Che fine hanno fatto gli albanesi? Trent’anni fa arrivavano navi cariche fino a scoppiare, corpi umani ammucchiati uno sull’altro. Continuavano a uscire dai ponti, dalle stive, dalle finestre dei boccaporti: è uno dei primi ricordi televisivi che posseggo come molti nati alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso.
Immagini di gommoni carichi di uomini, donne e bambini inseguiti dalle motovedette della polizia. Un ricordo inquietante quanto quelli dei bombardamenti sulle città Iugoslave. E quindi vennero gli albanesi e fu “invasione”, così almeno titolava e urlava la destra su giornali e nei talk show; la sinistra – all’epoca in piena crisi ideologica – fallì clamorosamente nel dettare una linea politica di riferimento, lasciando completamente il campo alle urla dei reazionari, dei conservatori e del padronato: insomma tutto il lerciume fascista.
Oggi le immagini che giungono da Ceuta in Marocco, gli annunci di decine di migliaia di migranti pronti alla partenza in Libia e in Tunisia usate a mo’ di randello dalle pseudo autorità libiche nei confronti del nostro paese, potrebbero apparire simili agli occhi di un bambino degli anni ‘10. È bene dire che le due situazioni sono confrontabili solo per alcuni aspetti, la comunità albanese arrivava da un paese di prossimità con un’amplissima tradizione di scambio con almeno alcuni dei territori italiani, le giovani generazioni albanesi crescevano vedendo la Rai, ascoltando musica italiana (sic), parlando italiano, addirittura in alcuni ambienti d’Albania si poteva parlare di un sogno americano In Italia. Ben diversa la situazione che vivono i migranti provenienti dalle coste libiche, la quale è stata sì una colonia italiana ma oggi è il Paese dei campi lager voluto e sostenuto proprio da Italia e Unione Europea.
Quindi trent’anni fa una mattina l’otto agosto 1991 l’Italia scopre improvvisamente che esiste l’immigrazione. Fino a una settimana prima non era argomento di conversazione della politica italiana, non esistevano partiti costruiti unicamente su questo e si era ben lungi da parlare di quella che oggi definiamo fortezza Europa.
In questi trent’anni la destra ha governato per almeno 15 con programmi politici ed elettorali basati su contrasto e controllo dell’immigrazione. A un certo punto si è creato il “reato di clandestinità” e si riempito le nostre carceri; reato inventato ex novo che probabilmente risulterà nei libri di storia futuri come una delle vergogne del nostro tempo, della nostra società. A più riprese le leggi sono state risistemate da partiti come la Lega, che quando inizia questa storia principalmente odiava i “terroni” – non che la base leghista abbia smesso – e che adesso si concentra sui “neri”. Il più delle volte, queste leggi, le ha sistemate con partiti discesi direttamente dal MSI e dalle varie incarnazioni di Silvio Berlusconi che all’epoca aveva molti meno scandali, un aspetto molto più umano, meno cyborg e soprattutto si commuoveva alla vista della disperazione di queste persone che almeno ai suoi occhi scappavano dal comunismo e quindi erano da sostenere.
Lo sbarco della Vlora, una nave mercantile che prendeva il nome albanese della città di Valona costruita all’inizio degli anni sessanta del Novecento dai Cantieri Navali Riuniti di Ancona, è tutt’ora il più grande sbarco di migranti della storia d’Italia. Ne arrivarono circa 20.000, un numero che fa impallidire le cifre a cui siamo abituati ogg; per snocciolare due dati 23.000 sono i migranti sbarcati in tutto il 2018, 11.500 nel 2019. Fu un fatto epocale, il paese, la città di Bari, le autorità locali e nazionali non erano assolutamente preparate. I migranti furono sistemati nello Stadio della Vittoria e al porto di Bari. Alcuni si dispersero in città, trovando rifugio nei giardini, alla stazione, presso qualche famiglia o chiesa. Fu organizzata la più grande operazione di rimpatrio della storia repubblicana, mentendo ai migranti e riportandoli in un Albania preda del caos, previo accordo col governo di Tirana, che tra il collasso economico e i disordini sociali si svincolava dal Partito Comunista e sperimentava libere elezioni e nuovi governi, culminate come molti ricorderanno nel cosiddetto “periodo d’anarchia albanes”e del 1997; conclusosi anche con l’intervento armato italiano del “Operazione Alba” sotto la guida del governo Prodi.
Sulla comunità albanese in Italia, tanto si è detto e scritto. Gli albanesi in Italia (diaspora shqiptare në Itali in albanese) in trent’anni hanno attraversato tutte le varie leggi sull’immigrazione. È bene qui ricordare l’ultima esperienza di blocco navale e respingimento fatto del paese Italia: il 28 di Marzo del 1997 che provocò 81 vittime accertate. Sono diventati nel mentre la seconda comunità straniera in Italia (la prima sono i rumeni): sono all’incirca mezzo milione, ma solo se si considerano le persone di origini albanese poiché sono ormai da anni cittadini italiani. Ebbene si è successa questa cosa strana ed inconcepibile per la borghesia italiana: si sono inclusi, sono diventati parte di noi, molti di loro hanno messo su famiglia con cittadini italiani o europei, o hanno preso semplicemente la cittadinanza, hanno dato nomi italiani ai propri figli, sono in mezzo a noi, tra di noi, insegnano nelle nostre scuole, ci curano negli ospedali, ci lavorano a fianco, addirittura sono dirigenti sportivi delle società di calcio italiane e vincono il Festival di Sanremo (vabbè che stava per succedere già nel 1978). Sembrerebbe quindi che il problema esistesse tutto nella testa dei ben pensanti italiani e nei titoli di giornale.
Chiudendo sulla minoranza albanese d’Italia (arbëreshi i Italisë) è bene ricordare come sia antica, checché ne dica la stampa e la televisione, è iniziata nel 1400 e continuata per i secoli successivi, ben testimonia ciò la chiesa di Sant’Atanasio dei Greci, una chiesa di Roma, sita nel rione Campo Marzio, in via del Babuino, e officiata col rito bizantino. Ha contribuito alla crescita e allo sviluppo del nostro paese con personalità come Papa Clemente XI, il Presidente del Consiglio Francesco Crispi, l’intellettuale Antonio Gramsci, i giuristi Costantino Mortati e Stefano Rodotà, cantanti come Anna Oxa ed Ermal Meta.
In 30 anni la situazione migratoria non è realmente cambiata e come tante, troppe emergenze italiane perdura. Questa come emergenza dura da 30 anni, mi chiedo quando smetteremo di chiamarla così e magari tenteremo un approccio più di lungo periodo ed ampio respiro. Oggi continua e perdura la situazione degli sbarchi quando arriva la bella stagione e si può andare per mare, si noti bene che in realtà lo sbarco rappresenta una fetta piccolissima dell’immigrazione non regolamentata, ed uso regolamentata poiché mi rifiuto di pensare che esistono persone clandestine se non sulle navi dei pirati.
In 30 anni l’unica cosa che siamo riusciti a ottenere è di intasare il sistema giudiziario e quello carcerario, riempendolo di persone la cui unica colpa è stata desiderare una vita migliore per sé e per i propri cari. Il fallimento della gestione italiana ed europea dei flussi migratori è evidente e questa volta la colpa è tutta della politica e anche un po’ dei sistemi di informazione.
Parliamoci chiaro l’immigrazione irregolare esiste perché a qualcuno, leggasi il padronato, conviene avere una massa di lavoratori ricattabili e sfruttabili, fuori dal sistema di garanzie del paese Italia, è una questione di soldi come sempre. Il lavoro migrante sia esso uno sfruttamento diretto e indiretto, muove e arricchisce una parte del nostro paese. Un lavoratore ricattabile è un lavoratore che non crea problemi o se li crea è un lavoratore che può essere rimosso anche brutalmente, tanto qualcuno prenderà il suo posto.
Eppure di questa cosa a sinistra non ne parla nessuno, se non i gruppi di mutualismo, le varie esperienze di movimento italiane, i focus group specializzati sul tema. I quali ricevono naturalmente pochissimo spazio sui media mainstream che sono spesso posseduti e/o finanziati dagli stessi che sfruttano l’immigrazione, c’è un interesse diretto che la situazione non cambi. A noi combatterla con la speranza che fra altri trent’anni (o meglio, decisamente prima) ci si possa guardare indietro e rendersi conto che i migranti ci hanno migliorato e sono ormai parte integrante del nostro mondo a cui, come gli albanesi in Italia, non possiamo più rinunciare.