di Diego Learco Genna
Immaginate un mondo senza più armi, senza conflitti e senza guerre. Un mondo in cui pace, diritti e libero mercato regnino sovrani.
I riflettori puntati sul quartier generale, a Vienna. Il programma operativo dell’attesissima “Opzione Zero” in vigore. La trattativa aperta.
Testate, superbombe, missili e armamenti disinnescati e trasportati nei depositi provvisori, sotto il controllo dell’International Atomic Energy Agency.
Si procederà alla cancellazione dell’ingombrante peso atomico, e in attesa che il materiale fissile, chimico o batteriologico venga trasferito nella sistemazione finale, tutti gli Stati sono disposti a trovare, democraticamente, il miglior modo per farla finita. Per sempre.
Il tramonto di un’era buia, segnata dal terrore delle armi di distruzione di massa e dal loro proliferare. Finalmente si dormirà tranquilli, senza il rischio che un pulsante possa mettere fine alla vita dell’intero pianeta. Gli anni della corsa agli armamenti, della deterrenza e della distruzione reciproca, i decenni che hanno tenuto sveglia l’umanità sulla soglia della mezzanotte nell’Orologio dell’Apocalisse, sono terminati. Niente conto alla rovescia. Nessun bottone sarà premuto. Il mondo potrà nuovamente sognare libero da quell’incubo a occhi aperti. Dormire tranquillo e risvegliarsi più leggero, dopo aver smaltito la sbronza nucleare.
Resta soltanto l’annosa questione di come e dove. Serve una destinazione finale. Soprattutto.
L’Agenzia Spaziale Internazionale ha categoricamente proibito il rilascio di armi nello spazio (già sporco di suo) ai fini dello smaltimento, mentre gli ambientalisti hanno assicurato i poli e gli oceani (già sporchi anche loro) da un eventuale rischio.
In passato qualche furbetto smaltiva scorie radioattive e materiale tossico illegalmente, sotterrandolo o gettandolo in mare, in segreto, con la complicità di organizzazioni criminali. Ma la storia è cambiata. Tutto è molto più trasparente, i controlli sono ferrei, un censimento planetario delle armi e delle scorie pericolose è di domino pubblico. Nessuno può disfarsene come se niente fosse.
Il grande problema sono i costi e le destinazioni. Un processo di totale smaltimento da parte delle aziende specializzate richiederebbe capitali esorbitanti.
Si stabilisce allora una pratica in perfetta armonia con il mercato mondiale. La libera compra-vendita, svincolata da particolari divieti o restrizioni. Con l’IAEA a fare da garante. Un’occasione per redistribuire le risorse tra le zone ricche e quelle povere del pianeta. Uno scambio equo. Un evento simile a un’asta al ribasso. Una gara d’appalto senza precedenti.
Il giorno stabilito si aprirà la trattativa per assegnare il materiale da smaltire al miglior acquirente.
A Vienna, le superpotenze nucleari, e altri stati che vorranno liberarsi di inutili scorie, si presenteranno puntuali all’appuntamento, con la lista delle armi da smaltire e dei rifiuti da scaricare. Bombe disinnescate e cumuli di radioattività.
Dall’altra parte del banco ci saranno i capi di Stato e le delegazioni delle aree più povere e desertiche del pianeta.
All’asta prenderanno parte tutti i governi del Sud del mondo, disposti a offrire il proprio suolo pur di battere cassa.
I giornali e le televisioni documenteranno ogni aspetto dell’evento, in un clima di grande entusiasmo.
La trattativa si svolgerà all’incirca così: gli Stati Uniti – o la Russia, la Cina, la Francia, il Regno Unito, Israele, l’India – mettono all’asta una bomba di X megatoni. Peso di materiale fissile stimato in quintali Y. Uranio e plutonio. Anno di costruzione 1984. E sono disposti a sborsare una cifra Z.
Chi si propone per la bomba?
Si apre l’asta. Iniziano le offerte. All’inverso. Vince chi chiede meno.
Esempio: i delegati del deserto siriano si dichiarano disposti a ricevere la suddetta testata facendo uno sconto del 10%. L’Algeria, con la sua distesa di Sahara, offre il 20%. Niente male. Ma si può risparmiare ancora. 20% e uno, e due… Il Paraguay offre il 30%, il Sud Sudan il 40%. Attenzione, il presidente dell’Angola urla 50%. Nessun altro offre meno? 50% e uno, e due, e tre! Aggiudicata la bomba. Affare fatto. E così via.
Una negoziazione lunga e agguerrita, ma alla fine ognuno porterà a casa qualcosa di cui qualcun altro potrà liberarsi. Una bomba là, qualche barile qua, la torta sarà ripartita in tante fette.
Occultamento in cambio di capitali. Radioattività, sostanze chimiche e scorie tossiche, tutto un corredo di guerra ormai impoverito e scaduto che sarà spedito altrove, insabbiato, sotterrato per sempre.
Una soluzione semplice e sincera per far sparire e togliersi dai piedi lo scomodo ricordo di un mondo ormai del tutto pacificato. A un costo elevato, è chiaro, ma comunque inferiore rispetto alle onerosissime ditte specializzate.
I fornitori di suolo, padroni e amministratori di terre lontane, avranno un bel ricavo, e così altre popolazioni, altri corpi, altri piedi calpesteranno quei cumuli di Storia marcia, traendone però un beneficio in termini economici, è chiaro. Una soluzione conveniente per tutti. Un normalissimo dare e ricevere. Le superpotenze risparmiando e gli altri incassando.
Per assicurare anche agli Stati meno ricchi e potenti la possibilità di liberarsi del proprio arsenale o degli avanzi radioattivi, il pagamento potrà essere corrisposto in comode rate.
Si potrà spezzettare lo smaltimento. Pagare a poco a poco. Un comodo servizio di disarmo a rate. Un carico di sostanze radioattive, un bel bonifico nelle casse della parte impegnata allo smaltimento, una prima rata, poi un’altra fetta della torta, un altro versamento, e così via.
Quale sarà l’utilizzo di tali capitali e in cosa investiranno i governanti che accolgono le scorie resterà una decisione privata. La sovranità degli stati e il principio di non ingerenza restando dei capisaldi nelle relazioni internazionali. Come sempre. Come quando c’erano le guerre.
Senza dubbio, come sbandierato ampiamente, saranno avviati programmi per lo sviluppo del territorio, per risanare le finanze, per ridurre la povertà, saranno previsti investimenti per la sanità, per l’ambiente, per ampliare le vie di comunicazione, nuovi posti di lavori, scuole e tutti quei servizi rivolti a un miglioramento nella qualità della vita. In nome del progresso. Ovvio.
Sì, immaginate un mondo del genere. Dove c’è sempre una soluzione pacifica, ragionevole e conveniente per tutti. Immaginate che bel mondo sarebbe.