Un normale controllo di Polizia…

28 Agosto 2021:
Ho partecipato a diverse manifestazioni in questi mesi, ma ho mancato quella tenutasi il pomeriggio del 28 agosto a Torino.
Diversamente da me, quattro amici presenti mi raccontano qualche dettaglio via messaggio.
In serata, stufa della comunicazione mediata, decido di raggiungerli per farmi due chiacchiere davanti ad una birra. Li incontro alle dieci di sera in Piazza Castello, tappa finale del corteo iniziato diverse ore prima. Un gruppetto sparuto di manifestanti rimane lì a parlarsi addosso, ma noi cinque ce ne andiamo: i ragazzi sono in giro dalle 18.00 e hanno sete e fame.

Lasciamo la Piazza per raggiungere la macchina parcheggiata nei paraggi e, imboccando Viale Partigiani, nella penombra, veniamo fermati da tre tizi in borghese che ci mostrano frettolosamente il tesserino per sottoporci ad un controllo di polizia.
I miei amici si animano un po’, ma io consiglio subito di mostrare i documenti per evitare inutili battibecchi. Tuttavia, considerato che la manifestazione è finita e noi siamo già lontani dalla Piazza, chiediamo qual è il presupposto del controllo. Uno dei tre risponde: “Niente di grave, se no vi avrei portato in caserma”.
Faccio presente che, laddove intendessero elevare una contestazione, sarebbe opportuno specificare i dettagli dell’accertamento: siamo in Viale Partigiani, a corteo finito, lontano dai manifestanti.
Il più irruento non si trattiene: “Adesso ci vuoi insegnare come fare il nostro lavoro?”
Potrei dire molte cose, ma non ritengo di farlo, voglio gustarmi la loro spavalderia. Mi limito a rispondere: “No, vorrei solo ricevere una contestazione precisa per capire cosa ci viene addebitato”.
Senza darci spiegazioni, iniziano a fare le fotografie dei documenti; nel mentre uno di noi intona “anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio…”
I minuti passano, due di loro vanno in cerca di un lampione per la riuscita dell’operazione ‘fotografia con cellulare al buio’ e noi ne approfittiamo per conversare con il terzo, l’unico mascherato, l’unico che dimostra sensibilità. Il colloquio non è sgradevole, ma una delle sue frasi mi colpisce: “Ragazzi lo sapete a che cosa andate incontro se manifestate!”.
Non capisco bene: quindi non possiamo manifestare?
Perché, se così fosse, risulterebbe evidente che non è più una questione sanitaria…è un problema di repressione.
Ora, non temo le multe, ne ho impugnate diverse e le ho messe in conto. Temo questo modo di fare.
Chissà perché mi viene in mente qualcosa:

“L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite. L’uso della libertà, che tende a fare di qualsiasi cittadino un Giudice, che ci impedisce di espletare liberamente le nostre sacrosante funzioni. Noi siamo a guardia della legge che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata, ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!” (1)

A tutti quelli che ci deridono quando denunciamo l’autoritarismo dilagante di questi tempi vorrei suggerire, se proprio sono infastiditi dalla parola ‘Dittatura’, di abituarsi quanto meno a descrivere la realtà per quello che è: uno stato di polizia.

Diversamente, non si spiegherebbero le peculiarità di certi appostamenti.
Vorrei capire perché, se mi trovo nel bel mezzo di un controllo di Polizia finalizzato ad accertare la commissione di un illecito di natura amministrativa (mi riferisco al divieto di assembramento), non mi vengono riservate le forme tipiche di questo atto.
In particolare, vorrei sapere per quale ragione le Forze dell’Ordine non mi palesano l’intento di voler procedere alla contestazione redigendo un apposito Verbale in mia presenza, pur avendone la possibilità.
Infatti, in siffatto Verbale, avrei la possibilità di avvertirli, ad esempio, del fatto che io non ho partecipato alla manifestazione e, dunque, non mi sono ‘assembrata’ (qualunque cosa significhi). Così facendo, invece, non ho modo, seduta stante, di rilasciare dichiarazioni di alcun tipo all’Agente preposto al controllo, né, tanto meno, di rifiutarmi di firmare laddove tali dichiarazioni venissero omesse (disconoscendo immediatamente il contenuto del documento ai fini di una successiva impugnazione nelle sedi competenti).
Per cortesia, non mi si dica che queste discutibili modalità di operare i controlli di Polizia sono dettate dall’impossibilità di effettuare una contestazione immediata: siamo cinque persone a passeggio per Torino che hanno di fronte tre Agenti, i quali dispongono di tempi e modi per Verbalizzare debitamente l’accertamento in corso. Trattandosi di illeciti di natura amministrativa, rammento che l’art.14 della L.689/81 dispone: “La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.”
Nell’ipotesi in cui, invece, non ci fosse l’intento di elevare sanzione alcuna, mi chiedo a cosa serva la fotografia dei nostri documenti. Di certo, non mi aspetto di ricevere quei trattamenti da filmografia storica con cui i sovversivi venivano identificati al fine di stilare ambigue schedature.
Giusto per cristallizzare il contesto: sono una ragazza di 29 anni, incensurata, che sta andando a bere una birra in compagnia di amici.
In effetti, oso dissentire e spesso manifesto pacificamente e insieme ad altri le mie idee; ciò nonostante, non mi sembra il caso di mettere in gioco certo fare intimidatorio.

Un normale controllo di Polizia...
A clockwork orange

Alla luce di quanto detto, però, la cosa più sconvolgente rimane il fatto che, per la maggioranza delle persone obnubilate, questo apparirà come un normale controllo di Polizia!

Ivana Suerra, ComeDonChisiotte.org

NOTE

(1) Dal film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Elio Petri, 1970.

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