di Paolo Lago
Era una bellissima serata d’estate. Eravamo nella piazza principale dell’antica cittadina di Trixen, nella Stiria meridionale, e alle nostre spalle si ergeva l’imponente sagoma del duomo, con le sue torri barocche. Il crepuscolo era lunghissimo: sulle montagne che circondavano Trixen si andava spalmando la placida luce di un delicato sole morente. Eravamo in piedi di fronte a un televisore sintonizzato su una importante partita della Coppa dei Campioni della Stiria: la Pannonia stava vincendo 5 a 0 contro la Blumenlandia. Al mio fianco, il professor Krainz aveva uno sguardo serio.
Il professore era il più esimio rappresentante della locale facoltà di Biologia e mi aveva convocato per risolvere una questione delicatissima. Stavamo aspettando il commissario Girolimoni, comandato alla Mobile in quella remota regione lontano dalla sua amata patria. Il commissario arrivò, trafelato, dopo dieci minuti. Decidemmo quindi di spostarci all’interno di un caffè per poter parlare più tranquillamente.
Il problema che ci si poneva di fronte aveva dell’incredibile: un essere misterioso, che l’equipe del professor Krainz aveva definito come “lupo pannaro”, tormentava la vita tranquilla della cittadina. Il professore cominciò il suo racconto: “Tutto ebbe inizio lo scorso inverno. Era una sera di pioggia e me ne stavo tornando a casa dall’Istituto di Scienze Biologiche. Il buio aveva avvolto le strette strade del centro storico e le carezzava col suo mantello di velluto. Una pioggia sottile cadeva sul selciato tenue, lucido e silenzioso, mentre i palazzi antichi erano dei placidi giganti che avvolgevano i vicoli con le loro mani di pietra giallina e rosa. A un certo punto, la strada era circondata ai due lati da giardini boscosi e l’oscurità divenne più fitta. Erano tetri giardini ove statue di demoniche divinità ghignavano nel buio ineluttabile. Improvvisamente, una enorme figura scura balzò dal muro nel vicolo e cominciò a correre di fronte a me. Questo è stato il mio primo incontro con il lupo pannaro, il mostro che poi, purtroppo, avrebbe ancora fatto parlare di sé. Le sue apparizioni si infittirono alla fine dell’inverno. Con l’arrivo della primavera il lupo pannaro cominciò a visitare regolarmente le serate di Trixen. Il nome fu coniato genialmente dal mio fido assistente Karl, poiché ci trovavamo di fronte a una specie terribile di quel mostro che – ahimè – credevamo fantastico ma che poi dovemmo convincerci essere assolutamente reale, il ‘lupo mannaro’. La variante linguistica ‘pannaro’ deriva dalla sua predilezione per la panna montata delle gelaterie di Trixen, che regolarmente saccheggiava. Esso, inoltre, non pareva legato alla presenza della luna piena come il lupo mannaro: poteva infatti apparire tutte le notti”.
Il professore smise di parlare quando all’improvviso entrò Karl insieme a un anziano che fumava una lunga pipa di legno scuro. Era questi Meister Eckart, un vecchio intagliatore di legno, studioso del folklore locale. Eckart disse che il lupo pannaro proveniva dai boschi che circondavano Trixen e soprattutto dal bosco di Rudis, che si estendeva in posizione elevata intorno a una vecchia chiesa. Si vedeva distintamente dal centro di Trixen: era una macchia scura che avvolgeva una vecchia costruzione bianca con un campanile appuntito. Secondo un’antica leggenda, in questo bosco abitava il crudele folletto Rudis, la cui unica ragione di vita era vendicarsi dei cittadini di Trixen per essere stato ingiustamente esiliato.
Il commissario Girolimoni disse: “come si fa a credere a queste antiche leggende, siamo seri, signori!”. Il professor Krainz, nonostante fosse biologo, intendeva invece dare il giusto peso a queste leggende. Uscimmo dal bar e decidemmo di prendere un doppio gelato con panna per vedere se il lupo pannaro si sarebbe fatto vivo. Stavamo passeggiando tutti col nostro bel gelato quando, ad un tratto (la notte, intanto, era già calata), dal muro di un vicolo, balzò un essere mostruoso dalle parvenze di un lupo che, rapidissimamente, sottrasse i nostri gelati. Non facemmo in tempo a renderci conto di quello che era avvenuto che il mostro era già scomparso. Il professore e Karl rimasero di stucco, il commissario si disperava, mentre l’unico ad aver conservato la calma era Eckart. Coraggiosamente, allora, il vecchio intagliatore prese la via del bosco.
Egli, nella notte estiva, imboccò il sentiero che usciva dalla città. Nel silenzio, nella solitudine notturna che mai occhio d’uomo ebbe percorso, là dove gnomi e folletti tramavano le loro insidie segrete, Eckart si avventurò. E il silenzio lo avvolse, e la notte era un dio che gravava con il suo mantello, e la solitudine era una dea misteriosa che ci faceva innamorare. Ombre nere e cupi suoni echeggiarono nell’oscurità del bosco. Eckart, in una strana luminescenza bluastra, si ritrovò di fronte una misteriosa figura, vestita di verde, in pantaloni corti e con un cappello con la piuma, come gli alpini. Aveva uno sguardo cattivo ed emise una risata agghiacciante mentre si stava cucinando delle salsicce con il fornellino a gas maledetto che emanava una sinistra luce blu. Era lui, Rudis. Era lui che aveva creato il lupo pannaro per vendicarsi degli abitanti di Trixen. Eckart, dall’alto della sua saggezza, rassicurò Rudis che sarebbe stato accettato di nuovo dalla comunità se avesse interrotto le sue azioni malvagie. Grazie agli aiuti economici del Comune, avrebbe potuto aprire un negozio di speck e il lupo pannaro avrebbe fatto il gelataio ambulante. Rudis, dopo aver riflettuto, così si rivolse ad Eckart: “Foi cithadini siete stathi krudeli kon me, ani fa! Mi afete esiliato, mi afete caciato da Trixen! Afete fato kiudere mia pasticeria perké dicefate che pana di gelati e thorte era acita! Atesso io mi fendiko: ho kreato lupo panaro per derubare fostre gelaterie e pasticerie di tuta la pana!”. Eckart controbattè dicendo che la panna era veramente acida e lui stesso si sentì male per tre giorni e tre notti. Che cambiasse settore: i salumi erano un ambito veramente interessante e a Trixen, come in tutta la regione, non ci sarebbe mai stata una crisi della loro produzione. Il lupo, ricondizionato, invece di rubare la panna, la avrebbe venduta. Alla fine, Rudis, parve accettare. “Fa pene” – disse – “profiamo”.
Il giorno dopo, Eckart ci riferì il successo della sua missione: tutti tirarono un sospiro di sollievo, soprattutto Girolimoni. Trixen, finalmente, era tornata tranquilla: Rudis sarebbe stato un ottimo venditore di speck e il lupo pannaro un altrettanto ottimo gelataio ambulante. Dopo una settimana, feci una passeggiata per Trixen insieme al professor Krainz e a Karl finché non giungemmo al banchetto del lupo pannaro che era diventato gentile ed affabile. Prendemmo tre gelati e continuammo la nostra passeggiata. Dopo un po’ incontrammo il povero Girolimoni che ci venne incontro trafelato, dicendo: “signori, signori, vi prego, dovete aiutarmi a risolvere un nuovo enigma che sta affliggendo la comunità di Trixen!” Cosa mai era successo adesso? “Da tutte le macellerie e le rivendite è completamente sparito lo speck!” – continuò – “l’unico prodotto di Trixen che viene sempre venduto, nonostante la crisi!”. Un nuovo mistero si profilava all’orizzonte. Il lupo pannaro, probabilmente, stavolta non aveva colpa mentre i sospetti di tutti si concentrarono sul folletto Rudis, notoriamente goloso di speck. Sicuramente, la sapeva lunga, del resto era stato lui ad aizzare il lupo contro gli abitanti di Trixen. Una nuova, misteriosa indagine ci stava lentamente e inesorabilmente avvolgendo.