Il 16 marzo 1991 Latasha Harlins, 15 anni, viene uccisa in un negozietto di alimentari perché la proprietaria era convinta volesse rubare una bottiglia di succo d’arancia. La proprietaria, che sparò, venne ritenuta colpevole di omicidio colposo volontario, ma la condanna finale fu di cinque anni di libertà vigilata, 400 ore di servizi sociali, una multa di 500 dollari e il pagamento delle spese per il funerale. Anche se può sembrare un dettaglio irrilevante, la proprietaria era coreana.
Questa è la vicenda a cui Steph Cha si ispira per il suo romanzo, La tua casa pagherà, uscito ad aprile per 21 lettere e vincitore del California Book Award e del Los Angeles Times Book Prize, libro dell’anno per il Wall Street Journal e il Chicago Tribune.
I protagonisti sono Shawn, fratello di Ava (alter ego di Latasha), e Grace, figlia di due coreani proprietari di una farmacia. Il romanzo si snoda tra i ricordi di Shawn di quando era bambino, e il presente di Grace, diviso tra la famiglia e la farmacia dei genitori. Finché la madre di Grace viene aggredita, e poco alla volta una verità ormai dimenticata emerge, cambiando per sempre la vita dei due protagonisti.
È stato un libro difficile da comprendere. Ad una prima lettura mi è sembrato quasi esagerato nella drammaticità dei toni, e non riuscivo ad empatizzare, né ad immedesimarmi in Grace. Non riuscivo a comprendere le dinamiche tra i personaggi, i sentimenti, le pressioni sociali, i desideri e le paure che li guidavano. Mi sembrava che mi mancasse qualcosa per poter apprezzare e capire al meglio questo romanzo. Come se si muovessero in una realtà troppo lontana dalla nostra.
Facendo qualche ricerca sulle vicende avvenute a South Los Angeles nel ’92, il quadro si è fatto molto più chiaro. Questo romanzo, infatti, si sviluppa da un contesto sociale e culturale di cui qui in Italia si parla ben poco, e che facciamo fatica ad immaginare: non parla semplicemente di razzismo come siamo abituati a pensarlo, non parla solo di violenza della polizia nei confronti delle persone di colore, ma entra in gioco un soggetto raramente citato nel dibattito pubblico europeo, ovvero la comunità Asiatico-Americana.
La rivolta di Los Angeles scoppiò nella città il 29 aprile, dopo l’assoluzione di quattro agenti del Dipartimento di polizia di LA per l’uso eccessivo della forza nell’arresto e nel pestaggio di Rodney King, che era stato registrato e ampiamente visto nelle trasmissioni televisive. Anche l’omicidio di Latasha Harlins contribuì allo sviluppo di queste tensioni. Inizialmente rivolte contro i bianchi, le violenze si concentrarono poi contro gli asiatici, e in particolare i coreani, in base a un pregiudizio dovuto al loro inserimento sociale ed economico nel quartiere. A South Los Angeles gli asiatici rilevarono gli esercizi commerciali controllati in principio dai bianchi, e venivano considerati dalla comunità di colore come ladri di lavoro e ricchezza.
Negli Stati Uniti è ancora vivo e forte il “model minority myth”, che rappresenta gli Asiatico-Americani come la prova che quella americana non è una società razzista: sono loro, infatti, ad avere il reddito famigliare più alto, sono integrati, occupano posizioni dirigenziali negli ambiti delle STEM, grazie ai loro ottimi risultati scolastici. È un argomento che non si occupa della complessità e dei problemi unici che devono affrontare entrambe le comunità. È una visione parziale, superficiale, spesso distorta, che porta a chiudere gli occhi davanti agli episodi razzisti che anche la comunità Asiatico-Americana vive, e allo stesso tempo ad allontanarla da quelle Afro-Americana e ispanica.
L’atmosfera che si respira a South Los Angeles (almeno negli anni ’90 e da quello che si evince in La tua casa pagherà) è un esempio lampante delle conseguenze di questo “mito”: Afro-Americani e Asiatico-Americani vivono fianco a fianco, ma i primi si sentono alla mercè economica dei secondi, che possiedono la gran parte dei negozi del quartiere, mentre i secondi diffidano dei primi per le loro millantate tendenze criminali.
Come scrive Christian Chin in un bellissimo articolo “Until we reject the model minority myth and the American Dream, this solidarity is not possible”. Ed è proprio questo che si percepisce in La tua casa pagherà. Con il tempo, cercando a fatica di mettere da parte ogni pregiudizio, e soprattutto tutta la rabbia che si portano dentro, i due protagonisti si avvicineranno e riconosceranno le sofferenze reciproche. E penso che questo sia un primo passo verso il constatare che le due comunità non sono vittime l’una dell’altra, ma di un unico sistema che le vuole nemiche per mantenerle oppresse.
Alla luce di tutto ciò, La tua casa pagherà diventa un romanzo potente, anche grazie alla sua scrittura diretta e concisa (a volte forse anche troppo). Riesce infatti a raccontare la società in maniera non semplicistica, dipingendo personaggi di un certo spessore, tutt’altro che piatti, e a far emergere la complessità di questi temi. Ecco, forse una piccola guida per comprendere le dinamiche che vengono narrate non sarebbe male!
Autrice: Steph Cha è una scrittrice americana, le cui prime pubblicazioni sono state una serie di polizieschi.
Casa editrice: 21 lettere è una piccola casa editrice indipendente con sede a Modena, che ha deciso di puntare sulla qualità delle pubblicazioni. Per questo pubblicano sei titoli all’anno. Qui l’intervista all’editore Alberto Bisi
Traduttore: Andrea Russo