Intervista a Barbara Poggio, Prorettrice alle Politiche di Equità e Diversità dell’Università di Trento e coordinatrice del Centro Studi Interdisciplinari di Genere. È docente presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, , dopo il suo intervento al dibattito “Una pandemia molte crisi”, tenutosi all’OltrEconomia di Trento.
Nella conferenza “Una pandemia, molte crisi” hai delineato alcuni spunti di riflessione sulle disuguaglianze di genere nel contesto pandemico, a partire dalle condizioni di lavoro, fino ai diritti, per quanto riguarda ad esempio l’IVG. Alcuni equilibri si sono in parte ristabiliti, grazie al coinvolgimento in alcune situazioni dei partner nel lavoro di cura, in particolare domestico, ma per lo più gli squilibri già esistenti sono stati esacerbati. A più di un anno dalla fine del primo lockdown, si può dire che ci sia più consapevolezza di queste dinamiche?
Io credo che siano emerse molte evidenze, e che molte persone le abbiano studiate. Non c’è stata solo ricerca, ma anche presa di voce pubblica. Anche il mondo dei social, che ha tanti difetti da molti punti di vista, in questo è stato molto utile per affrontare il problema. Si sono creati gruppi di partecipazione, gruppi che hanno contribuito a segnalare le criticità emerse. Quindi dal punto di vista della consapevolezza c’è stato sicuramente un avanzamento, che è secondo me un punto fondamentale.
Alla luce di questo, e delle riflessioni sulla cura portate avanti in questi quasi due anni, si è aperto un possibile spazio d’azione in questo senso? Quali sono i provvedimenti legislativi, ma soprattutto le pratiche dal basso, necessari per appianare questi squilibri, anche e soprattutto in un contesto pandemico?
Nel momento in cui è scoppiata la pandemia era secondo me già in atto un cambiamento, c’erano una nuova ondata di femminismo e delle reti che si stavano costruendo. Il lockdown ha sicuramente fermato questo processo dal punto di vista della partecipazione pubblica, ma i semi che erano stati gettati hanno continuato a crescere in altre modalità, ad esempio il digitale è stato molto importante da questo punto di vista. Sono fiduciosa che, quando si potrà riprendere totalmente un percorso di partecipazione pubblica, si potrà portare avanti in maniera partecipata questa riflessione.
Le cose da fare sono tante, perché sono problemi complessi ed articolati, quindi non ci sono soluzioni semplici. È importante lavorare da più prospettive, è importante che ci sia un impegno politico. Le risorse che arriveranno, con il PNRR, possono essere utili. Dovrebbero, è stato promesso, che verranno investite su questo versante. Vedremo quanto, probabilmente non abbastanza, ma saranno comunque risorse utili per sviluppare una serie di politiche importanti. Ad esempio, servono politiche che favoriscano l’accesso delle donne al mercato del lavoro, che sostengano la conciliazione vita-lavoro, che sappiamo essere un aspetto importante. Sono importanti non solo interventi volti alle donne, ma anche politiche che consentano anche agli uomini di assumere le proprie responsabilità, in un’ottica di armonizzazione. Servono interventi che vadano ad appianare gli squilibri salariali, anche con attività di monitoraggio rispetto a come questi fenomeni sono presenti all’interno del mercato del lavoro.
Credo sia importante, forse si è fatto troppo poco in questo senso, lavorare sulla precarizzazione e sulla dequalificazione del lavoro femminile. Sappiamo che le donne più degli uomini rischiano di restare intrappolate più facilmente in percorsi di precarietà, e questo è un altro ambito in cui mi aspetterei degli interventi politici.
Abbiamo poi toccato un altro ambito, che è quello dei diritti. Sicuramente dal punto di vista della prevenzione della violenza, e non solo della repressione successiva, si dovrebbe molto lavorare sulle culture, sulla sensibilizzazione, sui percorsi educativi. Questo sicuramente è un aspetto in cui c’è una responsabilità politica, nel farlo o nel decidere di non farlo, come è successo qui a Trento, dove i percorsi sono stati fermati. Ma c’è anche una responsabilità diffusa, nel senso che nell’educazione siamo tutti implicati, chi più chi meno, nelle relazioni tutti abbiamo la possibilità di incidere su questi aspetti.
L’altro argomento che abbiamo toccato è stato quello del riconoscimento dei diritti, anche rispetto all’interruzione di gravidanza, un ambito su cui approfittando strumentalmente della pandemia si è tornati indietro. È un terreno molto delicato, anche le politiche che sono state recentemente annunciate a livello nazionale non toccano questo argomento. È necessario quindi che venga presa voce pubblica dal basso, affrontando una situazione che era, anche al di là della pandemia, molto problematica.