Sono trascorsi sette anni dalla notte maledetta del 26 settembre 2014 in cui 43 studenti della Escuela Normal Rural Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa scomparvero nel nulla a seguito di un attacco combinato tra forze armate e gruppi criminali. Sette anni di oblio e impunità sui sogni di 43 ragazzi, sette anni di perpetuo dolore nel cuore dei loro genitori. Sono anche tre anni dall’insediamento del presidente López Obrador che nonostante la manifestata volontà politica di raggiungere verità e giustizia al momento non è riuscito, o non ha voluto, rompere il patto di omertà e impunità che protegge istituzioni corrotte e criminali.
Sul crimine efferato contro gli studenti sappiamo ora molte cose grazie alla determinazione dei genitori e al prezioso lavoro delle indagini indipendenti, in particolare del GIEI e della EAAF: sappiamo innanzitutto che la “verità storica” costruita – è il caso di dirlo – dalla precedente amministrazione presieduta da Enrique Peña Nieto è stata “manipolata” da Murillo Karam e Tomas Zeron, vale a dire è una “menzogna storica”. Una menzogna costruita ad arte dalle autorità con occultamenti, depistaggi, protezione di responsabili e “semina” di prove per nascondere il ruolo preminente e oramai chiaro dello Stato nel crimine. Sappiamo inoltre che l’attuale amministrazione ha dato un cambio di marcia alle indagini come promesso in campagna elettorale ma la volontà politica non si è tradotta in sostanziali passi avanti nelle indagini. Sappiamo, purtroppo, che nella Barranca de la Carnicería sono stati ritrovati i frammenti ossei appartenenti a due studenti, Christian Alfonso Rodríguez Telumbre e Jhosivani Guerrero Cruz. Sappiamo che l’esercito è ancora intoccabile nonostante sia i genitori sia il GIEI da anni chiedano di poter entrare nelle caserme per indagare, in particolare in quella del famigerato 27° Batallón de Iguala. Sappiamo che il dolore immenso si sta portando via uno dopo l’altro i genitori, come è successo recentemente a Don Saúl Bruno e Don Bernardo Campos entrambi scomparsi pochi giorni fa senza conoscere la sorte dei propri figli. Sappiamo infine che la lotta dei genitori continuerà finché la verità e la giustizia non saranno diventate delle consuetudini.
Nei giorni che hanno preceduto questo settimo doloroso anniversario, madri e padri dei 43 ragazzi insieme agli attuali studenti della Normal, hanno messo in campo una serie di iniziate per denunciare lo stallo delle indagini. Martedì a Chilpanchingo, capitale dello stato del Guerrero, una grande manifestazione ha attraversato il centro della città. Il giorno seguente genitori dei 43 e studenti della Normal hanno occupato e liberato temporaneamente il casello della Autopista del Sol che collega Acapulco con la capitale. Infine, giovedì sono arrivati a Città del Messico dove hanno occupato simbolicamente la sede della FGR (Fiscalía General de la República), l’istituzione giudiziaria sorta dalle ceneri della estinta PGR (Procura General de la República), considerata profondamente corrotta e per questo smantellata dalla nuova amministrazione federale. Al presidio, oltre a genitori e avvocati erano presenti anche gli studenti di Ayotzinapa e di numerose scuole rurali del paese e attivisti della capitale. In questa sede l’avvocato Vidulfo Rosales ha commentato che «ci sono molti ordini di arresto che negli ultimi sei mesi non sono stati effettuati e noi ignoriamo il motivo per cui non sono stati eseguiti. Vediamo che dentro alla stessa FGR ci sono delle aree che stanno ostacolando la rapida indagine per risolvere il caso». L’avvocato ha poi aggiunto che «l’esercito continua a rimanere un’istituzione ermetica, non c’è volontà per trovare le responsabilità e metterle di fronte alla giustizia». Hilda Leguideño, madre di Jorge Antonio Tizapa Leguideño, ha poi ricordato che «si dice che è stata la criminalità organizzata ma sono state le pattuglie a portarci via i nostri figli».
Il ruolo dell’esercito è al centro dei reclami dei genitori: questa amministrazione ha indubbiamente fatto dei notevoli passi avanti nelle indagini ma al momento non è arrivata a scalfire quel patto di omertà, complicità e impunità tra forze militari e politiche che continuano ad avere un ruolo e un peso notevole anche in questa amministrazione che a parole si dimostra invece inflessibile contro i criminali che hanno commesso l’orrendo delitto di sparizione forzata. I genitori inoltre contestano alla FGR di essersi fissati con la Barranca de la Carnicería, come la PGR si era fissata con la discarica di Cocula, e di non indagare altre piste. Proprio nella Barranca de la Carnicería in settimana il Sottosegretario ai Diritti Umani Alejandro Encinas Rodriguez e il giudice speciale per Ayotzinapa Omar Gómez Trejo hanno indetto una conferenza stampa spiegando ai giornalisti come, in un’area di otto mila metri quadri, sono stati ritrovati i 170 frammenti ossei, due dei quali hanno dato risultato positivo alla prova del DNA, e di come la “verità storica” sia stata prodotta attraverso l’uso della tortura e la manipolazione illecita delle prove.
Il giorno seguente al presidio i genitori e gli avvocati sono stati ricevuti a Palacio Nacional dal presidente López Obrador e dagli altri funzionari e giudici che stanno seguendo il caso: il giudice speciale per il caso Omar Gómez Trejo, il titolare della FGR Alejandro Gertz Manero e il Secretario de la Defensa Nacional Luis Cresencio Sandoval. Per i genitori, oltre all’avvocato Vidulfo Rosales erano presenti anche Angela Buitrago e Claudia Paz y Paz del GIEI e altri rappresentanti della CIDH. All’uscita dall’incontro, durato più di quattro ore, ancora una volta è stato l’avvocato Vidulfo Rosales a prendere parola, spiegando ai microfoni che sebbene i genitori riconoscono alcuni significativi passi avanti, ci sono tuttavia ancora molte zone d’ombra, una delle quali è proprio l’esercito che non è stato ancora indagato nonostante ci siano prove evidenti del ruolo attivo avuto da questa istituzione nella sparizione forzata dei 43 studenti. Rosales ha proseguito enfatizzando gli ostacoli posti in essere dalla FGR che somiglia a «un elefante coi reumatismi che non cammina» e dove ci sono ancora funzionari della vecchia PGR; infine ha ricordato che la stessa FGR ha pronti 40 ordini di arresto ma che non sono ancora stati eseguiti senza un motivo apparente. Uno di questi è relativo all’ex direttore della AIC (Agencia de Investigación Criminal) Tomas Zeron de Lucio, uno degli autori della cosiddetta “verità storica”, fuggito in Israele da oltre un anno. Rosales ha dichiarato che lo stesso presidente López Obrador si è impegnato personalmente a parlare con il primo ministro di Israele per estradarlo, dal momento che è accusato di reati gravi, tra i quali tortura e sparizione forzata.
Il 26 settembre, come ogni anno, genitori, studenti e solidali ritornano a manifestare per le strade della capitale messicana. Sette anni di oblio e impunità non hanno fermato la lunga strada in salita verso la verità e la giustizia: ostacoli, reticenze, quel patto d’impunità che fatica a spezzarsi, la lentezza delle indagini sono tutti sintomi inequivocabili che non ci si può arrendere, nonostante per i genitori il dolore sia ogni giorno più insopportabile, faccia ammalare e morire.
Foto di copertina: El Sol de México