Anche se il titolo suona più come una pubblicità per uno studio sulla salute delle persone di di mezza età, questo sarà il programma di de-industrializzazione più draconiano e distruttivo mai imposto non in tempo di guerra. Fit for 55 sarà il quadro centrale di nuove leggi e regole volute da Bruxelles per ridurre drasticamente le emissioni di CO2, utilizzando schemi come le tasse sul carbonio, i limiti di emissione e i sistemi cap and trade.
Nell’aprile 2021 la Commissione Europea aveva annunciato il nuovo obiettivo climatico dell’UE: le emissioni, rispetto al 1990, dovranno essere ridotte del 55% entro il 2030 invece del 40% concordato in precedenza. Da qui il simpatico nome “Fit for 55.” Ma, se il piano verrà portato avanti, l’industria e la forza lavoro degli stati dell’UE saranno tutt’altro che in forma. Detto semplicemente, è un fascismo tecnocratico che viene imposto senza dibattito pubblico a circa 455 milioni di cittadini dell’UE.
Questo Fit for 55 [è un’assoluta novità] e, per la prima volta al mondo, un gruppo di paesi, l’UE, impone ufficialmente un’agenda per obbligare ad un assurdo “Zero” emissioni di CO2 entro il 2050 e al 55% in meno di CO2 entro il 2030. Lo zar del Green Deal dell’UE, il commissario Frans Timmermans, aveva detto a maggio: “Rafforzeremo il sistema di scambio delle emissioni dell’UE, aggiorneremo la direttiva sulla tassazione dell’energia e proporremo nuovi standard CO2 per le auto, nuovi standard di efficienza energetica per gli edifici, nuovi obiettivi per le energie rinnovabili e nuovi modi di sostenere i combustibili puliti e le infrastrutture per il trasporto pulito.” In realtà distruggerà l’industria dei trasporti, dell’acciaio, del cemento e la generazione elettrica con carbone e gas.
Ecco le parti principali del sinistro Fit For 55.
Auto e autocarri
Uno dei principali obiettivi del Green Deal dell’UE saranno le misure che costringeranno i veicoli con motore a combustione interna – automobili e camion a benzina o diesel – ad aderire a limiti di emissioni di CO2 talmente punitivi che saranno costretti ad uscire dalla circolazione entro il 2030 se non prima. Il piano porterà l’attuale obiettivo di una riduzione del 37,5% delle emissioni di CO2 veicolare entro il 2030 a un probabile zero emissioni entro il 2035.
Il 7 luglio, una coalizione di sindacati, aziende del settore dei trasporti e fornitori, tra cui la Confederazione europea dei sindacati e l’Associazione europea dei produttori di automobili, ha inviato un appello urgente allo zar verde dell’UE, Frans Timmermans. [I firmatari] hanno scritto: “…In Europa vorremmo vedere trasformazione industriale e innovazione, non una de-industrializzazione e una disgregazione sociale.” La lettera sottolinea che l’UE non ha piani per una cosiddetta “giusta transizione” per la sua industria automobilistica, compresa la formazione di nuove competenze per i lavoratori licenziati: “Attualmente non esiste un quadro di riferimento per i 16 milioni di lavoratori del nostro ecosistema di mobilità e, in particolare, per il settore automobilistico europeo, che è un’importante fonte di occupazione industriale.”
Questo non è un problema da poco, dato che la transizione dalle auto e dai camion con motore a combustione interna alle E-auto significherà un enorme sconvolgimento senza precedenti per le attuali catene di fornitori di autoveicoli. La lettera sottolinea che in tutta l’UE, il settore automobilistico contribuisce per l’8,5% al totale dei posti di lavoro dell’industria manifatturiera europea e, nel 2019, nella sola Germania, questo settore aveva prodotto quasi il 10% del PIL , insieme al 40% della spesa di ricerca e sviluppo del Paese. Le esportazioni dell’UE costituiscono oggi più del 50% delle esportazioni mondiali di autoveicoli. Nella lettera si afferma anche che la transizione verso veicoli a zero CO2 significherà una perdita di almeno 2,4 milioni di posti di lavoro qualificati e ad alto salario in tutta l’UE. Intere regioni diventeranno zone depresse. La lettera sottolinea che Bruxelles deve ancora mappare le conseguenze del Green Deal per il settore automobilistico.
In aprile il presidente tedesco della Commissione UE, Ursula von der Leyen, aveva ventilato che, nel mese di luglio, il Fit for 55 avrebbe potuto estendere il draconiano sistema di scambio di emissioni di carbonio (ETS), già operante nella produzione di energia elettrica e nell’industria, ad altri settori, come il trasporto su gomma e le costruzioni civili, aggiungendo che “chi inquina paga.” Oltre alle attuali tasse sul carbonio, l’inclusione nell’ETS imporrà automaticamente sanzioni finanziarie ai conducenti e ai proprietari di immobili, nonostante questi settori abbiano un impatto sulle emissioni di CO2 molto limitato, circa il 3% . Questo, in aggiunta alle norme più severe sulle emissioni delle auto, darà un colpo mortale ai consumatori e all’industria. Quando, nel 2018, il governo francese aveva imposto una tassa del genere aveva scatenato le proteste nazionali dei gilet gialli ed era stato costretto a ritirarla.
Acciaio
Il drastico piano dell’UE contiene nuove disposizioni che significheranno un cambiamento drastico per le industrie europee ad alta intensità energetica dell’acciaio e del cemento. Quella dell’acciaio è la seconda più grande industria del mondo dopo il petrolio e il gas. Attualmente l’UE è il secondo produttore di acciaio al mondo dopo la Cina. La sua produzione è di oltre 177 milioni di tonnellate all’anno, l’11% della produzione globale.
Ma il piano Timmermans introdurrà nuove misure che, apparentemente, penalizzeranno le importazioni di acciaio dai produttori “sporchi,” ma che, in realtà, renderanno l’acciaio europeo meno competitivo a livello globale. Le indiscrezioni sul piano dell’UE indicano che si prevede di eliminare gli attuali permessi di inquinamento ETS gratuiti per le industrie ad alta intensità energetica, come quelle dell’acciaio e del cemento. Questo sarà un colpo devastante per questi due settori strategici. Lo chiamano Carbon Border Adjustment Mechanism. Come sottolinea il Center for European Policy Network, gli esportatori di acciaio dell’UE “non riceveranno alcuna compensazione per l’interruzione dell’assegnazione gratuita. Di conseguenza, soffriranno di notevoli svantaggi competitivi rispetto ai loro concorrenti dei Paesi Terzi.”
La tassa sul carbone
Il nuovo obiettivo climatico dell’UE del 55% per il 2030 implica una quasi completa eliminazione del carbone in tutta l’UE entro quella data. Questo colpirà la Germania, di gran lunga il più grande produttore di energia da carbone dell’UE. Il governo tedesco, che detiene il primato dell’energia elettrica più costosa del mondo a causa della cosiddetta transizione Energiewende, voluta dalla Merkel, verso l’inaffidabile solare ed eolico e che vedrà l’ultima centrale nucleare chiudere nel 2022, ha recentemente abbandonato il suo piano per eliminare gradualmente il carbone entro il 2038. Lo eliminerà molto prima di allora, ma, per ovvie ragioni politiche in un anno elettorale, non ha rivelato la sua nuova data “zero carbone.”
L’assurdità nell’idea che l’UE, specialmente la Germania, sarà in grado di raggiungere il traguardo di zero carbone entro il 2030, sostituendolo non con il gas naturale, ma con l’inaffidabile solare ed eolico, è già evidente. Il 1° gennaio 2021, come parte del mandato del governo sulla riduzione dell’energia da carbone, erano state spente 11 centrali a carbone, per una capacità totale di 4,7 GW. Questo phase out era durato otto giorni, poiché molte delle centrali a carbone avevano dovuto essere ricollegate alla rete per evitare blackout a causa di un prolungato periodo di scarsa ventosità. Alle centrali a carbone chiuse era stato ordinato di rimanere in condizione di riserva a spese dei consumatori. La commissione governativa di Berlino che aveva redatto il piano di eliminazione graduale del carbone non includeva rappresentanti dell’industria energetica né esperti di reti elettriche.
Con il nuovo e distruttivo piano Fit for 55 della Commissione UE, la Germania, il cuore dell’industria europea, è ora pre-programmata non solo per una grave disoccupazione industriale nei settori dell’acciaio, del cemento e dell’auto, ma anche per blackout elettrici, come quello che aveva devastato il Texas all’inizio del 2021 quando le turbine eoliche si erano bloccate per il freddo. Nel 2022 in Germania, verrà spenta l’ultima centrale nucleare, insieme ad altre a carbone, eliminando il 3% della potenza complessiva. Verranno fermate anche 6.000 turbine eoliche a causa dell’età, per un taglio totale del 7% di potenza complessiva prodotta. In ogni caso, l’aggiunta pianificata di nuovo eolico e solare non basta ad una sostituzione completa, così, nel 2022, la Germania potrebbe avere un deficit tra il 10% e il 15% di capacità di generazione elettrica.
Il Grande Reset del WEF e il Green Deal europeo
La cosa difficile da capire per i comuni cittadini sani di mente in questo Fit for 55 dell’UE e nel Grande Reset di Davos o nella relativa Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è che si tratta di un deliberato piano tecnocratico per la dis-integrazione dell’economia, utilizzando la scusa fraudolenta di un pericolo non dimostrato di un riscaldamento globale antropico (basato su modelli informatici ingannevoli che ignorano l’influenza del nostro sole sui cicli climatici della Terra) secondo cui andremo incontro ad una catastrofe entro il 2030 se il mondo non taglierà le innocue ed essenziali per la vita emissioni di CO2.
Il sempre attivo Forum economico mondiale di Davos, come parte del suo Grande Reset, sta anche giocando un ruolo significativo nel plasmare l’Europe Green Deal della Commissione europea. Nel gennaio 2020, il World Economic Forum, nel corso del suo incontro annuale a Davos, aveva riunito i leader dell’industria e del mondo degli affari con il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans per esplorare il modo migliore per attuare il Green Deal europeo. La presentazione che si terrà il 14 luglio a Bruxelles ne è il risultato. Il WEF sostiene il CEO Action Group for the European Green Deal per far sì che le grandi aziende promuovano il distopico piano di Bruxelles.
F. William Engdahl
Fonte: journal-neo.org/
Link: https://journal-neo.org/2021/07/12/fit-for-55-eu-green-deal-and-the-industrial-collapse-of-europe/
12.07.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org