Tre giorni di assemblea nazionale popolare preludio alla giornata di mobilitazione generale che ha visto manifestazioni imponenti in tutte le principali città del paese. Così i colombiani che da quasi tre mesi sono in paro nacional hanno celebrato il 211° anniversario dell’Indipendenza dall’Impero Spagnolo, avvenuta il 20 luglio 1810 con la firma del Acta de la Revolución con la quale Santa Fé de Bogotá conquistò la libertà.
Come il processo di Indipendenza, cominciato appunto il 20 luglio 1810 ma terminato nove anni più tardi, il 7 agosto 1819 con la vittoria del Libertador Simón Bolivar a Puente Boyacá, anche la fase attuale si può iniziare a considerare come un processo di cambiamento: era il 28 aprile infatti quando milioni di cittadini hanno risposto all’appello del Comité Nacional del Paro e sono scesi in strada a protestare contro la riforma tributaria.
Ben presto però, quello che doveva essere uno sciopero contro una singola riforma si è trasformato in un protesta sociale incontrollabile contro le politiche del governo in materia economia, la pessima gestione della pandemia e i continui massacri della popolazione, in particolare indigena e campesina, ad opera di gruppi paramilitari. La popolazione, non sentendosi più rappresentata dal Comité Nacional del Paro scesa a compromessi col governo per calcoli elettorali, ha cominciato ad organizzare la resistenza nei barrios delle città, portando avanti le rivendicazioni popolari dimenticate dai vecchi portavoce. Da qui la necessità di articolare un nuovo processo assembleare che rispondesse sostanzialmente a due punti fondamentali: l’autonomia di movimenti, organizzazioni, collettivi, singoli in sciopero e l’imperativo di non dimenticare le istanze di nessuno.
È nata così l’Asamblea Nacional Popular, uno spazio pubblico libero da vincoli politici e autonomo nell’articolazione della lotta sociale, importante per dare visibilità alle problematiche dei territori e per coordinare a livello nazionale le lotte sociali. Dal 6 all’8 giugno, l’Asamblea Nacional Popular si è ritrovata per la prima volta a Bogotá, con l’adesione di centinaia di singoli e collettivi indigeni, comunitari, femministi, sindacali, studenteschi, afro discendenti, contadini, primeras líneas, movimenti sociali, politici e ambientali. In quel primo incontro le diverse delegazioni hanno tracciato la base di lavoro e mobilitazione congiunta e lanciato le giornate di Cali come mobilitazione nazionale contro il governo.
Fin dai giorni che hanno preceduto l’evento, il governo di Duque ha cercato di sabotare l’incontro fermando, segnalando e minacciando le delegazioni che dai diversi punti del paese si stavano dirigendo verso Cali, città simbolo della resistenza in questi tre mesi di paro nacional. L’obiettivo non era solo quello di fermare i partecipanti all’incontro, ma anche quello di intimidirli, con minacce, perquisizioni e arresti arbitrari.
L’incontro si è tenuto all’Università del Valle, occupata temporaneamente dagli studenti di fronte alla negativa dell’istituzione educativa di concedere gli spazi alle organizzazioni sociali. Nelle tre giornate di assemblea generale, i partecipanti si sono divisi in tavoli di lavoro, suddivisi in vari temi: strategia e comunicazione popolare, diritti umani e meccanismi di autoprotezione, donne e diversità, piattaforma di lotta e rafforzamento organizzativo, arte e cultura e agrario, contadino ed etnico.
Diego Vega, attivista di Alternativa Popular e tra i fondatori dell’Asamblea Nacional Popular ha raccontato per Global Project queste importanti giornate assembleari: «L’Asamblea Nacional Popular si è realizzata nella Città di Cali dal 17 al 20 luglio e ha visto la presenza di oltre tre mila e duecento persone. A causa delle intimidazioni del governo nazionale e municipale in tutto il territorio per i posti di blocco della polizia che hanno ostacolato l’arrivo delle delegazioni, abbiamo dovuto posticipare di un giorno l’inizio dei lavori. Tuttavia riteniamo che sia stato molto importante che tutte le delegazioni siano arrivate, perché vuol dire che la gente è determinata a proseguire questo cammino. Nonostante queste intimidazioni, il secondo giorno e la mattina del terzo abbiamo potuto lavorare nei diversi tavoli organizzati, svolgendo un lavoro molto buono di democrazia. Il pomeriggio del terzo giorno invece abbiamo interrotto il lavoro per motivi di sicurezza a causa della scoperta di due infiltrati che stavano “profilando” i partecipanti all’assemblea. La situazione è preoccupante perché il governo sta stigmatizzando e intimidendo i manifestanti con l’utilizzo dei media nazionali. Dall’altro lato stanno amplificando lo scontro, non solo armato, come si è visto nella giornata di martedì 20 in tutto il paese. Il tema della giustizia, dei falsi positivi è un aspetto molto importante perché stanno criminalizzando chiunque protesti. L’Asamblea Nacional Popular si è conclusa dichiarandosi in sessione permanente, già la prossima settimana infatti avremo un’assemblea nazionale virtuale con partecipanti da tutto il Paese per poter concludere i lavori lasciati in sospeso a causa dei motivi di sicurezza già descritti. L’Asamblea Nacional Popular dunque prosegue il suo cammino e si rafforza sempre più: noi crediamo che sia uno spazio fondamentale per tutti i movimenti popolari in Colombia».
Resumen de algunos de los debates en el marco de la #AsambleaNacionalPopular un proceso de articulación y proyección de las luchas populares en el estallido social.@JL_CPP de @CNA_Colombia nos cuenta. pic.twitter.com/T6wSPdF1yU
— Trochando Sin Fronteras (@trochandosf) July 21, 2021
Ma ad attirare l’attenzione dei media nazionali e internazionali è stata sicuramente la giornata di martedì 20 luglio, come detto anniversario dell’Indipendenza del Paese dall’Impero spagnolo. Da Cali a Bogotá passando per Bucaramanga, Barranquilla, Cartagena, Medellin, Pereira, Neiva, Armenia, in tutte le principali città del paese la popolazione è uscita nelle strade a protestare. Le manifestazioni pacifiche sono però state attaccate brutalmente dai reparti antisommossa della ESMAD e della polizia colombiana che, come ormai purtroppo è prassi, non si sono fatti scrupoli di violare sistematicamente i diritti umani, perseguire manifestanti pacifici, picchiare difensori dei diritti umani, giornalisti e brigate sanitarie, sparare lacrimogeni in quartieri residenziali e inseguire fin dentro alle case i manifestanti.
La situazione più drammatica si è verificata a Cali, dove erano state organizzate attività artistiche e culturali a conclusione della Asamblea Nacional Popular. Le forze armate sono intervenute in varie parti della città attaccando addirittura un concerto e costringendo le primeras líneas a intervenire a difesa dei manifestanti. Il saldo della repressione purtroppo è ancora una volta drammatico: un ragazzo ha perso la vita colpito in testa da proiettili, un altro è stato ferito gravemente alle gambe da un colpo di fucile mentre si contano a centinaia i feriti lievi da proiettili di gomma e gas lacrimogeni.
Medios Libres Cali racconta così la giornata di lotta: «ieri a Cali, si sono svolti cortei da diversi punti di resistenza fino alla Loma de la Dignidad, in totale tranquillità, senza vetri rotti, senza un solo danno. I manifestanti sono arrivati in pace alla Loma dove si sono celebrati questi 211 anni di grida di resistenza con arte e cultura, musica e poesia, olla e speranza. Nella Loma erano presenti in pace famiglie, bambine e bambini, animali, nonne e nonni, piccoli venditori, abitanti dei quartieri vicini, si sono riuniti con la gioia che porta la dignità. Alle 4 del pomeriggio e all’unisono in varie città del paese, i governi hanno attaccato, con nuova tecnologia, nuove leggi assassine, ma con la stessa sete di giovani. Diciamo i governi perché qui tutti danno gli ordini: il governo nazionale, il governo dipartimentale e il governo locale hanno le mani sporche di sangue. Gli attacchi sono proseguiti fino a tarda notte, colpendo anche Paso del Aguante, Biblio Comunitaria Nicolás Guerrero, Puerto Resistencia e la Loma de la Dignidad. Oltre 30 persone sono state arrestate, varie ferite e una persona assassinata».
Situazioni tese si sono verificate anche a Medellin dove secondo il report di La Orejaroja ci sarebbero stati almeno un centinaio di feriti con fratture anche gravi, e a Bogotá, in particolare nei sobborghi di Suba, Usme, Chicalá, Portal de la Resistencia. La ONG Temblores ha diffuso un comunicato in merito alle denunce raccolte nella piattaforma Grita: nella giornata del 20 luglio sono stati 128 i casi di violenza da parte della polizia; 40 sono le vittime di violenza fisica, 5 casi documentati di uso dell’arma VENOM da parte della ESMAD, 41 le detenzioni arbitrarie, 39 gli interventi violenti delle forze dell’ordine di cui 14 in settori residenziali, 4 vittime di aggressioni agli occhi e un caso di violenza sessuale.
Il grido di indipendenza che risuonò 211 anni fa a Santa Fé di Bogotá è risuonato nuovamente nelle piazze e nelle strade colombiane martedì 20 luglio: un grido che racconta il dolore, la rabbia, ma anche la dignità di popoli costretti a subire la violenza di uno Stato paramilitare che impone morte e miseria ai suoi abitanti. Un grido di popoli che hanno perso la paura, che da tre mesi a questa parte resistono e fanno tremare Duque, arrivato al massimo storico di disapprovazione, e che promettono di continuare a farsi sentire. “Hasta que la dignidad se haga costumbre”.
Foto di copertina Joshua Collins